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Il caso Apple vs Usa e il dilemma dei diritti

La controversia è nata con l’ordine imposto ad Apple da una corte federale statunitense di predisporre un software per ‘decriptare’ i contenuti dell’iPhone di uno degli autori della strage di San Bernardino. Un “caso difficile”. Una rassegna delle principali basi normative a sostegno delle diverse posizioni www.eticaeconomia.it

Hard cases, si sa, make bad law. La controversia che vede contrapposti il governo USA e la società Apple ha tutti gli elementi del ‘caso difficile’. Da un lato troviamo l’interesse di un’impresa, che ha costruito la sua reputazione commerciale (anche) sull’elevato livello di sicurezza dei propri sistemi informatici e sulla promessa di rispetto della privacy degli utenti, e a cui viene ora ingiunto di elaborare un software capace di ‘aggirare’ il dispositivo criptografico posto a garanzia dell’inviolabilità dei suoi prodotti. Dall’altro v’è l’interesse, altrettanto legittimo, alla corretta amministrazione della giustizia, e in particolare alla repressione dei reati, peraltro in questo caso particolarmente efferati.

Da un lato, dunque, un interesse alla segretezza e all’integrità dei sistemi informatici, che, pur vantato da Apple per ragioni economiche, si espande indirettamente sino a coprire il pubblico indifferenziato dei consumatori, i quali confidano sull’alto livello di protezione dei prodotti tecnologici prescelti. Dall’altro un interesse all’accesso, fatto valere dagli organi inquirenti e, per il loro tramite, dai familiari delle vittime della strage di San Bernardino e dall’intera cittadinanza.

Tale è la rilevanza delle posizioni in gioco, che il conflitto ha assunto immediatamente una visibilità globale, dividendo equamente l’opinione pubblica tra i ‘favorevoli’ e i ‘contrari’ all’ordine di decriptazione emesso dal giudice federale Sheri Pym lo scorso 16 febbraio. Essendo fuor di dubbio che si tratti di un hard case, è possibile affermare che la soluzione adottata integri un bad law? I tempi sono certo prematuri per offrire una risposta univoca a un siffatto interrogativo, da un lato perché l’ordine è stato emesso ex parte, cioè in assenza di contradditorio, e Apple non ha ancora spiegato le proprie difese (quindi i fatti non possono ritenersi chiariti); dall’altro, perché è probabile che la controversia, ove l’ordine in esame sia confermato, approdi sui banchi della Corte Suprema USA. Non lo sono, invece, per iniziare a ragionare in maniera più distaccata sulle questioni giuridiche coinvolte e sulle loro implicazioni.

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