Cosa tendiamo a non vedere, tutti presi dai bollettini della Protezione civile. La rivolta delle carceri e i 13 morti di Modena. I senza casa, i poveri soli, i migranti ricacciati in strada dai decreti Sicurezza. Le intrusioni nella privacy per monitorare il coprifuoco. E i suoi rischi.
La rivolta nelle carceri dell’11 marzo ha portato a 13 morti nella prigione di Modena. Per i primi tre si è letto di detenuti “stranieri” uccisi per l’abuso del Metadone conservato nell’infermeria. Per gli altri niente, ecco un tipico caso d'”informazione non pervenuta”. Ne hanno scritto Il Dubbio, le pubblicazioni anarchiche. Queste ultime hanno riesumato l’uccisione di sette scioperanti 100 anni fa in Piazza Grande e sei operai alle ex Fonderie nel 1950. Poi soltanto Enrico Deaglio (“Chi si ricorderà dei morti di Modena”) alla pagina 146 del Venerdì del 20 marzo. Nella tempesta di Coronavirus, il dramma delle persone serrate nelle celle, senza collegamenti con le famiglie, che ha causato la sollevazione e perfino la fuga in massa, è stato discusso da Luigi Manconi e da Mauro Palma che proponevano un indulto – previsto dalla legge – per l’ultima parte della detenzione per ridurre, almeno in parte, l’affollamento.
Qualcuno, nei giorni, si è anche ricordato del numero, dieci volte maggiore, delle persone – immigrate o meno – obbligate senza colpa alla strada. Per loro l’ordine “state a casa”, appariva quanto meno ironico. “Ci auguriamo – hanno scritto Fabrizio Barca e Cristiano Gori – che …. della protezione degli anziani soli e poveri, dei senza fissa dimora, delle donne vittime di tratta, dei migranti ricacciati in condizioni di invisibilità dai ‘decreti insicurezza’ si discuta in Parlamento e nel paese in queste ore”. Sono le righe finali di un testo “Una protezione sociale per tutti a misura delle persone” apparso su L’Espresso di domenica 20 marzo, in tema di lavoro, salario, vita. Il passo riguardava centinaia di migliaia di persone che erano coinvolte nella contraddizione insanabile tra le due leggi fondamentali del periodo: “Prima gli italiani” e “Tutti a casa”. Migliaia di persone in strada, e senza casa. Gran parte migranti, quindi da accudire dopo o forse mai.
Coronavirus, stolto e violento, afferma di non fare differenze tra ricchi e poveri, uomini e donne, italiani e no, lavoratori e disoccupati, giovani e diversamente giovani. Invece sceglie. Fa vere e proprie alleanze con una parte del suo pubblico contro l’altra. Siccome è maligno, ci fa anche litigare, per esempio tra padroni e operai, come si vede in queste ore. Si serve della paura collettiva per ottenere che ci sia chi compra e chi vende, chi guadagna e chi perde, chi si occupa degli altri e chi li deruba, chi governa e chi subisce. Quanto durerà il coprifuoco? Sarà possibile cambiare il tempo, all’arrivo dell’ora legale? L’ora legale, l’ora della democrazia, dell’uguaglianza e della libertà, è quella che deve essere ripristinata, anche se il pericolo è piuttosto che resti a lungo l’ora del Coronavirus.
Dai giornali abbiamo saputo che erano installate, in Lombardia, e agivano, celle telefoniche con il compito di controllare spostamenti di ogni persona. Come in Corea, come in Israele. Una misura esagerata – pensammo – in tempi normali. Ma la replica fu che questi non sono tempi normali. La tranquillità, la salute, la vita stessa di ognuno dipende da come si comportano tutti gli altri. La sicurezza collettiva è in gioco. Nello stesso periodo venimmo a sapere che molti cittadini accumulavano, in varie parti del mondo, carta igienica e armi. Per l’accumulo di carta igienica vi era per così dire solo il limite della legge di mercato – comprare, fin che si può, nella certezza di futuri prezzi maggiorati – mentre per le armi talvolta vi erano suggerimenti storici, come il famoso 2° emendamento Usa, (“essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero, una milizia ben regolamentata, il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non potrà essere infranta”); la recente versione italiana sulle armi: “sparare al ladro che scappa non è reato”, essendo assai meno epica.
Il controllo digitale informatico di spostamenti e localizzazioni della popolazione era certamente una conseguenza, negli anni, del desiderio di controllo degli abitanti, con l’uso, frequente, di telecamere, impiantate in misura crescente sulle pareti delle case. L’uso fu in un primo tempo quello di controllare manifestazioni e cortei di sindacati, di partiti, di movimenti; poi è rimasto e si è accentuato, collegandosi ad altri apparati digitali di controllo; era tutto talmente comodo!
Una frase ancora sull’acquisizione principale, indispensabile (la carta da culo) nell’epoca ignota che si apre per la popolazione e che potrebbe durare indefinitamente e sulla sicurezza armata che la garantisce. Essa riflette la roba che si ritiene strettamente necessaria per sopravvivere e la dichiarazione di volerla difendere con ogni mezzo. Attenzione chi può! O, come si diceva una volta: Achtung Banditen!