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Promesse e omissioni nei programmi elettorali/1

Qui una prima comparazione sintetica sui temi più caldi nei programmi elettorali che saranno presumibilmente sul tavolo del prossimo governo. Concentriamo l’attenzione sul lavoro, la scuola e ovviamente sulle scelte energetiche legate al clima.

Le parole sono tante, i fatti e le scelte concrete li vedremo presto. Per tentare di orientarci nel marasma dei programmoni elettorali vi proponiamo qui una prima comparazione sintetica sui temi più caldi che saranno presumibilmente sul tavolo del prossimo governo. Concentriamo l’attenzione sul lavoro, la scuola e ovviamente sulle scelte energetiche legate al clima. In una seconda parte metteremo a confronto la visione del Paese: immigrazione, diritti, democrazia. Il tema della crescita esponenziale delle diseguaglianze – che avrebbe dovuto essere centrale per ogni partito che voglia rilanciare davvero il Paese – è per ora un fantasma che aleggia su tutto, ma non si sa bene come affrontare. Se ne parla nei programmi del centrosinistra, ne parla la Chiesa di papa Francesco, ma le proposte di intervento dei politici sono contraddittorie e spesso non troppo chiare. La destra “se ne frega”. L’importante per i tre partiti della coalizione che si candida a governare il Paese, affermando la propria “fede, è ridurre lo spazio del Welfare considerato ormai pura assistenza ai poveri che sono tali per loro responsabilità e colpa, soldi sprecati. Gli esempi del salario minimo e del reddito di cittadinanza sono chiari. Anche la concezione dello Stato è esemplare: il soggetto pubblico deve farsi da parte quando si tratta di imprese e mercati, mentre lo Stato forte viene invocato quando si tratta di schierare le navi militari contro gli immigrati o rendere diretta l’elezione del Presidente. Nei programmi elettorali riscopriamo intanto vecchie conoscenze: il rilancio del nucleare (che a quanto pare divide anche a sinistra), il condono fiscale ed edilizio, i voucher al posto dei contratti nazionali. Un’altra cartina al tornasole su cui concentrare l’attenzione è la scuola e in generale la concezione dell’istruzione e della formazione come diritti universali fondamentali.

di Paolo Andruccioli


IL SALARIO MINIMO

Il centrodestra lo ignora e rilancia i voucher

I partiti della destra italiana (pur divisi sui temi strategici) sono riusciti, a differenza dei partiti del centrosinistra, a trovare un’intesa su un accordo programmatico che è stato firmato in agosto da Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega. Sul salario minimo non si dice niente. La destra preferisce rilanciare il solito cavallo di battaglia, meno tasse per tutti (che poi con la flat tax significherà meno tasse per i ricchi). “Defiscalizzazione”, “decontribuzione” e “incentivi alle imprese” sono i capisaldi del programma della destra, così come il ritorno dei voucher dei quali si chiede “un’estensione” in particolar modo per i settori del turismo e dell’agricoltura.

Sì del centrosinistra, con varie sfumature

La proposta del salario minimo la ritroviamo in vari programmi e in particolare in quelli del Pd, Unione popolare, Verdi-Sinistra Italiana, Cinque Stelle, Azione. 

Nel programma del Pd si legge: “Vogliamo applicare al più presto in Italia il salario minimo previsto dalla Direttiva europea, riprendendo il percorso interrotto da chi ha fatto cadere il governo Draghi, proprio alla vigilia della sua possibile approvazione”. Inoltre il Partito Democratico auspica “una legge che riconosca il valore legale erga omnes del trattamento economico complessivo dei contratti collettivi firmati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative per debellare i ‘contratti pirata’ e che introduca un salario minimo contrattuale, seguendo il modello tedesco, nei settori a più alta incidenza di povertà lavorativa, con una soglia minima affidata alla proposta delle parti sociali e che comunque rispetti i parametri della direttiva europea. 

Della legge sulla rappresentanza richiesta con forza da anni dalla Cgil, parlano anche Verdi e Sinistra italiana: “una legge sulla rappresentanza nei luoghi di lavoro” con l’estensione “a tutte e tutti delle tabelle retributive previste per il settore dai sindacati maggiormente rappresentativi”. Visti i livelli di sfruttamento soprattutto in alcuni settori sarebbe necessario introdurre comunque “un salario minimo di 10 euro all’ora, sotto cui nessuno possa andare”.

I Cinque Stelle propongono “nove euro lordi l’ora di salario minimo legale per dire stop alle paghe da fame e dare dignità, ai lavoratori che oggi percepiscono di meno”. 

Anche il cosiddetto Terzo Polo (Calenda e Renzi) è a favore: L’esigenza di garantire a tutti i lavoratori una retribuzione dignitosa deve passare attraverso una serie di azioni condivise con le parti sociali: “una legge sulla rappresentanza che combatta il fenomeno dei contratti pirata e assicuri che siano validi solo i contratti firmati da organizzazioni realmente rappresentative, la validità erga omnes dei contratti”. 

Il salario minimo anche nel programma di Unione Popolare: “Introduzione di un salario minimo legale di almeno 10 euro lordi l’ora (1.600 euro al mese), rivalutato annualmente, per mettere fine al lavoro povero e utilizzare il rialzo di tutti i salari anche come mezzo di politica industriale, per spingere le imprese verso produzioni a più alto valore aggiunto. Riduzione degli orari di lavoro anche per garantire la cura dei diritti plurimi delle persone: lavorare tutti e lavorare meno”.


IL REDDITO DI CITTADINANZA

Il centrodestra lo cestina

Nel testo programmatico del centrodestra non ci sono sfumature: “Sostituzione dell’attuale reddito di cittadinanza con misure più efficaci di inclusione sociale e di politiche attive di formazione e di inserimento nel mondo del lavoro”.

Il centrosinistra tra rilancio e aggiustamenti

I più convinti rimangono i Cinque Stelle che nel programma danno grande enfasi al rafforzamento del reddito di cittadinanza insieme alla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario nei settori a più alta intensità tecnologica, per cui sarebbero previsti esoneri, crediti di imposta e incentivi alle aziende che lo introducono. Il programma menziona anche un nuovo statuto dei lavori, delle lavoratrici e dei lavoratori per garantire a dipendenti e autonomi gli stessi diritti e le stesse tutele”. 

Il Pd propone di ricalibrare il reddito di cittadinanza – a partire da quella che il programma definisce un’ingiustificata penalizzazione per le famiglie numerose, che ricevono poche centinaia di euro in più delle persone single.

Per quanto riguarda il reddito di cittadinanza, che il programma definisce uno strumento pensato male”, il terzo polo di Azione e Italia Viva propone alcune modifiche al quadro regolatorio attuale. Innanzitutto, l’eliminazione del sussidio dopo il primo rifiuto di un’offerta di lavoro congrua e non più dopo il secondo. In secondo luogo, un limite temporale di due anni per trovare un’occupazione, dopo il quale l’importo dell’assegno deve essere ridotto di almeno un terzo. 


IL COSTO DELLA VITA

Il centrodestra parla di famiglie non di lavoratori

Nel programma firmato dai tre partiti del centrodestra il problema dell’inflazione e del potere d’acquisto dei lavoratori viene affrontato solo dal punto di vista della difesa della famiglia tradizionale. “Allineamento alla media europea della spesa pubblica per infanzia e famiglia, piano di sostegno alla natalità, prevedendo anche asili nido gratuiti, asili nido aziendali, ludoteche, riduzione dell’aliquota Iva sui prodotti e servizi per l’infanzia, aumento dell’assegno unico e universale, progressiva introduzione del quoziente familiare”. Le destre propongono anche una super deduzione del costo del lavoro per le imprese che incrementano l’occupazione.

A sinistra si riparla di scala mobile

Di fronte al tema dell’inflazione, Unione popolare propone la reintroduzione della scala mobile e una misura analoga, ma più graduale, è prevista nel programma dei Verdi e Sinistra Italiana. 

Il Pd propone di aumentare gli stipendi netti fino a una mensilità in più in busta paga e l’introduzione franchigia da 1.000 euro sui contributi Inps a carico dei lavoratori dipendenti. Sempre il Pd propone l’obbligo di retribuzione per gli stage curriculari. Sulla proposta del Pd si discute però anche da punto di vista della lotta al superamento delle diseguaglianze: la misura infatti è pensata per quella parte della classe lavoratrice che ha la copertura contrattuale, mentre non produrrebbe nessun beneficio per tutta quella parte del lavoro che è oggi esclusa dai diritti contrattuali. Il Pd propone comunque anche l’integrazione pubblica del salario per i lavoratori a basso reddito. Secondo il Partito Democratico in Italia c’è una grande questione salariale, oggi aggravata dall’inflazione. Le retribuzioni italiane sono tra le più basse d’Europa, mentre si aggrava la piaga del lavoro povero. I divari occupazionali territoriali, di genere e di età continuano ad essere condizioni strutturali.

Unione popolare e Verdi-Sinistra Italiana propongono di portare le pensioni minime a 1.000 euro (i Cinque stelle propongono il riscatto gratuito della laurea) e sono per la reintroduzione dell’articolo 18. 

Più Europa vuole introdurre i buoni-lavoro e i voucher per la formazione-lavoro ed è a favore di una “salario minimo mobile”. 

Nel programma di Verdi e Sinistra Italiana viene proposto di istituire un sistema per aumentare automaticamente i salari dei lavoratori in base alla crescita dell’inflazione per salvaguardare il potere d’acquisto delle famiglie. 


LE TASSE

Centrodestra: nuovi condoni e no alle patrimoniali

Il principale cavallo di battaglia delle destre si articola nelle proposte dell’accordo quadro: “Riduzione della pressione fiscale per famiglie, imprese e lavoratori autonomi, no a patrimoniali dichiarate o mascherate, abolizione dei micro tributi che comportano eccessivi oneri di gestione per lo Stato, pace fiscale e “saldo e stralcio”: accordo tra cittadini ed Erario per la risoluzione del pregresso (tradotto: condoni come se piovesse), politiche fiscali ispirate al principio del “chi più assume, meno paga”, estensione della flat tax per le partite Iva fino a 100.000 euro di fatturato, flat tax su incremento di reddito rispetto alle annualità precedenti, con la prospettiva di ulteriore ampliamento per famiglie e imprese, semplificazione degli adempimenti e razionalizzazione del complesso sistema tributario, rapporto più equo tra Fisco e contribuenti: procedure semplificate, onere della prova fiscale a carico dello Stato, riforma della giustizia tributaria e superamento dell’eccesso di afflittività del sistema sanzionatorio, introduzione del “conto unico fiscale” per la piena e immediata compensazione dei crediti e dei debiti verso la PA, diritto al conto corrente per tutti i cittadini”.

Patrimoniale, parola tabù anche a sinistra

Sulla scia del decreto Aiuti-bis, l’obiettivo del Partito Democratico è quello di contrastare gli effetti dell’inflazione con un taglio sulle tasse sul lavoro, agendo sui contributi previdenziali. I dem puntano anche alla “dote per i diciottenni”. Ai giovani guarda in particolare anche Azione che propone una detassazione proporzionale all’età. Nei programmi del centrosinistra non si parla invece della necessità di ripensare la tassazione delle ricchezze e dei grandi patrimoni, ma di “riduzione dell’evasione fiscale estendendo la tracciabilità dei pagamenti, incrociando le banche dati, potenziando le Agenzie fiscali, premiando maggiormente i contribuenti che pagano, riformando la riscossione”. Per il Pd, è necessaria una riforma fiscale volta a realizzare una riduzione del carico Irpef, a partire dai redditi medi e bassi e una razionalizzazione delle agevolazioni fiscali, trasformando quelle di valenza sociale (spese sanitarie, scolastiche, etc.) in erogazioni dirette ai contribuenti, compresi gli incapienti”. Si propone anche di annullare il versamento dei contributi per le assunzioni a tempo indeterminato dei giovani fino a 35 anni e il superamento progressivo dell’Irap, garantendo l’integrale finanziamento del fabbisogno del sistema sanitario e la partecipazione di tutti i redditi al finanziamento del welfare universale. In campo anche la rimodulazione dell’Ires in modo da premiare le imprese che reinvestono gli utili e quelle a elevato rating ESG (ambientale, sociale, di governance)..

Se il Pd cerca di tenersi molto lontano dalle proposte sulla tassazione delle grandi ricchezze, Verdi-Sinistra Italiana propongono l’accentuazione della tassazione dei redditi più alti (sopra i 10 milioni di euro), mentre l’Unione popolare propone l’estensione della no tax area da 8 mila a 10 mila euro e l’estensione all’imponibile Irpef anche ai redditi da capitale. Verdi Sinistra Italiana e Unione popolare si dichiarano a favore della tassazione degli extraprofitti dei colossi dell’energia, mentre Pd e Verdi-Sinistra Italiana propongono una organica riforma della fiscalità ambientale. Più Europa propone una riforma fiscale che prevede il taglio delle aliquote per i redditi più alti (dal 43 al 38% per i redditi superiori ai 70mila euro). Propone un’ulteriore riduzione dell’Ires (Profitti imprese) dal 24 al 23%. Sull’Irpef Azione propone che venga detassata una extra-mensilità (fino an 2200 euro) nel caso in cui le imprese decidano di beneficiare i lavoratori di fronte alle difficoltà dell’inflazione. Azione propone la riduzione della tassazione dei redditi “da risparmio”, ossia i redditi da capitale e i redditi di natura finanziaria.


ENERGIA E AMBIENTE

Il ritorno del nucleare

Il centro-destra propone di andare avanti sul ponte sullo stretto. Ma anche nell’altro fronte non mancano posizioni singolari. Più Europa propone la realizzazione massiccia di impianti di rigassificazione. In questi giorni di campagna elettorale, a meno di un mese dal voto, è stata Sinistra Italiana a polemizzare con il Terzo Polo di Calenda che propone – come Salvini – il rilancio del nucleare, ben inteso “pulito”. Sinistra Italiana ha chiesto polemicamente a Calenda di rendere noti i siti dove si intenderebbe far ripartire le centrali nucleari. Nonostante posizioni in antitesi su temi ambientalisti, cavallo di battaglia di Sinistra Italiana, Fratoianni, in campagna elettorale, non ha chiuso la porta ad Azione e Italia Viva, riservandosi però lo spazio per pungere il leader Carlo Calenda: “Vedremo come finirà questa vicenda, la situazione è molto fluida. Intanto questo non è un problema solo nostro: Il Pd è contro il nucleare e Calenda è campione di nuclearismo privo di ogni prospettiva”.

Abbiamo solo questo Pianeta

Organica e articolata la proposta di Pd e Verdi-Sinistra Italiana sull’ambiente. In particolare il Pd ne fa uno dei tre assi del programma elettorale e propone un forum nazionale su “lavoro e clima” e naturalmente tutta una serie di misure specifiche sulla transizione ecologica e digitale. Verdi-Sinistra-Italiana svolgono una serie di proposte molto approfondite, dettagliate e affrontano una serie di temi (energie rinnovabili, mobilità sostenibile, no al nucleare e alle trivelle, abolizione dei SAD, strategia rifiuti zero, ecc.), che le altre forze politiche non citano: i diritti degli animali (nel programma di Azione c’è attenzione all’”emergenza cinghiali”), la cura dell’alimentazione sana, eccetera.

L’Unione popolare propone di rafforzare il legame tra ambiente e politiche industriali, con la creazione di una istituzione tipo Fraunhofer per il sostegno alla ricerca e all’innovazione, mentre il centro-destra propone la definizione e l’attuazione del piano nazionale di economia circolare.


L’ISTRUZIONE

Da destra la solita ricetta: scuole private per chi può

Il centro-destra propone l’estensione dell’uso del buono-scuola (cioè del sostegno alle scuole private). Giorgia Meloni ha attaccato in più occasioni la scuola pubblica e ha denigrato apertamente gli insegnanti italiani che non sarebbero all’altezza dell’importante compito che gli è stato assegnato. Al Meeting di Rimini e in altre esternazioni la candidata premier ha detto di sognare un Paese in cui per diventare insegnanti non sia necessario avere in tasca la tessera della Cgil (poi è stata costretta a correggere almeno parzialmente il tono). In ogni caso per le destre la scuola (soprattutto quella pubblica) non serve in fondo a molto (anche se tutti dovrebbero imparare l’inglese) e non sarebbe sbagliato ridurre quindi gli anni di permanenza al liceo per “liberare” i ragazzi a 17-18 anni. 

Il centrosinistra: scuola pubblica per tutti

Opposta la proposta del Pd che riparte dal rilancio della scuola pubblica. “Vogliamo rimettere al centro la scuola e restituire al mestiere dell’insegnante la dignità e centralità che merita – si legge nel Programma  – garantendo una formazione adeguata e continua e allineando, entro i prossimi cinque anni, gli stipendi alla media europea. In Italia, un bambino su dieci non frequenta la scuola dell’infanzia (3-5 anni) e meno di uno su tre – con accentuate differenze territoriali – accede al nido. In questo modo, già in tenerissima età, si creano le prime odiose diseguaglianze nell’accesso a un sistema educativo di qualità e a un’alimentazione sana. Intendiamo quindi superare queste discriminazioni, rendendo gratuita e obbligatoria la scuola dell’infanzia nell’ambito del sistema integrato esistente e incrementarne il fondo nazionale, per garantire la progressiva gratuità dei servizi educativi 0-3 anni per i nuclei familiari a basso Isee, con particolare attenzione all’offerta formativa nel Sud del Paese. Così vogliamo favorire l’uguaglianza già nei primi passi del percorso scolastico, assicurando per tutte e tutti pari opportunità di cura, relazione e gioco”. In campagna elettorale alla proposta di Letta sulla scuola dell’infanzia è seguita una levata di scudi da destra. “Rendere la scuola obbligatoria e gratuita da 3 a 18 anni, come ha proposto il segretario del Partito Democratico – ha scritto invece Claudia Pratelli, assessora alla scuola al Comune di Roma – è addirittura una proposta cauta in un mondo in cui la conoscenza è un diritto fondamentale”. Si tratterebbe in realtà di “un’idea maturata nei movimenti studenteschi, che da sempre pongono il tema dell’accesso e del successo scolastico come inestricabilmente connessi, cresciuta in una parte del pensiero femminista e su cui, da sinistra, abbiamo costruito nel 2018 un progetto visionario ma necessario: “la gratuità dell’istruzione dai nidi all’Università”.

Verdi-Sinistra Italiana propongono un tetto di 15 alunni e gratuità del trasporto pubblico locale per gli studenti. Anche Pd e Unione popolare propongono la gratuità dei libri di testo e del trasporto pubblico locale gratuito fino a 18 anni (nel caso del Pd solo per i redditi medio-bassi). Più Europa propone di aumentare di 1 punto di Pil le spese per l’istruzione e di portare all’1,5% del PIL le spese per la ricerca. Pd e Azione propongono l’obbligo scolastico a 18 anni e il tempo pieno. Azione propone altresì di riqualificare tutti gli edifici scolastici in 10 anni.

(fine prima parte)

Per chi volesse approfondire sui testi ufficiali, ecco i link ai vari programmi elettorali

I PROGRAMMI DEL CENTRO DESTRA