Altro che deregulation: il sistema attuale è cresciuto nella totale a-regolamentazione dei nuovi strumenti. “I nodi al pettine”, un libro di Marco Onado
Mentre la crisi economica getta ancora le sue ombre sul futuro, nonostante gli ottimismi di chi governa, cominciano ad essere pubblicate analisi che almeno gettano un po’ di luce per cercare di capire cosa è accaduto. E’ il caso del libro di Marco Onado, “I nodi al pettine”.Secondo Onado “non si è trattato in senso stretto di un processo di deregulation, per la semplice decisiva ragione che le regole per la nuova finanza non sono mai state scritte”. E’ accaduto, per i mercati finanziari, un po’ quello che è successo ai generali francesi prima della seconda guerra mondiale: mentre ci si aspettava un attacco al riparo della linea Maginot, gettando un occhio alla vecchia finanza regolamentata, il nemico è spuntato alle spalle, sotto forma della nuova finanza senza regole.In particolare, non sono mai stati regolamentati i veicoli societari utilizzati per la securitisation (Special Purpose Vehicles e Special Investment Vehicles), che hanno occultato di fatto la reale esposizione debitoria delle banche. Questi soggetti hanno attività complessive dell’ordine di trilioni di dollari e sopportano rischi enormi. Emettono titoli a lungo termine e si finanziano a tre mesi ed hanno debiti pari a 20 o 34 volte il capitale. Quando la crisi era ormai esplosa, le autorità di regolazione hanno dovuto ammettere che si era creato un sistema bancario ombra, in cui erano occultati gran parte dei rischi.Accanto alla deregolamentazione dei mercati ed alla liberalizzazione come principio ispiratore delle politiche economiche, che comunque c’è stata, si è dunque verificato un fenomeno di a-regolamentazione: sono nati nuovi strumenti finanziari, e le autorità di vigilanza non hanno provveduto a definire quella cornice di regole indispensabile per evitare la propagazione di un effetto di instabilità di sistema, che poi si è verificato nel momento in cui la bolla speculativa ha raggiunto dimensioni davvero gigantesche.E non si è trattato di una sola bolla: questo è l’altro elemento che caratterizza la crisi che stiamo vivendo. Accanto alla bolla immobiliare, che è stata presentata come il fattore scatenante della crisi, si sono parallelamente alimentate ed intrecciate altre due concomitanti ondate speculative: la bolla azionaria e quella della merger-mania, con una valanga di acquisizioni e fusioni, finanziate a debito, che hanno poi contribuito a determinare un effetto di paralisi di sistema.E’ cresciuto, soprattutto negli Stati Uniti, il debito dei privati, e contemporaneamente è cambiata anche la strategia bancaria. Scrive Marco Onado: “I mutui non vengono più erogati per mantenere il rapporto con il cliente per tutta la durata del prestito, ed assumere il rischio in prima persona (nel gergo della finanza originate to bold). Piuttosto si concede il prestito per trasferirlo il più presto possibile alla platea più ampia possibile di investitori (originate to distribuite)”. La miscela di queste due componenti (crescita esponenziale dell’indebitamento privato e cambio della strategia bancaria) è stata esplosiva: è nato il il fenomeno della securitisation, che consentiva la trasformazione dei prestiti in titoli che possono essere collocati sul mercato ad un’ampia platea di investitori, spesso privi delle conoscenze e delle informazioni necessarie per valutare correttamente il rischio. Tale evoluzione, priva di un meccanismo di regolazione teso a limitare i rischi, ha generato le condizioni per la successiva crisi: a fine del 2007 il totale di tutti gli strumenti finanziari, derivati compresi, ha raggiunto un valore superiore a 16 volte il PIL mondiale.Marco Onado descrive il sistema finanziario come una torta a quattro strati: banche ad alto leverage hanno finanziato investitori ad alto leverage, i quali hanno investito in strumenti ad alto leverage per aumentare in modo significativo il grado di leverage del settore delle famiglie. Sembra – come scrive Onado – uno scioglilingua, ed è invece la sintesi della crescita dissennata della finanza.Si è generato per questa via un dedalo inestricabile di rischi ad elevato livello moltiplicativo, che pongono l’economia mondiale di fronte a nuove situazione. Si rischia di passare dal problema “troppo grandi per fallire”, che costringe ai salvataggi per evitare ricadute di sistema, al paradosso “troppo grande per essere salvate”, nel senso che i vincoli di bilancio pubblico potrebbero rendere troppo oneroso il salvataggio. Le dimensioni di alcune aziende finanziarie sono multiplo dei bilanci pubblici, e persino della ricchezza nazionale: basti pensare al caso di Ubs e di Ing, che hanno attività pari a quasi tre volte il Pil dei loro rispettivi Paesi (Svizzera ed Olanda).
Marco Onado, “I nodi al pettine”, Laterza 2009, 15 euro
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