La crisi dell’Euro e il futuro democratico dell’Europa. Intervista a Mireille Bruyere, economista, in Italia per il tour degli Economisti Sgomenti francesi
Abbiamo posto qualche domanda a Mireille Bruyere, in Italia per il tour degli Economistes Atterrés, a margine del convegno La Vecchia Europa che si è svolto a Roma giovedì 23 gennaio.
Il vostro ultimo libro “cambiare l’Europa” si apre con le parole “l’Europa sta morendo, l’Europa è morta”, un’espressione molto forte. Come si può salvarla?
Gli Economistes Atterrés non si pensano come un gruppo di persone che ha una sola proposta: c’è dibattito tra di noi. Condividiamo la stessa idea che la crisi sia conseguenza di politiche neo-liberali che abbattono lo stato sociale. Per quanto riguarda il trovare una proposta comune questo è più difficile; a partire dal dibattito sulla crescita economica, sul considerarla cioè come motore di progresso sociale o no. In particolare sono interessanti a questo riguardo il capitolo sulla transizione ecologica e quello dove ci chiediamo cosa fare dell’euro e proponiamo soluzioni diverse: alcuni sono per l’uscita controllata dall’euro, altri no. Ogni proposta ha le sue complessità e i suoi problemi.
Scrivete nel libro che lo stato sociale rimane vivo in Europa: il 25% dell’occupazione è pubblica e il 30% del reddito delle famiglie è distribuito dal welfare.
Il problema maggiore a riguardo consiste nel fatto che lo sviluppo in Europa è stato portato avanti in una situazione di democrazia molto debole. È difficile creare un alto livello di democrazia per 500 milioni di persone. Alcuni di noi avanzano la proposta di “federalismo democratico” ma le differenze tra i vari Paesi sono enormi ed è difficile sapere come cambiare la situazione. Le idee del lavoro e della protezione sociale sono nate dopo la guerra con una base socio-democratica molto forte e si devono sviluppare a livello nazionale. Mi pare più realistico affidare all’Europa una transizione ecologica più che il sistema di protezione sociale.
A proposito di transizione ecologica, parlate di ri-orientare l’apparato produttivo europeo e di puntare al pieno impiego. Ma come?
Abbiamo bisogno di basare l’organizzazione della produzione non sulla concorrenza ma su investimenti pubblici, anche a livello europeo, per cambiare direzione. È un modo per creare posti di lavoro che hanno senso, di qualità. Anche e soprattutto per i giovani. L’associazione francese Négawatt, fatta di ingegneri che lavorano sulla prospettiva della transizione ecologica, ha dimostrato che si potrebbero creare 600 mila posti di lavoro: alcuni impieghi andrebbero a scomparire ma ce ne sarebbero di nuovi, soprattutto per i giovani. Si deve capire però come accompagnare socialmente la cancellazione di quei posti di lavoro che creavano inquinamento.
Torniamo a parlare dell’euro che è la prima moneta della storia senza Stato. La zona Euro si è trovata impreparata di fronte alla crisi già dal 2008 e la Bce in base ai trattati non può fare da prestatore di ultima istanza. Perchè l’euro è stato creato così debole?
È molto difficile fare l’Europa politica, perchè bisogna allargare la democrazia. Per trovare un accordo è stata fatta l’integrazione economica per arrivare solo più avanti a quella politica. Così non funziona. L’economia non può essere distante dalla politica e precederla. Già Polanyi lo diceva. La moneta unica ha finito per creare più squilibri e ha aumentato la distanza tra i Paesi anzichè ridurla: i Paesi più deboli sono ancora più deboli e i più ricchi ancora più ricchi.
Qual è il significato di queste elezioni europee?
Gli attuali Trattati devono essere oggetto di una rottura istituzionale?
Assolutamente. Sono da cambiare, perchè oggi lo stato sociale e le scelte democratiche a livello nazionale sono neutralizzate. Cosa fare? O l’Europa federale democratica e forte, ma è difficile da realizzarsi, o un sistema di cooperazione tra i Paesi nella direzione dello sviluppo sociale ed ecologico, in contrapposizione alla concorrenza.
Per quale delle due prospettive propende?
L’idea del federalismo forte per ora è molto irrealistica perchè presuppone una grande qualità democratica. Poi, per attuare il federalismo bisognerebbe aumentare il bilancio dell’Europa, per finanziare politiche sociali, ma ora sembra difficile. Per salvare il modello sociale si deve passare soprattutto dal livello nazionale; su questo ho cambiato idea rispetto a qualche anno fa. Ora non si può più aspettare, è il momento di scegliere e sono per scegliere di fermare lo sviluppo dell’Europa neo-liberista. Non si deve cancellare l’Europa ma questo è un momento molto delicato.
E riguardo alla situazione francese?
C‘e’ speranza?
Sempre. Nei dibattiti del tour ad esempio sono sorpresa di vedere che la gente riflette più di prima e non cade più nell’illusione del discorso liberale.