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Contro la secessione dei ricchi

Da metà luglio prende il via la raccolta di firme per il referendum contro l’autonomia differenziata. Ci sarà tempo fino al 30 settembre per raccoglierne almeno 500 mila, a meno che 5 Regioni non appoggino il quesito, che deve comunque passare il vaglio dell’Alta Corte. La strada è in salita, ma la posta in gioco […]

Cancelliamo l’autonomia differenziata

Lo scorso 5 luglio 34 esponenti di associazioni (in gran parte della Via Maestra), partiti, sindacati e molte personalità hanno depositato in Corte di Cassazione il quesito per l’abrogazione della legge sull’autonomia differenziata, approvata in via definitiva dal Parlamento nel mese di giugno. Ha aderito anche la Campagna Sbilanciamoci.

Inizia ora un percorso che si prospetta arduo e impegnativo: bisogna consegnare le firme (almeno 500mila) entro il prossimo 30 settembre. Gran parte del lavoro di raccolta si concentrerà tra la seconda metà di luglio e la prima parte del mese di settembre. Sarà un lavoro capillare e diffuso che dovrà convincere i cittadini e le cittadine della gravità di una legge che spaccherà l’Italia in due, ridurrà i diritti dei cittadini, favorirà istanze secessioniste e separatiste.

Non è detto che – una volta raccolte le firme – il quesito referendario passi il vaglio della Corte Costituzionale. Il governo, con una discreta furbizia, ha infatti reso il provvedimento un “collegato” alla legge di bilancio e le materie di spesa pubblica non possono essere oggetto di referendum. Una strategia alquanto stupida, poiché nella legge si dice che le norme si attuano ad “invarianza finanziaria”. Un’altra possibilità che il quesito venga respinto dalla Corte deriverebbe dal fatto che si tratta di una legge di attuazione costituzionale. Ma non è così, tanto è vero che intese tra il governo le Regioni si possono fare sui medesimi temi, senza bisogno di una legge. Sta di fatto che prima di dicembre saranno sostituiti 4 giudici della Corte, eletti dal Parlamento, da una maggioranza di centrodestra.

La strada è dunque in salita e l’esito è quantomeno incerto. Nonostante ciò si tratta di una scommessa che è giusto accettare, perché la posta in gioco è troppo alta. E comunque ne vale la pena, non fosse altro perché questo permetterà di promuovere una campagna diffusa di sensibilizzazione e di informazione dell’opinione pubblica. Dietro l’astrusa formula dell’autonomia differenziata dobbiamo essere capaci di tradurre in molto più semplice le conseguenze: in molte Regioni i bambini non avranno il tempo pieno, in altre sì; da alcune Regioni i malati dovranno trasferirsi (come già succede) per le cure nelle Regioni più ricche; ci saranno meno asili nido in gran parte d’Italia; in alcune Regioni maestri e maestre saranno pagati di più, in altre di meno. Dietro la formula asettica dell’autonomia differenziata si nasconde un peggioramento delle condizioni materiali e sociali del Paese. Ecco perché è necessario mobilitarsi e raccogliere le firme per il referendum abrogativo.