Il neopresidente francese ha nominato primo ministro, Édouard Philippe, sindaco di Le Havre, membro del partito Les Républicains. E a Berlino ha incontrato Angela Merkel, promettendo grandi intese sulla riforma dell’Europa
Domenica scorsa Emmanuel Macron ha sostituito fisicamente Hollande all’Eliseo: secondo una liturgia ormai consolidata, è arrivato la mattina presto in macchina e ha riaccompagnato fuori dell’Eliseo Hollande, anche la moglie si era inerpicata nel fatale palazzo e un mucchio di notabili precedenti e attuali. Il congedo fra i due presidenti è stato ostentatamente cordiale. Subito dopo, Macron è andato – sempre secondo liturgia – a rendere omaggio in fondo ai Champs Élysées al milite ignoto, riaccendendo la fiamma e depositando i soliti fiori. Due sole le novità: Macron non si è mosso nell’abituale berlina ma in un poderoso mezzo militare, per sottolineare che ormai è lui a comandare le forze armate, e una pioggia battente lo ha bagnato come un pulcino. La gente gli ha fatto molta festa.
Sabato il suo movimento, ribattezzato La République en marche, aveva presentato la lista dei suoi
candidati alle elezioni legislative: sono però 428 nomi su 577 circoscrizioni. Quelli che mancano ancora saranno completati offrendo posti sopratutto al movimento di François Bayrou, il MoDem, che si era molto irritato per il poco spazio che era stato lasciato ai suoi. A partire dalla lista delle autocandidature (più di 16 mila), va riconosciuto che due promesse sono state mantenute: esattamente metà uomini e metà donne, assolutamente nessuno proveniente da cariche elettive precedenti. Il 95% ha una professione e non dovrà pensare a un’eventuale nomina politica come mezzo di sussistenza, i disoccupati sono due, gli studenti, uno, i pensionati, per definizione troppo vecchi, una bassissima percentuale. Entro martedi, la lista dovrà essere completata.
Lunedì sono avvenuti due passaggi essenziali. Macron ha preso il volo per Berlino dove ha incontrato Angela Merkel, promettendo grandi intese sulla riforma dell’Europa. E il nuovo presidente ha nominato il suo nuovo primo ministro, Édouard Philippe, sindaco di Le Havre, persona onesta e perbene, membro del partito Les Républicains, uno dei favoriti alla vigilia. Sarà lui a nominare il governo – bisognerà vedere se il suo governo avrà la stessa inflessione di centrodestra oppure no – e a presiedere alle elezioni legislative da adesso a metà giugno.
Quanto ai partiti, i Repubblicani medesimi hanno tenuto una loro riunione nazionale, tenendo le distanze da Macron ma manifestamente disponibili, mentre l’irritazione di Bayrou per essere stato escluso da una vera consultazione, quando era stato il solo a sostenere apertamente il movimento En Marche, sembra rientrata.
Il Fronte Nazionale continua a dividersi: anche l’uomo forte di Marine Le Pen, Florient Philippot, si è dimesso perché in disaccordo con il rinvio a tempi indefiniti concesso da Le Pen al responsabile di Debout La France, Nicolas Dupont-Aignan. Non è ancora detto se si riunirà con la giovane Marion Maréchal Le Pen, che sembra volersi dedicare per qualche anno alla figlioletta. A sinistra non si è risanata la rottura fra Jean-Luc Mélenchon e il Pcf: correranno divisi nella quarta circoscrizione di Marsiglia. Mélenchon appare più aggressivo che mai.
C’è da riflettere sul peso che questa elezione francese avrà in Europa: è in certa misura la
risposta a alcuni temi messi in agenda dai “populisti”, dando spazio all’esigenza di rinnovamento mostrata dall’incompatibilità fra le nuove leve di La République en marche, perlopiù molto giovani, e le vecchie baronie della politica francese.
Leggi qui le puntate precedenti
Cronache francesi/Macron e i suoi volti nuovi
Cronache francesi/Un terremoto politico