A 150 anni dalla Comune di Parigi, quell’esperienza ci parla di oggi, perché ci ricorda il valore della democrazia dal basso, l’autogoverno, il radicalismo egualitario capace di scalzare privilegi e gerarchie, la dimensione libertaria e laica, la gratuità e universalità dell’istruzione, la passione disinteressata di un impegno collettivo, di identità condivise.
Da qualche giorno si parla dei 150 anni della Comune di Parigi, che ebbe inizio il 18 marzo del 1871, concludendosi nel sangue il 28 maggio dello stesso anno. L’impero era stato travolto dalla disfatta della guerra franco-prussiana del 1870. Napoleone III era stato deposto e arrestato e il 4 settembre del 1870 la repubblica aveva sostituito la monarchia. Di fronte alle complicità delle nuove leadership repubblicane e di Thiers con i prussiani di Bismarck e con l’impero appena smantellato, gli operai, gli artigiani e molti piccolo-borghesi di Parigi si erano sollevati alcuni mesi dopo e nel marzo del 1871 avevano dato vita alla Comune.
Lo stesso avveniva in altre città della Francia. Comunisti, socialisti, anarchici e democratici si ritrovarono a dare vita ad una esperienza politica che ancora oggi è utile ricordare. Venivano gridate nuovamente le parole della Rivoluzione francese: libertà ed eguaglianza. La parola fraternità (che ancora alludeva ad una condizione gerarchica di fronte a Dio e alla Patria) veniva sostituita da solidarietà, più orizzontale, tra pari.
Molte delle istanze di allora potrebbero essere ricordate oggi: il principio di una democrazia integrale e della revoca degli eletti, il calmieramento delle retribuzioni per le funzioni pubbliche, l’abolizione del gioco d’azzardo, dell’usura, di molti privilegi e delle rendite ingiustificate, dei monopoli, dell’esenzione della tassazione delle proprietà della Chiesa, provvedimenti economici egualitari e contro la miseria, contro lo strapotere delle banche, la tassazione dei patrimoni. Per ricordare quella esperienza sono state ripubblicate le bellissime memorie della eroina della Comune Louise Michel (La Comune, edizioni Clicy), un saggio pregevole di Mariuccia Salvati (La Comune di Parigi, Edizioni dell’Asino) e una raccolta di documenti a cura di Goffredo Fofi (I giorni della Comune, Piccola biblioteca morale delle edizioni e/o). L’esperienza della Comune fu ricordata da Karl Marx ne La guerra civile in Francia, come l’esempio di una rivoluzione che cambiava l’essenza stessa del potere e dello Stato.
L’esperienza della Comune ci parla di oggi, perchè ci ricorda l’importanza di alcuni principi, che si dovrebbe tornare a riscoprire con maggiore forza: il valore della democrazia dal basso e partecipata, l’autogoverno, il radicalismo egualitario capace di scalzare privilegi e gererchie imposte, la dimensione libertaria e laica libera dalle oppressioni di ogni tipo di autorità religiosa e culturale, la gratuità e universalità dell’istruzione, la passione disinteressata di un impegno collettivo, di identità condivise. Fatta la rivoluzione, la Guardia Nazionale rimise nelle mani dei cittadini la loro sorte e fece affiggere questo manifesto per le vie di Parigi: “Non perdete di vista che gli uomini che vi serviranno meglio sono coloro che sceglierete tra voi, che vivono la vostra stessa vita, e soffrono gli stessi mali. Diffidate tanto degli ambiziosi, quanto degli arrivati… diffidate anche di quelli che parlano troppo, incapaci di passare all’azione…” Ebbene, dopo 150 anni di grandi conquiste sociali, ma anche di speranze deluse da rivoluzioni finite tragicamente, le tre parole stampate sulle bandiere rosse dei comunardi – eguaglianza, libertà, solidarietà – si ripropongono con grande attualità a chi vuole cambiare, oggi, una società ingiusta e attraversata -come allora- da privilegi inaccettabili.