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Il bonus giovani? Solo agli italiani

Secondo la legge di stabilità 2016, la card di 500 euro per consumi culturali andrà solo ai giovani italiani o comunitari. Eppure è noto che tra gli 800mila e più studenti di provenienza straniera i nati in Italia sono ormai il 53%

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Facciamo che in una classe di istituto tecnico, l’anno prossimo, siano quindici gli studenti che compiono 18 anni. Dieci italiani doc, tre romeni, due pakistani. Secondo la legge di stabilità 2016, la card di 500 euro per consumi culturali andrà solo agli italiani e ai romeni (stranieri sì, ma di nazionalità UE) e non ai pakistani (perché extracomunitari). Una svista ? Un errore tecnico che non si è avuto il tempo di correggere? Neanche per sogno. A chi ha contestato la discriminazione, tra cui Nunzio Galantino segretario generale della CEI, il presidente della commissione bilancio della Camera, il dem Francesco Boccia, ha finito con l’ammettere che “la maggioranza non ha avuto il coraggio di forzare la mano”, non se l’è sentita cioè di contrariare le contrarietà – “nette”, si capisce – delle opposizioni. Ci si penserà un’altra volta, ha aggiunto, magari in un prossimo provvedimento. Già, proprio come è successo con il bando per il servizio civile, stesso tipo di esclusione, che è stato poi ritirato e corretto solo dopo l’immancabile invalidazione da parte di un organo giurisdizionale. Il lupo non perde il vizio, si direbbe, e forse neppure il pelo.

È curioso comunque che si parli di coraggio, meglio sarebbe ragionare sulla coerenza di questa ennesima esclusione con le norme che già esistono, e anche con quelle che, proprio per iniziativa dei democratici, sono in via di approvazione. Francesco Boccia e i suoi non dovrebbero ignorare infatti che perfino secondo la vecchia legge Martelli del 1990 tuttora vigente (mancanza di coraggio, anche qui?), al compimento dei 18 anni i ragazzi stranieri con determinati requisiti di regolare permanenza nel paese hanno il diritto di chiedere la cittadinanza, e di accedere a un iter speciale e accelerato. Non solo. È di qualche settimana fa l’approvazione da parte della Camera di quello “ius culturae” secondo cui allo straniero nato in Italia o arrivato prima dei 12 anni che abbia concluso un ciclo di istruzione deve, se richiesto, essere riconosciuto lo status di cittadino anche prima dei 18 anni. E pure di quello “ius soli” che consente l’accesso alla cittadinanza anche al minore che, non nato da noi né arrivato da piccolo, ha però almeno un genitore con il permesso di soggiorno permanente, cioè non soggetto a verifiche e rinnovi. “Svolta epocale”, si è detto in casa dem, anzi “svolta di civiltà”, sebbene il vincolo della conclusione positiva del ciclo della scuola primaria nel primo caso, e i requisiti economici che condizionano l’ottenimento del permesso europeo nel secondo, siano la prova provata di remore e di contrarietà che, anche questa volta, non si è voluto o non si è stati capaci di superare. Eppure è noto che tra gli 800mila e più studenti di provenienza straniera i nati in Italia sono ormai il 53%, e che il 60% circa degli oltre 5 milioni di stranieri regolarmente residenti ha un permesso di soggiorno permanente.

Ma, nel caso della card, in ballo c’è qualcosa che vale più della coerenza. Si potrebbe chiamarla lungimiranza, o più modestamente buon senso. Perché i 500 euro spendibili per ingressi a musei, cinema, eventi culturali, aree archeologiche, e magari anche per l’acquisto di libri e di musica , ci sono stati presentati come parte essenziale di una reazione al terrorismo che non si può fare solo con gli strumenti della sicurezza e che richiede anche quelli della cultura intesa come identificazione con il paese in cui si è cresciuti, come partecipazione al suo patrimonio e alla sua vita culturale. E dunque sembrerebbe non esserci ragione alcuna per escludere da questi strumenti una parte delle seconde generazioni, ed essercene anzi tante per ribadire anche così che il nostro paese quei ragazzi , comunitari o extracomunitari non importa, li vuole intelligenti e colti non meno degli altri. Non mortificati, non risentiti da esclusioni decise intenzionalmente o per “non voler forzare”, tranquillamente insieme ai loro amici italiani o romeni o francesi negli stessi concerti e negli stessi musei. Ma forse, anche questa volta, abbiamo capito male.