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“I rider sono dipendenti”. Stretta Ue sulla gig economy

Accordo tra i ministri del Lavoro dei 27 per una direttiva Ue a tutela dei riders: basteranno tre criteri (su sette) per non essere più inquadrati come autonomi. In ballo 5,5 milioni di lavoratori in Europa. Da Repubblica.

L’Europa fa un passo verso il riconoscimento dei diritti dei rider e degli altri lavoratori delle piattaforme digitali. Ieri i ministri del Lavoro dei 27 Paesi membri si sono accordati su una posizione comune da tenere sulla nuova direttiva Ue di settore, nelle trattative con la Commissione e il Parlamento. Un segnale politico importante, che spinge la norma sui “lavoretti” – diventati per molti occupazione a tutti gli effetti verso un’approvazione definitiva entro il termine della legislatura europea, il prossimo anno. Anche se il negoziato finale si annuncia acceso. L’intesa tra i governi infatti stabilisce che un lavoratore venga considerato dipendente, anziché autonomo, se la sua attività è sottoposta a tre criteri di “controllo e direzione”, in una lista di sette. Mentre l’ipotesi approvata dal Parlamento a febbraio è più dura per le piattaforme, prevedendo che spetti a loro dimostrare che i lavoratori sono effettivamente autonomi.

Il punto di partenza della direttiva, presentata dalla Commissione a fine 2021, è la grande area grigia – in termini di diritti e tutele – creata dall’economia “on demand”, dagli autisti di Uber ai fattorini di Deliveroo, dai lavoratori domestici ai professionisti a chiamata. Un settore che in Europa vede operare circa 500 piattaforme, il cui fatturato è cresciuto da 3 a 14 miliardi di euro in un quinquennio. E in cui, su 28 milioni di lavoratori, circa 5,5 sarebbero inquadrati come autonomi anche se in realtà sono a tutti gli effetti dipendenti, vedendosi negati diritti come salario minimo (dove esiste), ferie, malattia e contributi.

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