La filiera del fair trade, e l’analisi del suo ruolo negli scambi mondiali e nella redistribuzione internazionale della ricchezza. Un libro di Elena Viganò
Il commercio equo e solidale (CEES) è divenuto, in questi ultimi anni, un argomento di studio e di dibattito non solo fra gli addetti ai lavori, ma anche a livello accademico. In quest’ultima categoria possiamo collocare il volume recentemente pubblicato da Elena Viganò (“Che cos’è il commercio equo e solidale”, Carrocci 2008) che illustra in modo esaustivo e accessibile le problematiche del commercio equo e solidale, con particolare riferimento alla realtà italiana ed europea. Il volume risponde, in primo luogo, alla domanda ricorrente circa il concetto di commercio equo e solidale, specificando che si tratta di “una particolare forma di relazione di scambio, nata con l’obiettivo prioritario di offrire reali possibilità di sviluppo a produttori svantaggiati, operanti nei paesi poveri del mondo, che hanno difficoltà di accedere ai circuiti del commercio internazione”. Definito il concetto, l’autrice introduce i principi fondamentali di questa particolare relazione commerciale e ne delinea la sua evoluzione storica a partire dagli anni cinquanta fino ad oggi, identificando le diverse ideologie che, nel corso del tempo, lo hanno caratterizzato e illustrando la differenziazione contemporanea delle sue tipologie di filiera: il circuito delle Botteghe del Mondo (BDM) e il circuito dei marchi di certificazione.
In una più vasta analisi del commercio internazionale, Elena Viganò delinea l’evoluzione delle teorie economiche, dagli economisti classici fino ai modelli elaborati a partire dagli anni sessanta che hanno approfondito il rapporto tra multinazionali e libero mercato nel processo di globalizzazione. L’autrice studia le asimmetrie prodotte dall’economia e dal commercio internazionale in riferimento alle crescenti disuguaglianze tra le aree ricche del mondo e i paesi in via di sviluppo. In un’ottica di cooperazione allo sviluppo, evidenzia la necessità di interventi finanziari di tipo locale e internazionale da parte delle istituzioni, l’urgenza di rivedere le attività del Wto all’interno delle dinamiche internazionali della liberalizzazione dei mercati e la possibilità di sostenere politiche globali che tutelino democraticamente il lavoro, l’ambiente e i diritti dei lavoratori nei paesi più poveri. Nel quadro definito dall’autrice, il CEES anche se circoscritto a realtà relativamente marginali, si posiziona all’interno del commercio internazionale come un meccanismo di più equa distribuzione della ricchezza. Infatti, grazie a strumenti quali, ad esempio, il prezzo minimo garantito dei prodotti, il rapporto diretto tra produttori e importatori, il prefinanziamento e il fair trade premium (che finanzia progetti di sviluppo nei paesi produttori), il commercio equo determina un sostanziale miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori dei paesi in via di sviluppo. Nei confronti dei destinatari, la diffusione di informazioni contribuisce notevolmente ad un avvicinamento da parte di consumatori sensibili ai temi della sostenibilità e del consumo responsabile; inoltre, il rispetto di standard sociali e ambientali, come prerogativa della produzione equa e solidale, garantisce un’alta qualità dei prodotti della filiera.
Definite le potenzialità della partnership commerciale all’interno delle dinamiche dell’economia internazionale, il testo presenta una panoramica delle principali centrali d’importazioni europee e italiane, approfondisce l’analisi delle maggiori BDM italiane e dei marchi di certificazione, delineandone i tratti storici che hanno portato alla fondazione di Fairtrade Labelling Organization, a livello internazionale e del Consorzio Fairtrade TransFair Italia, a livello nazionale. Qui si inserisce il ruolo delle organizzazioni nazionali ed internazionali di coordinamento del CEES e le attività di advocacy e lobbying che esse svolgono nei confronti delle istituzioni, nonché di sensibilizzazione dell’opinione pubblica verso comportamenti di consumo etico a sostegno dei paesi produttori.
L’autrice sostiene, inoltre, che, in un processo di sviluppo, è importante che il CEES miri a potenziare il mercato interno dei paesi più svantaggiati attraverso la creazione di una rete locale di BDM, ma allo stesso tempo incrementi le esportazioni rafforzando le relazioni con le centrali d’importazione. In termini di rafforzamento, spiega Elena Viganò, anche le BDM dei paesi importatori necessitano di un processo continuo di aggiornamento al fine di potenziare il loro ruolo all’interno della filiera equa e solidale.
Dal lavoro dell’autrice emerge che, se da un lato le istituzioni hanno riconosciuto in gran parte la valenza di cooperazione allo sviluppo del CEES, dall’altro, quella che ancora risulta inattuata è una sensibilizzazione più ampia dei consumatori verso un consumo responsabile che coinvolga e supporti le realtà più povere del mondo. Se escludiamo, infatti, l’attività di diffusione informativa svolta dalle BDM, il CEES resta una realtà ancora in gran parte sconosciuta al vasto pubblico dei consumatori. L’informazione che passa attraverso i canali “alternativi” non soddisfa, a tutt’oggi, le esigenze del mercato equo e solidale, che richiederebbe un cambio di mentalità da parte dei consumatori ad orientarsi verso scelte di spesa responsabile. Una maggiore coesione tra le organizzazioni di coordinamento del CEES, così come lo sviluppo di relazioni stabili con le istituzioni potrebbero, ad esempio, definire un potenziamento delle attività di advocacy nelle scuole e di campagne di sensibilizzazione nelle piazze delle città.
E’ opportuno, inoltre, inquadrare il CEES in un contesto relativamente marginale rispetto al commercio internazionale, riconoscendogli si una valenza di cooperazione allo sviluppo dei paesi più poveri del mondo, ma non sopravvalutando le potenzialità di una partnership commerciale che, instaurando un rapporto diretto tra produttori ed importatori, si posiziona al di fuori delle regole egemoniche del mercato internazionale. A questo proposito sarebbe interessante approfondire lo studio dell’impatto del CEES sui paesi del sud del mondo, stimando, ad esempio, l’apporto effettivo del fair trade premium a progetti di sviluppo nei paesi produttori.
Nell’ottica di un’auspicabile divulgazione delle tematiche del CEES, il volume proposto da Elena Vigano si configura come un manuale sintetico ed efficace per tutti coloro che vogliano avvicinarsi alla realtà del commercio equo e solidale sia da un punto di vista sociale, come consumatori responsabili, sia da un punto di vista economico, come strumento di analisi.