Duemila assunzioni entro l’anno, per ridurre le liste d’attesa e potenziare la sanità pubblica. Questo in Piemonte è il risultato di un percorso di rivendicazione sociale partito dal comitato nato su impulso della Cgil con la manifestazione del 27 maggio scorso. Un modello.
Nei giorni scorsi, a fine marzo, è stato siglato l’accordo tra sindacati confederali e Regione Piemonte per l’abbattimento delle liste d’attesa per le prestazioni sanitarie. I punti principali dell’accordo riguardano l’incremento di risorse per il servizio sanitario pubblico (25 milioni di euro) e il miglioramento del sistema di prenotazione e di presa in carico delle cittadine e dei cittadini. Si tratta di un risultato importante che si aggiunge all’accordo raggiunto per il potenziamento del personale medico e del comparto – che prevede 2.000 nuove assunzioni entro la fine dell’anno. In dettaglio, la Regione si impegna a garantire 212.000 prestazioni P (programmabili) in più entro l’anno. Nella costruzione dell’accordo sono state accolte le richieste della CGIL sia rispetto all’investimento nel pubblico, sia rispetto ai temi della cronicità e della gestione delle prenotazioni; infatti, il piano prevede che l’investimento sia concentrato totalmente sul rafforzamento del sistema sanitario pubblico e che esami e prestazioni per i pazienti cronici – ossia circa il 60% delle attuali prescrizioni P – siano esclusi dal Centro Unico di Prenotazione (CUP) e gestiti gradualmente con percorsi di presa in carico direttamente all’interno di ospedali e ambulatori. Inoltre, con la nuova organizzazione del CUP, si avrà uno strumento per monitorare tutte le prestazioni richieste, e la gestione delle agende sarà centralizzata. I cittadini, quindi, verranno presi in carico e, se non sarà immediatamente disponibile la prestazione richiesta, verranno richiamati, in modo da ridurre la percentuale di persone che rinuncia a curarsi.
Questo è solo l’ultimo dei risultati ottenuti in Piemonte dal “Comitato per il diritto alla tutela della salute e alle cure”, formatosi su impulso della CGIL. Si tratta di un modello unico in Italia, poiché fin dall’inizio il Comitato ha unito il sindacato confederale, i sindacati professionali, gli ordini professionali – come quello dei medici e degli infermieri – e le associazioni di utenti che si occupano della difesa del malato, oltre che i cittadini interessati. Tutti questi soggetti hanno avviato assieme un percorso di consapevolezza e di mobilitazione alla luce della situazione critica della sanità piemontese, che il Comitato ha fotografato rilasciando numerosi dati sulla situazione di definanziamento e sofferenza del sistema sanitario regionale. A partire dalla diminuzione dei posti letto: in Piemonte dal 2010 al 2020 sono stati tagliati 2.011 posti letto per pazienti acuti, con una riduzione del 14%. La riduzione dei posti letto non è stata accompagnata in parallelo dalla necessaria crescita dei servizi territoriali, arrivando ad un tasso di occupazione di posti letto nei reparti di medicina del 96,4%.
Un altro elemento di criticità riguarda l’aumento della spesa privata per le cure e i tempi delle liste d’attesa. Il rapporto della ragioneria dello Stato sulla spesa sanitaria del 2021 stimava in 37,16 miliardi di euro la spesa privata per la sanità, cioè quella sostenuta direttamente dai cittadini. In Piemonte per spesa privata in sanità si spendono 2,96 mld; erano 2,19 mld nel 2016, con una crescita tra 2016 e 2021 del 19,1%. Si stima che in Piemonte il 45% delle visite specialistiche viene fatto a pagamento: 36% privato puro; 9% con ricorso ad assicurazioni. Strettamente collegato alla spesa privata, è il tema delle liste d’attesa per accedere a diagnosi e visite specialistiche; da un’analisi svolta dal comitato a partire dai dati ISTAT riguardanti il Piemonte, emersi dall’Indagine sugli Aspetti della vita quotidiana, emerge che, dal periodo pre-pandemico a quello post emergenza sanitaria, la quota di persone che in Piemonte ha dovuto rinunciare ad una visita specialistica ritenuta necessaria è quasi raddoppiata, passando dall’8,7% nel 2019 al 14% nel 2020, sino al 15% nel 2021.
Un altro importante tema che il Comitato ha sollevato è quello della carenza strutturale di personale sanitario. Secondo il Comitato i medici dipendenti sono scesi dal 2017 di circa 500 unità e nel 2021 sono 331 i medici che in Piemonte hanno deciso di lasciare la dipendenza dal SSN e proseguire altrove. E poi ancora l’applicazione dei fondi del PNRR per la sanità territoriale, l’assistenza domiciliare insufficiente, le difficoltà di accesso alle RSA sia in termini di posti sia in termini di costi, le criticità strutturali e l’obsolescenza delle strutture sanitarie, la difficoltà di accesso alle cure per la salute mentale.
Uno dei momenti culminanti della mobilitazione è stato il 27 maggio scorso, quando si sono ritrovate in piazza a Torino oltre 12.000 persone per la “Marcia della Salute”. La protesta è stata organizzata dal Comitato – che dalle 25 realtà iniziali si era a quel punto allargato a comprendere oltre 60 soggetti tra associazioni, sindacati e ordini professionali – ed è simbolicamente partita da piazza Carducci, di fianco alle Molinette, la più grande azienda ospedaliera d’Italia, per chiedere investimenti in sanità pubblica e assunzioni. Ad animare la piazza gli slogan: “la sanità non si vende, si difende” e “quando tutto sarà privato, saremo privi di tutto”. È importante sottolineare come il Comitato non si sia fermato alla manifestazione; sono state organizzate riunioni ed incontri, presidi e volantinaggi, mentre i sindacati portavano avanti la vertenza con la Regione, costituendo un interessante modello di partecipazione e vertenzialità.
Ad oggi, poco meno di un anno dopo l’inizio di questo percorso, sono evidenti i risultati di questo approccio: in primis una ritrovata modalità di attivazione politica, in grado di riunire sindacati, associazioni, cittadini in un unico “contenitore”, con un peso specifico maggiore. Un ulteriore risultato ha riguardato poi la risposta della politica: la Regione Piemonte non ha potuto ignorare le richieste che arrivavano dalla manifestazione e dal Comitato. Poco tempo dopo la manifestazione, infatti, si è avviato un percorso vertenziale e di confronto con il governo della Regione, che dura tutt’ora e che ha portato alcuni significativi risultati:
- La creazione dell’Osservatorio Regionale sulla sanità
L’Osservatorio, coordinato dalla Regione Piemonte e composto dalle organizzazioni sindacali del comparto e della dirigenza medica, accanto ad Azienda Zero, aziende sanitarie regionali, Università di Torino e del Piemonte orientale, si riunisce periodicamente per il monitoraggio dell’andamento occupazionale del personale in sanità e l’analisi e l’avanzamento degli obiettivi occupazionali. Questo osservatorio è stato fondamentale in primis per l’analisi dei fabbisogni delle aziende ospedaliere e in secondo luogo per la costruzione di uno spazio in cui provare a sanare la carenza di personale strutturale della sanità piemontese.
- Le risorse per 2000 assunzioni nel 2024
Ilprimo attodel nuovo Osservatorio è statala firma del protocollo d’intesa per l’attuazione del piano straordinario con il quale la Regione garantisce risorse aggiuntive per 2.000 assunzioni, di cui 500 medici. Questo accordo, frutto anche della grande manifestazione del 27 maggio, è stato costruito e voluto dalle organizzazioni sindacali Fp CGIL, CISL Fp, UIL Fpl, Fials, Nursind, Nursing Up e si sono già potute vedere le prime assunzioni (circa un 25% del totale).
- Un accordo con le Università per l’assunzione degli specializzandi
Per colmare la carenza di medici negli ospedali, una delle proposte del comitato era di favorire l’assunzione degli specializzandi nelle aziende ospedaliere piemontesi. È di poche settimane fa la notizia del raggiungimento di un accordo – applicando per la prima volta il Decreto Calabria per il personale sanitario – tra la Regione Piemonte e le Università di Torino e del Piemonte Orientale, che punta a favorire l’assunzione degli specializzandi e prevede incentivi economici (fino ad 800 euro netti in più al mese) per chi sceglierà di svolgere il tirocinio negli ospedali più periferici e nelle discipline per le quali c’è maggiore necessità.
Da questi primi risultati – con l’aggiunta dell’accordo sulle liste d’attesa siglato negli ultimi giorni – è evidente come questa forma di mobilitazione e attivazione collettiva abbia permesso una svolta e mostrato chiaramente quale può essere il ruolo del sindacato confederale nella costruzione di percorsi collettivi di proposta politica e di attivazione: organizzare le domande, non lasciare sole le persone e, attraverso la mobilitazione e la negoziazione, ottenere accordi per migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle persone. Le parole del segretario generale Giorgio Airaudo durante la manifestazione del 27 maggio già indicavano questa impostazione politica e il ruolo che la CGIL può avere, ossia attivarsi -insieme ad altri soggetti – contro le ingiustizie, come nel caso appunto della sanità e dell’assistenza, dove si osservano sempre più spesso grandi criticità e disuguaglianze.
È necessario sottolineare però la modalità con cui questi risultati sono stati ottenuti; infatti, l’elemento portante di questa vicenda è da ricercare nella forma di attivazione: in primis l’integrazione e l’unione tra sindacati, associazioni, ordini professionali e cittadini in un unico comitato con obiettivi comuni e, in secondo luogo, la capacità di coniugare pratiche di movimento – come presidi, volantinaggi, cortei – con l’azione confederale più tradizionale. È grazie a questa “geometria variabile” che si sono ottenuti importanti risultati in questa battaglia per la difesa della sanità pubblica.
A questa attivazione più regionale si è sommata quella nazionale in difesa della Costituzione e contro l’autonomia differenziata, che alimenterebbe drammatiche disuguaglianze rispetto all’accesso alla salute. Il diritto alla salute, sancito costituzionalmente, è sotto attacco ed è per questo che questa mobilitazione per la difesa della sanità pubblica si intreccia con “La via Maestra, insieme per la Costituzione”, percorso politico che, allo stesso modo del comitato piemontese, mette insieme il sindacato e l’universo dell’associazionismo per la difesa della Costituzione, per parlare di pace e ambiente, ma anche di lavoro, istruzione e salute.
Ovviamente l’azione del Comitato non si è conclusa con questi primi risultati: bisognerà vigilare sui processi, per garantire che tutti gli obiettivi siano effettivamente raggiunti. In particolare, sarà importante vigilare sul rispetto delle tempistiche delle 2000 assunzioni e impegnarsi affinché si ragioni di assunzioni anche per il futuro, visto che dall’analisi dei fabbisogni delle aziende ospedaliere risulta esserci ancora bisogno di personale. Un altro tema fondamentale su cui continuare ad impegnarsi nei prossimi mesi è quello delle liste d’attesa, in quanto problema non solo sanitario ma anche sociale, che crea delle importanti disuguaglianze nell’accesso alle cure e, in alcuni casi, porta alla rinuncia delle stesse. E ancora, mobilitarsi affinché le risorse del PNRR vengano utilizzate non soltanto per l’edilizia sanitaria, ma anche per costruire un’offerta, pubblica, di medicina sul territorio. Per proseguire questo percorso bisognerà continuare ad agire su più fronti: da un lato con l’azione sindacale confederale, dall’altro rendendo diffusa la mobilitazione sui territori, in modo che i risultati raggiunti con gli accordi regionali vengano effettivamente messi in pratica nelle aziende ospedaliere.