Bene che il governo Draghi voglia spostare le grandi navi da crociera fuori dalla laguna, ma è ambiguo prevedere due terminal provvisori vicino al Polo chimico con passaggio da Malamocco. Inutile poi il concorso d’idee, l’alternativa valida c’è già: al Lido.
Il nuovo governo conferma che le grandi navi da crociera devono rimanere fuori della laguna di Venezia. Una saggia decisione, anche se arriva con colpevole ritardo accumulato e speriamo possa interrompere quello che è successo negli ultimi anni durante i governi Renzi, Gentiloni, Conte 1 e Conte 2, quando normative e procedure di legge sono state sistematicamente disattese e aggirate per perseguire invece una serie di scelte sbagliate. La decisione ultima del governo coglie le ragioni delle mobilitazioni del Comitato No Grandi Navi
Una dichiarazione, quella delle grandi navi crociera fuori della laguna, che va collocata in una azione complessiva di salvaguardia di Venezia e della sua laguna, tema nutrito da un corposo bagaglio legislativo speciale ( ….“ la salvaguardia di Venezia e della sua laguna è problema di preminente interesse nazionale”, è sempre stato ripetuto) caratterizzata da provvedimenti funzionali e sempre strettamente connessi tra loro, volti alla difesa della città dalle acque alte, alla tutela dell’ecosistema lagunare e allo sviluppo della portualità (sia commerciale che crocieristica). Una salvaguardia ampiamente dibattuta che ha sempre usufruito di ingenti risorse finanziarie nazionali : oltre 12.000 milioni di euro nel corso degli anni, anche se non sempre ha avuto una classe politica capace di raggiungere gli obiettivi attesi (il Mose ne è la drammatica dimostrazione).
Questa ultima dichiarazione governativa di intenti viene resa però problematica da una contemporanea dichiarazione congiunta che, in attesa di individuare la giusta soluzione definitiva fuori della laguna, prevede una fase transitoria con terminali collocati sulle sponde della zona industriale di Porto Marghera e quindi con l’ingresso in laguna attraverso la bocca di Malamocco.
Se con la soluzione “fuori della laguna” si prende finalmente atto, come da sempre sostenuto dal Comitato No Grandi Navi, che la stazza e le dimensioni di questo tipo di navi da crociera recano danni all’ecosistema lagunare, appare quanto mai contraddittorio, e da respingere, qualsiasi possibile tracciato all’interno della laguna, quali quelli che si vorrebbero prospettare.
Uno o più terminal a Marghera, seppur dichiarati provvisori, comportano un percorso attraverso la bocca di Malamocco per cui:
-si mette a rischio il già delicato equilibrio idrodinamico e morfodinamico della laguna, con scavi e movimentazione di milioni di metri cubi di fanghi per lo più inquinati;
– si determina una commistione di traffici diversi che penalizzano il porto commerciale;
– l’ubicazione degli attracchi in piena zona industriale, in un’area di crisi complessa, con un cambio di destinazione d’uso da industriale manifatturiero a turistico ricettivo insidia lo sviluppo di nuove attività industriali innovative e compatibili con l’ambiente, causando un effetto destabilizzante che rivela la reale fattibilità dell’operazione, che è di mera speculazione immobiliare, volta a innestare incrementi di valore delle aree private in prossimità dei terminal;
– non è garantita la sicurezza della navigazione in un canale confinato lungo 20 chilometri a senso unico tutto interno alla laguna esposto anche a venti la cui intensità fa venir meno i parametri di sicura operatività portuale (e qui per capire i rischi basta aver imparato dall’effetto Suez );
– la collocazione dei terminal provvisori comporta l’attraversamento del Polo chimico di Porto Marghera, dichiarato sito a rischio di incidenti rilevanti
– il traffico è condizionato dalle chiusure del Mose, la cui aumentata frequenza è dimostrata dai sempre più numerosi eventi di alta marea dei mesi scorsi.
In apparenza, per gli estensori della proposta dei terminal provvisori a Porto Marghera via bocca di Malamocco si risolverebbe così quella parte della criticità che le grandi navi da crociera presentano quando passano per il bacino di San Marco. La loro enorme dimensione, fuori scala rispetto al contesto urbano, rivela una presenza incompatibile, evidenziata dai tanti fotogrammi che hanno fatto il giro del mondo e che tanto appassionano stampa e opinione pubblica mondiale. Si può così ottemperare all’esigenza di una corretta applicazione dei nostri codici paesaggistici vietando il passaggio delle grandi navi da crociera attraverso il bacino di San Marco ed il canale della Giudecca. Una doverosa attenzione verso il nostro patrimonio culturale, paesaggistico ed ambientale, che però va estesa a tutta la laguna .
E’ una visione riduttiva della salvaguardia, quella che si rivolge solo a San Marco e al canale della Giudecca, perché così rimarrebbe irrisolta la criticità principale che il transito in laguna delle grandi navi crociera comporta: il “dislocamento”, cioè quello spostamento di masse d’acqua le cui energie generate creano rilevanti sollecitazioni sui marginamenti (fondali, scarpate, bassifondi) provocando la sospensione dei sedimenti che le correnti di marea espellono in mare alimentando ed aggravando il processo erosivo della laguna sconvolgendone la morfologia e l’idrodinamica . Un fenomeno che sussiste anche se le grandi navi da crociera non dovessero più passare per il bacino di San Marco e il canale della Giudecca. Con questi transiti interni alla laguna non solo non si contribuisce ad arrestare il fenomeno erosivo, che è un imperativo della legislazione speciale per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna , ma si contribuisce ad incrementarlo.
Un altro equivoco emerso dalle ambigue parole che vengono dalla compagine governativa è quello relativo alla volontà di indire un bando internazionale di idee (di cui peraltro non vengono indicati termini temporali e contenuti) per l’individuazione della soluzione definitiva. Una simile intenzione può rivelarsi una inutile perdita di tempo e di denaro dal momento che per un tale bando così enunciato non vi è nella legislazione italiana nessun dispositivo che lo autorizzi e lo regoli.
Infine questo castello di enunciati, oltre a costituire manovre dilatorie e inconcludenti , soprattutto mistificatorie nei confronti dei lavoratori del settore, non tiene conto di un elemento fondamentale, che alle condizioni date può essere risolutivo della annosa questione delle grandi navi da crociera a Venezia: nell’ambito degli iter procedurali e degli atti amministrativi svolti in questi anni esiste un progetto per un nuovo terminal crocieristico alla bocca di porto del Lido, fuori della laguna, che ha ottenuto la Valutazione di impatto ambientale positiva, a differenza di altri progetti che non sono stati ritenuti idonei. Un nuovo terminal crocieristico del tutto compatibile con le esigenze di salvaguardia e di tutela ambientale, che non interferisce con il traffico commerciale, né con il Mose, a distanza di sicurezza dai centri abitati, utilizza la marittima come home port, è realizzabile in tempi certi e brevi, conferma la piena occupazione e fornisce garanzie di sicura permanenza a Venezia della crocieristica senza limiti di stazza alle stesse compagnie di crociera.
Oggi anche la questione delle grandi navi da crociera, con la sua possibile soluzione immediatamente praticabile, va ormai inquadrata nella consapevolezza che Venezia, con o senza pandemia, con o senza Recovery fund, con l’innalzamento del livello del mare e il degrado della laguna, con il declino sempre più accelerato della popolazione residente, rischia l’estinzione fisica e sociale. E il raggiungimento dell’obiettivo, quale quello che si otterrebbe con le grandi navi da crociera fuori della laguna, per quanto piccolo nel contesto in cui operiamo, può rappresentare un’inversione di tendenza. Purché si affranchi da quei condizionamenti, dettati da logiche di mercato e tornaconti privatistici, che ne hanno finora impedito la realizzazione travisando la realtà e perdendo tempo prezioso.
*Associazione Ambiente Venezia
28 marzo 2021