L’anno scorso il 64% erano ditte individuali…ma la propulsione femminile fatica ancora Nel corso del 2013 sono state istituite 384 mila nuove imprese, pari al 7,4% del totale delle imprese attive (5,2 milioni). Si tratta di una cifra simile a quella di un anno fa e leggermente in calo rispetto al triennio precedente. Una tendenza […]
Nel corso del 2013 sono state istituite 384 mila nuove imprese, pari al 7,4% del totale delle imprese attive (5,2 milioni). Si tratta di una cifra simile a quella di un anno fa e leggermente in calo rispetto al triennio precedente. Una tendenza speculare (dunque a segni invertiti) rispetto a quella delle imprese che cessano l’attività: oltre 1,2 milioni negli ultimi tre anni, con una crescita progressiva (2,7% nel 2013). Il saldo netto – la differenza cioè tra nuove e cessate – è un valore negativo che segna dal 2011 una perdita complessiva di oltre 50 mila unità produttive.
Il 64% delle nuove imprese ha la forma della ditta individuale, il 22% della società di capitali (s.p.a., s.r.l.), il 9% di società di persone. Tra quelle che cessano è più alta l’incidenza delle ditte individuali (71%) e delle società di persone (13%), mentre sembrano resistere meglio alle turbolenze della crisi le imprese dotate di capitali (e le cooperative).
Cresce e diviene sempre più determinante il contributo degli stranieri al tessuto imprenditoriale italiano. Nel corso del 2013, il 16% delle nuove imprese ha titolarità extranazionale, con un saldo netto positivo tra avviate (63 mila) e cessate (44 mila). Altro dato significativo è che il 46% delle nuove imprese “straniere” è promosso da giovani, cioè da persone Under 35. Più in generale, del totale delle start-up del 2013, le imprese avviate da giovani (sempre definiti come under 35) sono l’8%, anch’esse con un saldo positivo (15 mila), mentre quelle a propulsione femminile sono il 28% e hanno però un saldo negativo nel corso dell’anno (-4.600).
Il 2 per cento delle nuove imprese ha forma cooperativa. Ciò è di rilievo sia perché mostra una maggiore incidenza delle cooperative tra le start-up rispetto a quanto avviene con riferimento allo stock di imprese attive (1,45%), sia perché le cooperative negli anni di crisi si stanno dimostrando decisamente più solide, tant’è che ogni anno il saldo netto tra istituite e cessate è sempre positivo, portando ad una crescita aggregata di circa 15 mila unità dal 2009 ad oggi.
Il 2014 lascia intravedere delle tendenze decisamente in discesa rispetto alla “natalità” delle imprese: nel secondo trimestre dell’anno, il numero di iscrizioni è stato il più basso tra quelli registrati nell’ultimo decennio.
Oggi spesso chi parla o scrive di start-up (senza ulteriori specificazioni) in realtà si riferisce ad un’accezione molto particolare e decisamente minoritaria del fenomeno “nuove imprese”. Si tratta infatti della formula delle “start-up innovative” introdotte dal governo Monti con il Decreto “Crescita bis” (d.lgs. n. 179/2012, artt. 25 e ss.), convertito nella l. n. 221/2012. Tale legge incentiva l’avvio di queste nuove imprese, nella forma di società di capitali o cooperative, se all’atto della costituzione presentano una serie di caratteristiche, tra cui: essere attive da non più di 48 mesi e per lo stesso periodo non distribuire utili; avere un valore della produzione inferiore ai 5 milioni di euro; adottare per oggetto sociale l’innovazione tecnologica. Nel corso del 2013 sono state 896 le imprese nate con questa formula, contribuendo ad alimentare uno stock che a luglio 2014 è pari a 2.392 unità, gran parte delle quali nella forma della società a responsabilità limitata (81%). Oltre la metà ha un fatturato inferiore ai 500 mila euro e meno di quattro addetti. Le start-up innovative a vocazione sociale, che in base alla norma possono operare nei settori tipici dell’impresa sociale (welfare, cultura, istruzione, ecc.) sono 60.