Un conto sono le politiche di rientro dal debito, un altro le modifiche delle regole di finanza pubblica. Ecco alcune informazioni e utili avvertimenti sulle varie ipotesi di regole costituzionali in tema di pareggio di bilancio
Il problema del rientro del debito pubblico va tenuto distinto dalla questione della modifica della Costituzione per introdurvi nuove regole di finanza pubblica.
Il primo è un problema contingente, di natura congiunturale, da risolvere con disposizioni destinate ad avere un’efficacia limitata al tempo necessario a raggiungere l’obiettivo di riportare il debito pubblico entro il limite del 60% del Pil. La questione di nuove regole costituzionali di finanza pubblica va, invece, affrontata con regole tendenzialmente stabili (come sono quelle costituzionali) rivolte a impedire che, una volta completata l’operazione di risanamento della finanza pubblica, ci si possa ritrovare nuovamente in una situazione analoga all’attuale.
Per le regole da introdurre direttamente in Costituzione, quelle stabili e non congiunturali, ritengo non sia possibile trovare una parvenza di razionale giustificazione del divieto, che si ritrova in molte proposte di questi mesi, a ricorrere all’indebitamento. Del resto, proprio il principio di equità intergenerazionale che generalmente viene evocato per giustificare un divieto del genere, sta a dimostrare la necessità dell’indebitamento che, a certe condizioni, è in realtà l’unico modo per far pagare alle generazioni future la ricchezza che quelle precedenti hanno creato e lasciato loro (insomma: è banale constatare che i padri si indebitano per lasciare la casa ai figli). In realtà, una disciplina costituzionale, più che vietare l’indebitamento, dovrebbe sottoporlo a uno scrutinio di sostenibilità patrimoniale e finanziaria.
La sostenibilità patrimoniale andrebbe accertata valutando gli effetti che l’impiego delle risorse procurate con l’indebitamento è in grado di generare sullo stato patrimoniale della pubblica amministrazione, con l’avvertenza però che questo conto andrebbe definito superando le categorie proprietarie in modo da considerare come componenti del patrimonio non soltanto la ricchezza dell’amministrazione ma anche quella che l’amministrazione crea in capo alla collettività. Dietro la sostenibilità patrimoniale dell’indebitamento vi è l’equità intergenerazionale, che può essere garantita riservando a determinati impieghi le risorse reperite con l’indebitamento.
La sostenibilità finanziaria sta a indicare la capacità di fronteggiare le future spese di ammortamento senza dover ricorrere all’indebitamento: ma, per questo aspetto, non vi è concettualmente motivo di trattare tali spese diversamente da qualsiasi altra spesa pluriennale. E, a questo fine, vi è già in Costituzione l’obbligo della copertura finanziaria, che si riferisce anche alle spese destinate a gravare sugli esercizi successivi, e semmai si tratta di estenderlo anche al bilancio.
Quanto invece alle regole congiunturali, quelle relative al rientro del debito pubblico, si pongono due ordini di problemi: con quale tipo di atti stabilirle e quale contenuto dargli.
Relativamente agli atti, il vero problema riguarda la loro capacità di vincolare le leggi e il bilancio dello stato, perché nei riguardi di regioni ed enti locali l’ordinamento già riconosce al legislatore statale la potestà legislativa di coordinamento della finanza pubblica che può servire benissimo allo scopo. Per lo stato può valere, invece, la soluzione francese e spagnola di introdurre in Costituzione la previsione di una legge rinforzata che stabilisca le regole da seguire per il (e fino al) rientro del debito pubblico.
Le tecniche da utilizzare per ottenere questo rafforzamento potrebbero essere, in alternativa o congiuntamente: maggioranza qualificata per l’approvazione della legge (inferiore però ai 2/3 dei componenti ciascuna camera: si potrebbe pensare ai 3/5 o alla maggioranza assoluta); previsione, in Costituzione, che per l’abrogazione delle disposizioni di tale legge è necessaria una dichiarazione abrogativa espressa da parte del successivo legislatore.
Sul versante del contenuto di queste regole, bisogna ricordare che il percorso di rientro del debito pubblico era già stato tracciato dall’Unione europea. La ricetta era incentrata su due condizioni: realizzare tassi di crescita superiori ai tassi di interesse e avere saldi di finanza pubblica in avanzo primario; la condizione del differenziale dei due tassi avrebbe consentito di pagare gli interessi per il debito pregresso mediante l’aumento delle entrate prodotto dalla crescita economica; la condizione, invece, dell’avanzo primario avrebbe permesso di disporre di una eccedenza di risorse per rimborsare parte dei titoli in scadenza senza rinnovarli e per ridurre l’entità del debito complessivo, innestando così un meccanismo di riduzione della spesa per interessi e di ulteriore ridimensionamento geometrico del debito complessivo. Questa ricetta ha cessato di funzionare da quando i tassi di crescita sono risultati inferiori ai tassi di interesse.
A fronte di ciò e a seconda delle opzioni di teoria economica, o viene riproposta, rendendola praticabile, la ricetta di un tempo oppure la si corregge. La prima soluzione richiede di puntare sulla crescita, che proprio la riduzione della spesa pubblica potrebbe ostacolare o quanto meno non favorire. La seconda soluzione richiede di stabilire una regola, che prenda atto che ormai non si può più fare affidamento sulla crescita per pagare gli interessi del pregresso indebitamento: soluzione che potrebbe consistere nel prescrivere che con le entrate finali (quelle non da indebitamento) bisogna far fronte, oltre che a tutte le spese correnti e di investimento, anche a una parte di quelle necessarie al rimborso del debito in scadenza.
Ultimo problema quello dei controlli relativi alla osservanza di entrambi i tipi di regole, di quelle costituzionali e di quelle congiunturali stabilite da legge ordinaria a cui la Costituzione abbia riconosciuto maggiore forza giuridica. Penso non sia sufficiente prevedere, per ipotesi del genere, il ricorso in via principale alla Corte costituzionale, perché nel caso del bilancio serve a ben poco sanzionarne a posteriori l’incostituzionalità. È, invece, necessario operare in via preventiva e, a questo fine, mi sembra interessante la soluzione di rafforzare il controllo del presidente della repubblica e di prevedere, nel caso di rinvio per violazione di queste regole, la necessità di una maggioranza particolarmente qualificata per la riapprovazione delle leggi rinviate per violazione delle regole finanziarie. Una soluzione del genere trarrebbe giustificazione, non dal grado di gravità della illegittimità riscontrata, quanto piuttosto dalla incapacità degli strumenti ordinari di scongiurare il carattere irreversibile degli effetti da tale illegittimità.