L’economia tedesca inciampa sulla caduta della domanda e sugli scandali, la politica si complica con l’arrivo del partito anti-euro Alternativa per la Germania. Reportage da Berlino
BERLINO. L’inverno a Berlino è stato molto freddo e lungo, e solo da un paio di settimane è arrivato un tempo migliore. Sul fronte economico, invece, l’inverno è stato assai più mite, ma le prospettive non sono più luminose come in passato.
Negli ultimi anni la città è indubitabilmente diventata la capitale economica, politica, culturale dell’Europa; c’è chi afferma che ogni giorno vi si svolgano 1000 eventi culturali. Ma chi arriva a Berlino può notare che qualcosa non gira per il verso giusto su diversi fronti, in città e nel paese.
Nella capitale c’è la vicenda della costruzione del nuovo aeroporto “Willy Brandt” che si trascina senza soluzione da anni. I tempi di completamento si allungano a dismisura, i costi lievitano, le autorità ai vari livelli litigano tra loro, qualcuno si è dovuto dimettere; nessuno sa veramente quando il nuovo aeroporto sarà inaugurato e non appare neanche chiaro chi pagherà i costi aggiuntivi. Sembra per alcuni versi una vicenda “all’italiana”.
La stessa sensazione si ha leggendo la notizia che, dopo Siemens e Man, gruppi toccati da scandali di corruzione nel periodo 2008-2009, ora lo stesso problema riguarda la ThyssenKrupp. La società, nel luglio 2012, è stata multata per aver costituito un cartello che fissava i prezzi per la fornitura di binari alle ferrovie; sono poi state sollevate questioni sui viaggi di lusso fatti da giornalisti e sindacalisti a spese della società; nel febbraio 2013, infine, il gruppo è stato coinvolto in un’indagine che riguarda di nuovo pratiche non competitive nella fornitura di acciaio all’industria dell’auto. Ora il management della società annuncia un’amnistia per coloro, tra i suoi impiegati, che forniranno informazioni ulteriori sulle pratiche illecite che si svolgono all’interno dei propri uffici.
Il presidente del Bayern Munich, Uli Hoeness, industriale della salciccia, in strette relazioni di amicizia e consigliere di diversi politici della Cdu-Csu – dal presidente della regione bavarese alla stessa Angela Merkel – è stato colto con le mani nel sacco. Si è scoperto che aveva nascosto almeno qualche milione di euro in Svizzera.
Quanto alla Lufthansa, proseguono da tempo gli scioperi del personale; i dipendenti chiedono aumenti di stipendio e non vogliono sentir parlare di riduzione dei livelli di occupazione.
Berlino appare ancor oggi, dopo tanti anni dalla riunificazione, come un gigantesco cantiere. Le costruzioni, il turismo, l’impiego pubblico sono i settori portanti di un’economia che manca di grandi insediamenti industriali; quelli, molto numerosi, che c’erano sono stati, a suo tempo, smantellati dall’Armata rossa. Mentre in città c’è molta domanda di lavoro, nelle regioni vicine la disoccupazione è elevata e ogni mattina arrivano moltissimi – ed efficienti – treni di pendolari che fanno lunghi percorsi da casa al lavoro nella capitale.
Il settore immobiliare è al centro della crescita della città, ed è arrivato sotto i riflettori internazionali per la recente – e inutile – lotta per preservare un pezzo del Muro (la cosiddetta East Side Gallery) dalla speculazione edilizia. Sullo sfondo si intravede una storia di immobiliaristi rapaci e politici locali pronti ad assecondarli. Il mercato immobiliare della città – al centro di un’inchiesta del mensile Exberliner (“Salviamo Berlino”, aprile 2013) – manca di alloggi e tutte le nuove costruzioni sono mirate alla parte alta del mercato. Quando il muro è crollato, nel 1989, la municipalità ha ereditato migliaia di appartamenti di proprietà dal governo della Ddr. La strategia della municipalità socialdemocratica è stata quella di mettere progressivamente all’asta tali beni per far quadrare i conti (la città ha un debito che si aggira intorno ai 65 miliardi di euro), senza porre grandi vincoli e lasciando mano libera agli speculatori. I prezzi delle abitazioni a Berlino sono così stati a lungo tra i più bassi d’Europa.
Negli ultimi tre anni la città ha visto l’arrivo di 100.000 nuovi ospiti e tra oggi e il 2030 essa dovrebbe crescere ancora di circa 250.000 abitanti. Ma il rifornimento di nuove abitazioni non segue i bisogni. O meglio, Berlino si va riempiendo di abitazioni di lusso, mentre l’offerta di appartamenti per le persone con reddito modesto non cresce per niente e gli affitti aumentano (l’86% dei berlinesi vive in case non di proprietà). Circa 50.000 unità immobiliari sono tenute fuori dal mercato in vista di una qualche speculazione futura. Un possibile strumento per migliorare la situazione sarebbe quello, già in atto a Monaco, di imporre per ogni nuovo progetto che un terzo degli appartamenti costruiti siano forniti a prezzi popolari. Ma qui non se ne parla.
Notizie contraddittorie vengono anche dall’andamento generale dell’economia. Le previsioni di crescita del Pil per il 2013 sono indicate da Eurostat allo 0,5% e sembrano forse ottimistiche. Le prime indicazioni per il mese di aprile non sono buone. Il settore dell’auto, il simbolo stesso del miracolo tedesco, ha visto le vendite sul mercato interno diminuire del 13% nel primo trimestre del 2013, notizia veramente inaudita. In compenso, la Germania è il solo paese europeo ad aver registrato un surplus di bilancio nel 2012; esso, sempre secondo Eurostat, ha superato nell’anno i 4 miliardi di euro, importo pari allo 0,2% del Pil.
Sommovimenti e incertezze vengono anche dal fronte politico. Sino a qualche settimana fa i sondaggi sulle prossime elezioni politiche di settembre sembravano indicare un leggero vantaggio della coalizione democristiano-liberale al governo sull’opposizione di socialdemocratici e verdi; sembrava poco probabile, anche se non impossibile, una vittoria piena di Angela Merkel, mentre la soluzione più plausibile sembrava essere una grande coalizione tra democristiani e socialdemocratici, apparentemente abbastanza gradita ai tedeschi.
Ora tutto sta cambiando. Da una parte si è costituito ufficialmente il partito Alternativa per la Germania, risolutamente anti-euro e i primi sondaggi lo accreditano di un discreto successo: ha un grande elettorato potenziale e potrebbe anche superare la soglia di sbarramento al 5% per entrare in Parlamento. Ma non è del tutto chiaro se prenderà voti solo tra gli elettori della Merkel o se intaccherà, come sembra possibile, anche quelli dei socialdemocratici. Per il nuovo partito, l’euro non dà niente alla Germania e nuoce agli altri paesi.
Peer Steinbuck, il candidato premier dei socialdemocratici, visti i sondaggi che gli attribuiscono un misero 26% di voti, cerca di cambiare rotta spostandosi a sinistra. In un discorso pronunciato il 14 aprile, promette che il suo governo introdurrà un salario minimo di 8,5 euro l’ora, controllerà gli affitti, imporrà l’eguaglianza salariale tra uomini e donne e aumenterà le aliquote dell’imposta sui redditi per le persone più ricche. Attacca il capitalismo finanziario, vuole separare le banche d’investimento da quelle di deposito e vuole proibire alcune attività speculative dei mercati finanziari. Steinbuck si è infine pronunciato a favore della doppia nazionalità per i bambini nati in Germania da genitori stranieri. Nel suo discorso non ha citato l’Europa, tema sul quale i tedeschi sembrano dare molta fiducia alla linea della Merkel. Ma in altra sede, lui come altri politici del suo partito hanno criticato, con qualche prudenza, la politica di austerità del governo.
Qualche giorno fa Le Monde ha ricordato che lo scorso marzo l’ultimo carro armato americano ha lasciato la Germania, paese dove le forze corazzate statunitensi erano entrate nel 1944, mentre la Merkel moltiplica di questi tempi i suoi viaggi in Cina, paese ormai diventato il primo mercato di sbocco per le merci tedesche. Che sia soprattutto in quella direzione che la Germania cercherà di risolvere i suoi incipienti problemi?