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Irpinia quarant’anni dopo

Sono passati 40 anni esatti dal terremoto dell’Irpinia del 1980. Cos’è cambiato? Abbiamo la Protezione Civile e un migliore sistema di intervento ma, come nel caso dei terremoti in Abruzzo, Lazio e Marche, la ricostruzione langue.

Il 23 novembre del 1980 un terremoto devastante colpì l’Irpinia (ne fu l’epicentro), ma anche il resto della Campania e la Basilicata. Migliaia di morti, territori devastati, l’inerzia dei soccorsi pubblici. Inerzia che fu duramente denunciata dall’allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini. Per giorni centinaia di persone furono abbandonate sotto le macerie. Non c’era la protezione civile che conosciamo oggi, lo stato era in affanno, gli enti locali senza mezzi per intervenire. Decine di migliaia di volontari si mossero da tutta Italia per portare i soccorsi: boy scout, funzionari del sindacato e militanti delle forze di sinistra, volontari delle nuove associazioni: da poco era nato il MOVI (Movimento di Volontariato Italiano).

Come ha ricordato un compianto amico di Sbilanciamoci!, Pino Ferraris, quel novembre del 1980 vide la sconfitta degli operai alla FIAT dopo settimane di sciopero, ma anche l’emergere -con il grande moto di solidarietà per l’Irpinia- di una nuova soggettività sociale: quella del volontariato, dell’associazionismo, di un nuovo modo di fare politica. Fu un novembre importante anche per altro: nel mondo Reagan fu eletto presidente degli Stati Uniti e iniziava la stagione del neoliberismo. In Italia Enrico Berlinguer pose fine con la svolta di Salerno alla stagione “dell’unità nazionale”: la collaborazione con la Dc era finita e iniziava la strategia “dell’alternativa democratica”.

Cos’è cambiato da allora? Abbiamo la protezione civile e un sistema migliore di intervento e di prevenzione, anche se il terremoto in Abruzzo del 2009 ha continuato a mostrare i tanti errori, le lacune e i ritardi nella ricostruzione di quei territori, ma anche delle zone dell’alto Lazio e delle Marche colpite dal sisma del 2016. Poi ci sono tante cose che non sono cambiate: le scuole che non rispettano le norme antisismiche sono ancora migliaia e da allora non c’è stata mai una vera politica di prevenzione, di lotta al dissesto idrogeologico del Paese, di messa in sicurezza del territorio. 

Sbilanciamoci, insieme alle associazioni ambientaliste, dal 1999, da anni chiede in occasione della legge di bilancio – e lo farà anche quest’anno – più soldi e più interventi per la messa in sicurezza delle scuole e del territorio, ma in tanti anni questa non è mai stata una priorità dei governi. Ad ogni autunno, alluvioni e maltempo causano ingenti danni, spesso vittime, costringono ad interventi economici “riparatori” che potrebbero essere evitati se ci fosse una vera politica di prevenzione. Gli oltre 70 miliardi spesi per le conseguenze evitabili delle catastrofi naturali negli ultimi 20 anni (senza contare i 150 miliardi spesi per la ricostruzione delle zone colpite dai terremoti), avrebbero potuti essere molti, molti di meno, se avessimo speso solo alcuni miliardi necessari per interventi di messa in sicurezza dei territori, come chiesto da tempo.

Dal terremoto dell’Irpinia, sono cresciute moltissime le organizzazioni della società civile. E’ aumentato il protagonismo civico e solidale. Nel 1980 erano poco più di 50 mila le associazioni, oggi sono 400 mila: associazioni, campagne, organizzazioni di volontariato. Da molte di queste viene la spinta ad un impegno diverso con interventi, risorse, politiche per prevenire e limitare gli effetti disastrosi delle calamità naturali, per mettere in sicurezza il territorio, per avere cura del nostro paesaggio.

E’ questo lo sprone che il ricordo del terremoto dell’Irpinia, a 40 anni di distanza, dobbiamo avere per prenderci cura del nostro Paese e per fare in modo che le istituzioni facciano il loro dovere.