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Germania. Flessibilità interna e mercato del lavoro

L’economia tedesca ha mostrato una notevole capacità di adattamento e grande flessibilità, pur se una flessibilità “interna”, diversa da quella tipica dei sistemi di flexicurity. Ecco perchè l’esperienza tedesca, benché non priva di effetti avversi e radicata in uno specifico contesto di relazioni industriali, rappresenta una lezione di grande interesse www.eticaeconomia.it

Tra le macerie lasciate dalla Grande Recessione in Europa, la tenuta dell’occupazione in Germania ha rappresentato una delle poche buone notizie, un caso di successo per più aspetti clamoroso. Il mercato del lavoro tedesco ha mostrato una grande capacità di adattamento e le imprese hanno potuto avvalersi di un’ampia flessibilità. Ma di una flessibilità di tipo diverso da quella dei sistemi di flexicurity. In questo articolo, prendendo spunto dalla discussione ancora aperta tra gli economisti, proviamo a guardare “dentro” il “miracolo” tedesco.

Nella fase più acuta della recessione, tra 2008 e 2009, la Germania ha perso appena mezzo punto percentuale di occupazione, con un leggero aumento del tasso di disoccupazione, pari a un +0,5%, mentre il Pil calava di 6,6 punti. Negli stessi anni negli Stati Uniti, a fronte di una caduta del Pil del 4,1%, l’occupazione calava del 5,6% e la disoccupazione aumentava di 5,5 punti. Più o meno lo stesso succedeva in gran parte delle economie avanzate. Si capisce come si sia cominciato a parlare di “miracolo”. Eppure, solo pochi anni prima, con una disoccupazione che era arrivata a superare l’11%, la Germania era per molti il “malato” d’Europa.

Numerosi sono ormai gli studi che provano a decifrare quale sia la ricetta sottostante questo successo e quali i suoi ingredienti decisivi. E la risposta è: flessibilità degli orari, più flessibilità dei salari, più riforme delle politiche del lavoro.

Ancor più che in passato, durante l’ultima recessione il modello tedesco ha puntato tutto sulla flessibilità interna, che si è giovata di due leve, la riduzione degli orari e quella dei salari. A queste si sono aggiunti gli effetti delle riforme Hartz del 2003-05, più una serie di altre condizioni favorevoli. Su questa lista di ingredienti c’è ampio consenso tra gli studiosi, mentre sul loro peso relativo nel determinare i successi del mercato del lavoro le opinioni rimangono distanti.

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