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Il TTIP può danneggiare la salute pubblica

Il trattato USA-UE sul commercio e gli investimenti getta molte ombre su temi rilevanti per la salute dei cittadini. Secondo Epidemiologia&Prevenzione a rischio ci sarebbero non solo la qualità dei cibi, ma anche l’accesso alle cure sanitarie dei cittadini, le politiche di contrasto ai cambiamenti climatici

«Il potenziale impatto del partenariato transatlantico sul commercio e gli investimenti (TTIP) sulla salute pubblica» è il titolo dall’articolo pubblicato da Epidemiologia & Prevenzione, rivista dell’Associazione italiana di epidemiologia, a firma di Roberto De Vogli (University of California Davis, US) e di Noemi Renzetti (University College di Londra, UK), in cui vengono passati in rassegna i diversi capitoli del TTIP che potrebbero interagire con la tutela della salute dei cittadini europei.
Il TTIP, versione europea dei trattati di libero commercio (NAFTA e TPP) già in vigore dall’altra parte del mondo, è un testo complesso. Gli autori analizzano i possibili effetti sulla salute dell’introduzione del Trattato  scandagliandone meticolosamente il testo, mettendo a confronto le opinioni di sostenitori e detrattori, e sostanziando la loro analisi con esempi concreti.

ACCESSO AI FARMACI E ALL’ASSISTENZA SANITARIA
In teoria, favorendo gli scambi tra le due sponde dell’Oceano e promuovendo una maggiore cooperazione tra le istituzioni governative che sovrintendono alle politiche dei farmaci, il TTIP potrebbe migliorare la cooperazione scientifica nella ricerca farmacologica e ridurre la duplicazione di processi. Ma il capitolo sulla proprietà intellettuale e sugli aspetti commerciali ad essa connessi, che estendono il monopolio dei brevetti, porterebbe a un aumento dei prezzi dei medicinali e, in ultima istanza, a diminuire l’accesso alle cure, soprattutto dei soggetti più svantaggiati.
Non solo. Una possibile minaccia viene dal capitolo relativo all’accordo sui servizi che, oltre a prevedere l’apertura dei servizi sanitari pubblici alla concorrenza, anche privata, comprende una clausola cosiddetta «antiarretramento», che impedisce a servizi pubblici che siano stati privatizzati di ritornare in mano pubblica, configurando «una grave violazione contro la libertà delle nazioni di scegliere il proprio sistema sanitario di preferenza».

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