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Inflazione e salari. I dati e le politiche

L’inflazione in Italia è oggi all’11,8% e nei primi nove mesi del 2022 i salari reali hanno perso 6,6 punti percentuali. Il governo ha finora speso 62,8 miliardi di euro per compensare gli aumenti dei prezzi, ma le politiche non affrontano le radici e le conseguenze dell’inflazione.

Nel novembre 2022 l’inflazione in Italia è stata dell’11,8%.1 I beni energetici sono stati la causa principale motore dell’impennata dei prezzi a partire dall’autunno del 2021, ma gli aumenti coinvolgono ora l’intera economia, con un’inflazione “di fondo” (energia esclusa) che è arrivata al 5,7%. A causa della forte dipendenza dell’industria italiana dal gas, molti settori ad alta intensità energetica hanno registrato maggiori aumenti dei costi degli input produttivi rispetto agli altri paesi europei. 

Analizziamo qui la dinamica e gli effetti che l’inflazione ha avuto in Italia rispetto all’Europa, utilizzando l’Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato per i Paesi dell’Unione Europea (IPCA) e misurando l’inflazione come variazione del livello dei prezzi tra il mese corrente e lo stesso mese dell’anno precedente.

Come mostrato nella Figura 1, il tasso di variazione annuale dell’indice dei prezzi al consumo nei paesi dell’UE-19 (linea blu) è cresciuto dell’1,6% in aprile e del 10% nel settembre 2022. In Italia (rappresentata dalla linea rossa) la crescita è stata lievemente più moderata, dall’1,0% al 9,4% nello stesso periodo. Le linee tratteggiate in Figura 1 evidenziano che nel 2022, il livello dei prezzi al netto dei prodotti energetici e alimentari è cresciuto molto meno, raggiungendo ad agosto una crescita del 4,4% e 4,8% rispettivamente.

Nel 2021 il prezzo dell’energia è cresciuto mediamente del 13% nell’UE-19 e del 14,3% in Italia. La crescita è proseguita poi nel 2022, a causa della guerra in Ucraina e della crescente volatilità dei prezzi nei mercati energetici, raggiungendo a marzo 2022 il picco del 44,3% nell’Area Euro e del 51,5% in Italia. A settembre 2022, secondo gli ultimi dati disponibili di Eurostat, l’indice dei prezzi energetici è aumentato in Italia del 45,0% e nell’UE-19 del 40,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Questi aumenti hanno fatto impennare i prezzi al consumo dei beni energetici, poi quelli dei beni alimentari, infine nel corso del 2022 l’aumento è diventato generalizzato per quasi tutte le attività economiche. Il tasso di variazione annuale dei prezzi alla produzione nel settore manifatturiero è cresciuto rapidamente nel 2022, raggiungendo a giugno 2022 il 18,6% e il 16,4% rispettivamente nell’UE-19 e in Italia.

Figura 1: Tasso di variazione annuale dei prezzi al consumo: IPCA-Indice generale e indice al netto di energia, alimentari, alcol e tabacco (dati mensili), gennaio 2019-settembre 2022

Fonte: Eurostat, Indici armonizzati dei prezzi al consumo (IPCA)

L’aumento generalizzato del livello prezzi ha colpito le famiglie italiane in modo molto diseguale, penalizzando quelle più povere, a causa dell’ampia quota di spesa per questi beni. Uno studio dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT, 2022)2 ha diviso le famiglie per quintili di reddito e mostra che nel terzo trimestre del 2022, per il 20% più povero delle famiglie, i prezzi sono cresciuti dell’11,6% (anno su anno), mentre sono cresciuti “solo” del 7,6% per il quintile più ricco. 

Gli effetti sui salari e le politiche del governo

Negli ultimi anni i salari contrattuali in Italia sono rimasti sostanzialmente fermi e il divario con l’aumento generale dei prezzi si è aggravato, come mostra la Figura 2; nei primi nove mesi del 2022 la caduta dei salari reali ha raggiunto i 6,6 punti percentuali3.

La contrattazione nazionale dei salari nominali è regolata in Italia da un accordo del 2009. I salari nominali italiani seguono un sistema di adeguamento alla crescita dei prezzi basato sulla previsione triennale da parte dell’ISTAT di un indice di inflazione (IPCA-NEI) misurato escludendo i beni energetici importati. Nel 2019-2020 questo indice è stato molto simile all’inflazione core italiana. Tuttavia, a causa dell’impennata dei prezzi dei beni energetici importati nel 2022, la stima ISTAT dell’IPCA-NEI da utilizzare nei futuri rinnovi contrattuali è pari al 4,7% per il 2022, ben al di sotto della crescita del livello generale dei prezzi del 7,5% osservata nei primi nove mesi del 2022. Per i lavoratori italiani si prospetta quindi un calo rilevante dei salari reali e dei livelli di consumo. Queste dinamiche sono aggravate dalla recente proliferazione di posti di lavoro precari, non coperti da contratti collettivi adeguati. Finora i salari reali sono stati sostenuti solo da politiche basate sui “bonus” finanziati dal governo.

 Figura 2: Tasso di variazione annuale dei prezzi al consumo (IPCA con tutte le voci, dati mensili) e dell’indice delle retribuzioni per dipendente secondo i contratti collettivi di lavoro (base dicembre 2015, dati mensili), gennaio 2019-settembre 2022

Fonte: Istituto Nazionale di Statistica

Dalla fine del 2021 al novembre 2022, il governo italiano ha speso 62,8 miliardi di euro per sostenere imprese e famiglie colpite dall’impennata dei prezzi. Le risorse ammontano allo 0,3% del PIL italiano nel 2021 e al 3% nel 2022. Le politiche adottate sono state finanziate con l’aumento delle entrate fiscali dovute all’incremento dell’IVA e delle imposte sull’energia, senza ricorrere ad ulteriore deficit di bilancio.

Il governo ha destinato 16,9 miliardi di euro alle famiglie, 23,5 miliardi alle imprese e 22,4 miliardi al sostegno dell’economia italiana.  Queste ultime sono le misure di contenimento dei prezzi di gas, carburante ed elettricità, con la riduzione al 5% dell’aliquota IVA sul gas per uso civile e industriale dall’ultimo trimestre del 2021 all’ultimo trimestre del 2022, per un costo di 3,1 miliardi di euro. 

Il governo ha deciso la riduzione e poi l’eliminazione degli oneri generali di sistema e la riduzione delle accise su elettricità e gas da ottobre 2021 a dicembre 2022 per un importo di 8 miliardi per l’elettricità e 3,6 miliardi per il gas. Inoltre, è stato previsto il taglio delle accise su carburanti, benzina e gas per auto per circa 0,25 euro al litro da marzo a novembre 2022, con un finanziamento di 7,7 miliardi di euro.

L’aiuto diretto alle imprese ha preso la forma di crediti d’imposta a sostegno dei settori industriali ad alta intensità di uso di gas ed elettricità, per le imprese che hanno sostenuto un aumento dei costi medi dell’energia superiore al 30%. Altre misure hanno sostenuto le imprese con vincoli di liquidità dovuti all’aumento dei prezzi dell’energia, con l’estensione delle garanzie pubbliche sui crediti bancari. 

Le politiche per le famiglie hanno introdotto il “bonus” energetico per le famiglie vulnerabili con una spesa di 0,5 miliardi di euro nel 2021 e 2,8 miliardi di euro nel 2022. Il criterio per ottenere tale sostegno è avere un reddito annuo equivalente complessivo (ISEE) inferiore a 20.000 euro e un numero elevato di componenti – almeno quattro. Inoltre, il bonus energetico è stato assegnato ai riceventi di reddito di cittadinanza, pensione sociale e alle persone in precarie condizioni di salute. Nel giugno 2022 il governo ha finanziato un bonus di 200 euro per i lavoratori a basso e medio reddito. Il trasferimento è stato ricevuto dai lavoratori con una retribuzione mensile imponibile inferiore a 2.700 euro o con un reddito personale annuo inferiore a 35.000 euro, nonché da coloro che ricevono sussidi di disoccupazione, salari minimi e pensioni sociali. Nel novembre 2022 il nuovo governo ha previsto un ulteriore bonus sociale di 150 euro, destinato ai lavoratori dipendenti con un reddito imponibile annuo fino a 20.000 euro. I bonus finanziati per contrastare l’aumento dei prezzi dell’energia e tutelare il potere di acquisto dei lavoratori e delle famiglie ammontano complessivamente a 9,9 miliardi di euro nel 2022.

Inoltre a gennaio 2022 sono stati ridotti di 0,8 punti percentuali i contributi previdenziali per i lavoratori dipendenti con un reddito mensile imponibile inferiore a 2.692 euro; tale riduzione è stata successivamente ampliata a 2 punti percentuali ed estesa a tutto il 2022. Il governo ha finanziato questo sgravio fiscale con 2,7 miliardi di euro.

Infine l’adeguamento del costo della vita delle pensioni del 2% previsto per il 2023 è stato anticipato all’ultimo trimestre del 2022 tramite una delle ultime norme del governo Draghi nell’ottobre 2022, per un costo di 1 milione di euro. 

In sintesi, l’inflazione è oggi un fenomeno rilevante, che ha effetti profondi sul sistema produttivo e sulla distribuzione del reddito, e porta a una grave riduzione dei redditi reali dei lavoratori dipendenti. Le dimensioni quantitative degli interventi del governo Draghi e ora del governo Meloni sono state rilevanti, hanno scelto la via dei sussidi a imprese e famiglie e hanno inizialmente contenuto gli effetti negativi sui gruppi sociali a più basso reddito. Tali politiche tuttavia non sono in grado di affrontare l’inefficienza dei mercati dell’energia, di prevenire l’aumento generalizzato dei prezzi e di evitare un’ ulteriore, grave crescita delle disuguaglianze di reddito.

NOTE:

1 Quest’articolo è una sintesi dei risultati del nostro Rapporto per l’IMK ‘Inflation and counter-inflationary policy measures: the case of Italy’ n.83-4, December 2022, Hans-Böckler-Stiftung, https://www.imk-boeckler.de/de/faust-detail.htm?sync_id=HBS-008481. Ringraziamo Matteo Lucchese per il suo fondamentale supporto nell’analisi dei dati e per i suoi commenti.

2 ISTAT (Prezzi al consumo – giugno 2022, versione inglese: https://www.istat.it/it/files//2022/07/Consumer-Price_June2022.pdf)

3 https://www.istat.it/en/archivio/276751 (versione inglese).