Da Trieste a Bihac sono migliaia i profughi e i richiedenti asilo al freddo sulla rotta balcanica, fermati e ricacciati indietro da Croazia, Slovenia e Italia nel silenzio dell’Ue. Il nostro governo è coinvolto nei respingimenti illegali e il Parlamento fa finta di niente. Mettere fine a questa vergogna è una priorità.
Negli ultimi giorni, finalmente, la stampa italiana (Stella su Il Corriere della Sera, Manconi su la Repubblica, oltre a Internazionale e anche la RAI) si sta occupando della vicenda delle centinaia di richiedenti asilo che in questi mesi sono stati fermati a Trieste e nelle altre località della regione, rispediti in Slovenia e da qui trasportati in Croazia e poi in Bosnia Erzegovina.
Sono stati fermati a Trieste, caricati (rapiti) su furgoni e rispediti indietro senza alcun provvedimento formale e senza possibilità di opporsi a quello che (non) gli è stato notificato. Come dei deportati senza nome, dei fantasmi, dei desaparecidos, di cui non sapremo più niente. Molti scappano dalle milizie dei talebani, altri dalle fazioni siriane in guerra, altri dalla repressione dei kurdi in Turchia, ma anche in questo caso non ne sapremo mai nulla.
Da tempo migliaia di rifugiati fuggono dalla Siria, dall’Afghanistan, dall’Iraq seguendo la cosiddetta “rotta balcanica”: arrivano in Serbia e in Bosnia Erzegovina (nella zona di Bihac) e da lì vorrebbero entrare in “Europa”, cioè in Croazia (per poi proseguire in altri Paesi) che fa parte dell’Unione europea, per ottenere asilo e salvarsi dalla persecuzione. Nell’ultimo Rapporto di Migrantes la vicenda viene descritta con grande completezza.
I profughi che attraversano il confine tra la Bosnia e la Croazia, lo fanno in condizioni durissime e spesso sono picchiati, denudati e depredati di ogni bene dalle forze di polizia croate, come hanno testimoniato diverse ONG presenti sul posto, tra queste il Border Violence Monitoring Network. Sono centinaia i profughi maltrattati dalla polizia croata. In Italia e in modo particolare a Trieste questa incredibile e drammatica vicenda viene seguita da ICS-Trieste – organizzazione aderente alla Campagna Sbilanciamoci! – che accoglie oltre mille richiedenti asilo nella città giuliana.
Il governo italiano (che aveva preannunciato nel mese di maggio questa “stretta” e aveva mandato una quarantina di agenti sul confine) per giustificare il suo comportamento si appella ad un accordo di “riammissione” stipulato con la Slovenia nel 1996. Ma quell’accordo non è mai stato ratificato dal Parlamento italiano ed è in contrasto con la successiva normativa dell’Unione europea (di cui Italia e Slovenia fanno parte) che dice cose chiare: il richiedente asilo non può essere respinto quando sia in pericolo di vita o di persecuzione nel Paese da cui proviene e senza un provvedimento formale. Inoltre quell’accordo del 1996 non può essere applicato ai richiedenti asilo: sta di fatto che a chi arriva nel nostro Paese non è data la possibilità di chiedere asilo.
Gianfranco Schiavone, presidente dell’ICS-Trieste e Vice Presidente dell’ASGI ha dichiarato a suo tempo. “È inconcepibile che [i richiedenti asilo, ndr] attraversino tre Paesi e che non ci sia la minima traccia di nessun atto amministrativo. Secondo le testimonianze raccolte, le persone riammesse non avrebbero ricevuto alcun provvedimento e ignare di tutto si sono ritrovate respinte in Slovenia, quindi in Croazia, ed infine in Serbia o in Bosnia sebbene fossero interessate a domandare protezione internazionale all’Italia… Siamo nella più assoluta illegalità, ma sembra che il fatto non interessi a nessuno”.
Nel frattempo a Bihac, la città bosniaca al confine con la Croazia, 6 mila profughi sono accampati al freddo in strutture fatiscenti, in tende, nei boschi, in attesa di potersi dirigere verso l’Italia. Il 23 dicembre scorso il campo temporaneo di Lipa, vicino Bihac, è andato a fuoco. Nel 2019 sono transitati dalla Bosnia più di 30 mila profughi e il flusso è continuato. Il silenzio europeo è colpevole, soprattutto verso tre Paesi membri – Croazia, Slovenia e Italia – che violano le normative internazionali in materia di tutela e rispetto dei diritti dei richiedenti asilo. Anche il silenzio italiano è inaccettabile. Complice quello del governo, coinvolto in prima persona nei respingimenti illegali dei profughi. Subalterno quello del Parlamento, nonostante le interrogazioni senza esito di alcuni deputati.
Mettere fine a questa vergogna – indegna per un paese democratico – è impellente, una priorità per tutti noi.