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Immigrati, i costi del rifiuto

La politica del “rispediamoli tutti a casa” ha un costo salato: 1 miliardo e 600 milioni in dieci anni, tra controlli alle frontiere, Cie, rimpatri e burocrazia. E non funziona, dati alla mano. Un Rapporto di Lunaria sui “costi disumani”

I diritti umani non hanno prezzo, e non è con calcoli economici che potremo salvarli. Però qualche conto può aiutare, soprattutto in tempi di austerity e spending review, per sostenere le ragioni che si oppongono alle “politiche del rifiuto”. È quel che ha fatto Lunaria, con un rapporto che, anno dopo anno e spesa dopo spesa, fa i conti in tasca alle politiche di contrasto all’immigrazione irregolare. Arrivando in poco più di un decennio a una cifra considerevole: 1 miliardo e seicento milioni di euro, la gran parte dei quali a carico delle casse nazionali. Numeri che vanno confrontati poi con quelli degli immigrati respinti e rimpatriati, quelli dei regolarizzati e quelli (stimati) dei “senza documenti”: per verificare, dati alla mano, l’inefficacia di tale spesa. E dunque il fallimento di politiche dell’immigrazione basate su un impianto tutto repressivo.

Il Rapporto, presentato e discusso il 30 maggio a Roma (www.lunaria.org/2013/05/07/costi-disumani/), ripercorre i capitoli principali di una spesa pubblica che è tra le più invocate (in nome della sicurezza) ma tra le meno controllate. Se un sindaco apre le liste per l’assegnazione delle case popolari ai cittadini stranieri si scatenano polemiche infinite, e le politiche di inclusione sono tacciate di buonismo o – nel migliore dei casi – viste come un lusso; ma pochi sono andati a guardare tra gli sprechi e i costi delle politiche di esclusione. Politiche che fanno capo a molteplici centri di spesa e vari fondi, nazionali, comunitari e cofinanziati. I ricercatori di Lunaria sono andati dunque a spulciarli uno per uno. C’è il Fondo Europeo per le frontiere esterne, i cui stanziamenti vanno soprattutto a beneficio dei controlli costieri (dalla sorveglianza all’acquisto di materiali ai sistemi tecnologici, al coordinamento delle informazioni: 331 milioni di euro, dal 2007 al 2012); un Pon (Programma Operativo Nazionale) specificamente dedicato alla sicurezza del Mezzogiorno (111 milioni di euro dal 2000 al 2006, per Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia: anche qui, si parla di supporto alle attività delle forze dell’ordine per cercare e identificare i migranti); il Fondo europeo per i rimpatri, che finanzia i programmi per rispedire in patria i migranti catturati (circa 61 milioni di euro, 2008-2012); un bel pacchetto di stanziamenti per la Cooperazione con i paesi di origine (151 milioni, anni 2005-2012). E poi c’è il grosso della spesa, quella per i Centri di identificazione ed espulsione e altre strutture simili. Strutture carcerarie, di fatto; sorvegliate dalle forze dell’ordine, da cui non ci si può allontanare. E nelle quali si può stare fino a 18 mesi (inizialmente era stato fissato un massimo di 30 giorni). Vanno pagate le strutture, il personale, il vitto, la manutenzione, la sorveglianza… Il tutto è costato, finora, 143,8 milioni di euro all’anno. Il conto complessivo si può vedere nella tabella: 1 miliardo 668 milioni, di cui 281 a carico delle risorse comunitarie e il resto della spesa pubblica nazionale. Ed è una stima per difetto, dato che di alcune spese non è stato possibile ottenere una rendicontazione precisa.

A fronte di tutto ciò, c’è la sostanziale inefficacia delle politiche di contrasto, di tutto l’apparato del rifiuto che va dalle coste agli invivibili Cie. Dal ’98 al 2012, si legge nel Rapporto, meno della metà delle 169.126 persone transitate nei Cie sono state effettivamente rimpatriate: 78.081, il 46,2% del totale. Mentre gli enormi flussi di emersione dall’immigrazione irregolare, in occasione delle varie sanatorie, mostrano che ben più grande è la dimensione dell’immigrazione: dal 1986 al 2009, i provvedimenti di emersione hanno portato alla regolarizzazione di 1.661.291 persone, tutti migranti regolarizzati in seguito al loro arrivo in Italia. Di contro, ci sono i numeri – non piccoli, ma assai minori – di quanti sono stati rintracciati dalle autorità di pubblica sicurezza in posizione irregolare, prima di poter usufruire di una sanatoria o nei periodi di attesa tra una sanatoria e l’altra: 540.389 persone, dal 2005 al 2011, il 60,3% delle quali non hanno obbedito all’ordine di allontanamento. Con tutta evidenza, non basta pensare a una “spending review” (come pure è stato fatto, abbassando la quota di rimborso per migrante/mese nei Cie nelle gare d’appalto, e peggiorando le condizioni di vita nei Centri). Bisogna riflettere su tutto l’impianto delle politiche dell’immigrazione, e di quella legge che porta il nome di due politici che in parlamento non ci sono più (Umberto Bossi e Gianfranco Fini). Confrontando i costi delle politiche del rifiuto con quelli delle politiche di inclusione: i quali saranno oggetto di un prossimo rapporto, già messo in cantiere da Lunaria.