Franco Angeli pubblica il libro postumo di Carlo Donolo: una riflessione profonda e attualissima che si snoda ‘su ponti leggeri’, alla ricerca di istituzioni e idee all’altezza della complessità dei nostri tempi. Il prezioso lascito di un pensatore colto e generoso, un punto di riferimento per Sbilanciamoci!
Carlo, lasciatemi chiamarlo così un’altra volta, amava molto scherzare, prendere in giro gli altri, i lettori, gli amici, sé stesso, giocando con le parole, la memoria, la sua cultura senza limiti, fitta di riferimenti, allusioni, significati nascosti. “Particolarmente ben documentata – scrive a pagina 26 del suo libro sui ponti leggeri («Su ponti leggermente costruiti. Considerazioni intermedie su menti e istituzioni», Franco Angeli editore) – è l’emergere dalla generale passione per la ‘sopravvivenza’ e poi dall’amor sui della passione ‘fredda’ dell’interesse, inteso come egoismo razionale che fornisce una quasi esaustiva ragione per agire nel contesto di un’economia mercantile e poi capitalistica. Penso che il lettore amerebbe saperne di più. Anch’io, ma inutile fingere che sia tutto chiaro”.
Molti lettori commossi – forse – credono che Donolo abbia scritto un ultimo libro che adesso si pubblica, come riepilogo di tutto quel che sapeva, un’opera definitiva, finale. Penso invece che egli volesse fare un altro sforzo per facilitare una generale comprensione, scegliendo una sorta di scorciatoia, in parte ripida, ma percorribile da tutti i lettori, anche da quelli distratti da altre scienze e arti, volesse in una parola offrire qualcosa di utile per proseguire, capire meglio, insieme. Insomma ci è proposto un mezzo intermedio utile per andare avanti, per arrivare dall’altra parte dell’abisso, senza troppa paura, ma in tanti.
Un ponte leggero, un ponte utile. Molto bravo il compagno di studi di Donolo alla Normale, Giuliano Amato, a ricordare che il titolo del libro, ‘Su ponti leggermente costruiti’ è un verso del canto Patmos di Friedrich Hölderlin. Si può immaginare che Donolo lo avrà letto e riletto, tradotto; avrà ricordato per sempre quel canto, quel verso; non dunque soltanto un acuto, poetico richiamo, un bel titolo pieno; piuttosto un invito per tutti a ricordare il meglio, a vincere con coraggio l’abisso che ogni studioso, ogni ricercatore trova giorno per giorno davanti a sé e deve superare per non smettere, non ritirarsi, ma andare oltre. Citare Hölderlin, quindi, imprigionato a vita, con i suoi quarant’anni di forzato silenzio, vale come un consiglio di Donolo a noi lettori pigri e ignoranti, vale come un augurio fraterno: “Non lasciatevi sequestrare in una torre, ma studiate, scrivete, dipingete, componete musica: non smettete mai”. E cercate di capire.
Un ponte leggero, un collegamento di servizio. Tutti sanno che c’è un rapporto continuo tra la persona singola e l’autorità, la forma di organizzazione e/o comando che consente alle persone di stare insieme, di sopravvivere insieme, in qualsivoglia forma. A pensarci bene è il problema centrale della politica, dell’economia, della società. Donolo s’inoltra tra queste vette e questi strapiombi e cerca semplicemente – semplicemente – di tracciare con questo studio una sorta di carta topografica dei luoghi attraversati. Sono percorsi accidentati, difficili per i principianti, pieni di trappole per tutti. Il nostro amico, nell’insegnarci, nel guidarci ci prende in giro.
C’è almeno un sentiero, un esempio nelle pagine di Donolo che proviamo a raccogliere. Ci si chiede di riflettere sulla differenza tra governo e governance, una questione che crediamo alla portata di noi lettori ignoranti. Sono concetti simili, uno dei quali un po’ più evoluto, oppure sono concetti diversi? Come mai si passa dal primo al secondo? Si tratta forse di un progresso? Originato da chi e perché? Forse cambiare parola è il nostro tentativo di far parte del moderno, di pagare la tassa d’iscrizione a quel moderno che Donolo critica a fondo nel suo assiduo studio del postmoderno.
Tutti noi, negli ultimi cinquanta anni, abbiamo avuto a che fare con governi, in un senso o nell’altro (col sostegno, coll’opposizione, anche solo leggendone i fatti e le storie); non importa. Di punto in bianco abbiamo incontrato o ci siamo resi conto che esisteva un’altra parola, un concetto nuovo, governance appunto. I più di noi hanno accettato quella parola, senza resistenze; ci siamo insomma accontentati di capirne meglio il significato, il di più rispetto al concetto precedente; e qualcuno ha cominciato a farne uso, magari senza rendersi conto di essere entrato “in una traiettoria desiderata o desiderabile”. Infatti “la governance si ottiene con il concorso di tutte le risorse disponibili che sono: capitale sociale + politiche + ecologie di giochi regolati + strategie degli attori autointeressati + reti. Essa presuppone un’intelligenza del processo complessivo…”. Un mondo complicato, un abisso nel quale sprofondare, col rischio di perdersi per sempre. Ma abbiamo sempre un ponte leggero, ben costruito per appoggiarci, per passare oltre.
Il nostro autore ci accompagna, ci precede. Non una parola è superflua. “Procediamo perciò verso la conclusione solo con un’immagine su cui meditare: relazioni umane, scambi sociali, strategie, governance, forme conflittuali e/o cooperative, pretese e nuovi diritti, legami, limiti, esternalità e quant’altro, insieme a norme, regole, istituti, ordinamenti e assetti istituzionali, tutto insomma di quanto è socialmente rilevante, anzi ne fa un costrutto distinto dai sistemi meramente naturali, tutto quanto connette anche quanto resta distinto e differente viaggerà su “ponti leggermente costruiti”. …E infine “osservate un ponte di Calatrava, ci consiglia l’autore, sembra sfidare le leggi di natura e invece vi si appoggia con leggerezza, è intelligenza diventata costrutto… Allora incominciamo a ‘passare oltre e a ritornare’ come ci invita a fare il poeta”.