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G7:«Con il 3% delle spese militari di 7 paesi si sfama il mondo»

Intervista a Paolo Pezzati di Oxfam Italia: «Tagliare le armi e tassare i super ricchi: più della metà dei super ricchi vengono dai paesi G7, tassarli potrebbe generare più di mille miliardi l’anno. Anche questa non è nient’altro che una questione politica».

31,7 miliardi – quanto sarebbe necessario secondo Oxfam per contribuire a eliminare la fame – a fronte di 1.200 miliardi: quelli stanziati complessivamente dai paesi del G7, ogni anno, in spese militari. Con questo parallelo Oxfam lancia la sua «provocazione» ai sette grandi alla vigilia del primo giorno del vertice. Ne abbiamo parlato con il portavoce per le crisi umanitarie di Oxfam Italia Paolo Pezzati.

Il vostro appello a fare fronte alla fame che affligge in modo grave oltre 281 milioni di persone, tagliando la spesa militare, arriva paradossalmente proprio nel momento di maggiore pressione della Nato per aumentare gli investimenti in armamenti nei paesi membri.

Abbiamo voluto usare l’esempio delle spese militari per rendere evidente quello che si cerca di nascondere: l’eradicazione della povertà è una scelta politica. Noi chiediamo un cambio di paradigma ai paesi del G7, siamo in un momento storico in cui serve multilateralismo, diplomazia. Serve politica, non le armi, perché la china potrebbe diventare pericolosa e irreversibile. C’è una responsabilità che i paesi del G7 non stanno prendendo, né per sconfiggere l’insicurezza alimentare, né per annullare il debito. Facciamo nostro anche l’appello di papa Francesco affinché venga cancellato il debito ai paesi che non sono in grado di pagarlo. Siamo debitori – di 15mila miliardi – per non aver mai versato gli aiuti promessi per lo sviluppo e la transizione ecologica ai paesi a basso e medio reddito. Però continuiamo a ricevere quasi 300 di milioni al giorno di rimborsi del debito, per un totale di 106 miliardi.

Un’altra strategia che suggerite è quella della tassazione dei super ricchi.

Più della metà dei super ricchi, miliardari e multimilionari, vengono dai paesi G7. Tassarli potrebbe generare più di mille miliardi l’anno. Anche questa non è nient’altro che una questione politica. Crediamo che sia il momento storico per farlo: ridurre le diseguaglianze.

Il vostro comunicato interviene anche sulla necessità che venga raccolto l’ordine di cessate il fuoco a Gaza della Corte internazionale di giustizia.

La cosa più importante per noi è che la comunità internazionale si faccia carico di trovare un meccanismo, che nelle bozze viene discusso, affinché si prevenga l’occupazione militare israeliana di Gaza. Può avvenire solo se la comunità internazionale gioca una parte importante nel processo: deve accompagnare il cessate il fuoco, dando tempi e fasi certe. E deve sbloccarsi immediatamente la questione dell’accesso degli aiuti umanitari. Da maggio non stanno più entrando camion di aiuti, la popolazione sta letteralmente morendo di fame. Manca solo la formalizzazione, ma a Gaza nord, a Gaza City la carestia c’è, i bambini muoiono di fame, ci sono meno di 250 calorie al giorno pro capite quando ne servirebbero 2.100 per la normale sopravvivenza.

È fondamentale che il G7 non evidenzi solo la necessità del cessate il fuoco e dell’accesso umanitario, ma che metta in atto le azioni diplomatiche necessarie affinché Israele sia resa responsabile delle proprie azioni. Nel G7 degli esteri il testo conclusivo, in alcuni suoi passaggi, era anche buono. Ma da allora sono già morte migliaia di persone. E fondamentale è anche il tema della regionalizzazione del conflitto: Libano e Yemen sono una polveriera. In Libano la situazione umanitaria è gravissima. La coalizione angloamericana ha colpito infrastrutture e fatto morti civili in Yemen. Tra le conseguenze c’è un consolidamento del consenso nei confronti degli Houthi, e questo non può che alzare la temperatura.

Intervista pubblicata da il manifesto del 13 giugno 2024