Ancien régime/Come si sono riorganizzati i blocchi sociali e di potere? Antonio Gramsci e Nicos Poulantzas forniscono la bussola per capire come articolare le lotte
I termini di «classe» e «blocco di potere» sembravano essere stati spazzati via dal crollo del muro di Berlino. Invece, venticinque anni dopo, la crisi del 2009 chiude la fase delle magnifiche sorti del progetto liberista. Il lavoro torna ad essere al centro delle preoccupazioni quotidiane di una larga parte dei cittadini delle ricche democrazie occidentali e di conseguenza ci si interroga di nuovo sugli equilibri di potere tra le classi. La differenza, rispetto ai dibattiti politici del dopoguerra, è che la fine del fordismo, ovvero del consumo di massa come supporto della produzione industriale e delle politiche di redistribuzione del reddito ad esso associate, ha trasformato sia la classe dei lavoratori che quella dei capitalisti.
Per capire come si sono riorganizzati oggi i blocchi sociali e di potere, è utile guardare ad alcuni dei dibattiti recenti tra gli economisti politici ed i politologi della sinistra critica. Tra questi, il sociologo inglese Bob Jessop osserva la congiuntura presente a partire dall’eredità di due maestri del pensiero marxista eterodosso, Nicos Poulantzas e Antonio Gramsci. In Potere politico e classi sociali (Roma, 1971), Poulantzas chiama «blocco di potere» quell’unità politica contraddittoria costituita dalle classi dominanti riunite sotto la protezione di una frazione dominante. Per Poulantzas, ogni epoca storica si distingue a seconda dell’egemonia della borghesia o delle classi subalterne, o come un’epoca di compromesso instabile tra le due. Se volessimo porci queste domande per la congiuntura presente, bisognerebbe però per prima cosa capire come si compone il blocco di potere e chi sono le classi subalterne. Oggi la classe dominante è organizzata a livello transnazionale, che non è la stessa cosa di una classe dominante globale: non siamo di fronte all’emergere di un’élite globale completamente distaccata rispetto alle dinamiche locali; assistiamo invece alla trasformazione dei rapporti tra ciò che è interno e ciò che è esterno ad uno stato nazionale. Le relazioni di classe oggi si strutturano a livello transnazionale ed in questo processo la classe borghese interna gioca un ruolo essenziale. Poulantzas si rende conto già negli anni Settanta che sta nascendo una nuova borghesia, diversa da quella nazionale. La «borghesia interna», infatti, non ha, a differenza di quella nazionale, nessuna autonomia ideologica o politica in ragione della sua interdipendenza con le forze capitaliste internazionali. Al contempo però questa borghesia interna non è completamente sottomessa alle forze esterne, come nel caso di quella che, nei termini marxisti classici, veniva definita «borghesia compradora», ovvero una classe senza autonomia materiale e soggiogata agli interessi del capitale esterno (si pensi alla situazione di molti stati dell’America latina nell’epoca d’oro dell’imperialismo americano). La borghesia interna è il motore della transnazionalizzazione dei blocchi di potere ed al contempo gioca una partita nazionale, entrando quindi in competizione con settori diversi della borghesia sia della propria nazione che delle altre. Attraverso questa lente, è possibile leggere i rapporti tra la borghesia dei singoli paesi dell’eurozona e gli organismi di governo transnazionali: sarebbe ad esempio interessante capire la posizione ed il ruolo che svolgono la classe industriale ed i dirigenti politici ed amministrativi italiani in quanto «borghesia interna» nella transnazionalizzazione del lavoro e nell’organizzazione della divisione dei benefici, e delle perdite a carico della classe subalterna, all’interno dell’Unione europea.
Lo sviluppo di questa classe borghese coincide con l’internazionalizzazione del lavoro, dei processi di produzione e del capitale (Poulantzas, La crise des dictatures, 1975). Per i sociologi tedeschi Joachim Hirsch e Jens Wissel, la creazione di reti di società transfrontaliere associata alla finanziarizzazione del capitale portata avanti dal neoliberismo ha portato alla nascita di una classe capitalista transnazionale, formata da manager, proprietari, amministratori ma anche da intellettuali. Si pensi ad esempio alle analisi neo-gramsciane di Bastian Van Apeldoorn o di Stephen Gill delle reti transnazionali che supportano la diffusione dell’ideologia di questa nuova borghesia. Tra queste vi sono la Commissione Trilaterale, un gruppo di discussione fondato nel 1973 da David Rockfeller per facilitare gli scambi tra America del Nord, Europa Occidentale e Giappone, o ancora la Tavola Rotonda degli Industriali Europei, un gruppo di pressione creato nel 1983 da Umberto Agnelli e dai presidenti di Volvo e Philips e che riunisce una cinquantina di dirigenti delle principali compagnie multinazionali attive in Europa, o infine la Mont Pelerin Society, un’organizzazione internazionale fondata nel 1947 in Svizzera e composta da economisti, storici, filosofi e uomini d’affari per indagare la crisi del pensiero liberale. Oltre i think tank, gli organismi di governo e di regolazione svolgono un ruolo centrale nel facilitare la riorganizzazione di un blocco di potere transnazionale: tra questi vi sono la Commissione europea, la Banca mondiale e l’Ocse. Una delle caratteristiche della costruzione contemporanea di blocchi di potere transnazionali è tuttavia la loro costante instabilità: se le classi subalterne riescono a mettere in discussione un punto della rete di governo transnazionale, il terreno di lotta si sposta presso un’altro organismo di regolazione. Per esempio, se la liberalizzazione dei mercati attraverso le politiche del Wto non è più efficace, ecco allora nascere accordi di liberalizzazione bilaterali, come ad esempio il Trattato transatlantico sul commercio (Ttip).
Se il blocco di potere costituito dalla borghesia transnazionale si articola a vari livelli e su varie scale spaziali, di conseguenza le lotte di emancipazione devono muoversi sia a livello nazionale, contro le strategie messe in atto dalla borghesia interna, che a livello transnazionale, agendo sulle modalità in cui i nodi di regolazione transnazionale modificano gli equilibri tra gli stati e tra le classi.