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Il Codice appalti tra novità positive e arretramenti

Il nuovo testo approvato di recente ha complessivamente retto alla forza d’urto di chi voleva tornare ai vecchi sistemi, ma in diverse modifiche si leggono compromessi negativi ed arretramenti. Ecco quali, punto per punto

Il 20 maggio 2017 è entrato in funzione il Decreto correttivo ed integrativo del Codice Appalti vigente, con la pubblicazione del Dlgs 56/2017 sulla Gazzetta ufficiale n.103 del 5 maggio 2017.

E’ stata una lunga gestazione, perché dopo pochi mesi dalla entrata in vigore del nuovo codice appalti ad aprile 2016, sono partite subito le polemiche per aver causato il blocco degli appalti, di essere troppo complesso, di avere un regime transitorio troppo breve: imprese, sindacati, concessionarie ed Enti Locali hanno chiesto fin da subito robuste modifiche.

Il nuovo testo approvato di recente ha complessivamente retto alla forza d’urto di chi voleva tornare ai vecchi sistemi, ma in diverse modifiche si leggono compromessi negativi ed arretramenti. L’appalto integrato, il subappalto, i lavori delle concessionarie autostradali, massimo ribasso, i poteri di Anac, l’estensione del regime transitorio, gli strumenti di tutela, sono stati tra i temi più controversi e dibattuti. Vediamo dunque alcune tra le principali modifiche.

Appalto integrato e ripristino dei vecchi progetti

Il nuovo correttivo introduce diverse eccezioni al divieto assoluto del Codice 2016 di utilizzare l’appalto integrato, cioè progettazione ed esecuzione congiunta che aveva prodotto progetti di scarsa qualità, più funzionali agli interessi dei costruttori che all’interesse pubblico. Con le integrazioni odierne, frutto di un compromesso, si potrà mandare in gara il progetto definitivo negli appalti ad alto contenuto tecnologico, per i beni culturali, per le manutenzioni. Inserita nelle modifiche l’allungamento della fase transitoria: tutti i progetti definitivi approvati entro il 19 aprile 2016 vengono salvati. Il periodo nel quale si potrà fare la gara sarà di dodici mesi: la finestra per gli appalti integrati si chiuderà quindi il 20 maggio del 2018. Si tratta di un arretramento della norma e resta poi da vedere in concreto quali saranno i progetti tirati fuori dai cassetti che andranno in gara nei prossimi mesi.

Il subappalto resta al 30%

L’impresa che si aggiudica l’appalto non potrà subappaltare ad altre imprese più del 30% del valore del contratto, come già avveniva prima e le regole saranno fisse per tutte le gare. Per i lavori sopra la soglia comunitaria di 5,2 milioni di euro e per quelli a rischio infiltrazione (noli a caldo e movimenti terra) qualunque sia l’importo, interviene l’obbligo di indicare con l’offerta una terna di subappaltatori disponibili e qualificati a eseguire le opere. Sul subappalto vi è stato un lungo braccio di ferro con ANCE, l’associazione dei costruttori, che ha invocato la liberalizzazione totale del subappalto secondo le Direttive Europee ed i sindacati, contrari ad eliminare la quota del 30%. I pareri del Parlamenti ed il Governo hanno scelto giustamente di confermare la quota, anche se questa previsione è già nel mirino di Bruxelles.

Cresce il massimo ribasso, più inviti nella trattativa privata

Sale da uno a due milioni la soglia di utilizzo del criterio del massimo ribasso con esclusione delle offerte anomale per assegnare le opere. Per arrivare fino alla soglia massima, l’appalto andrà assegnato con “procedura ordinaria” e sulla base di un progetto esecutivo, senza possibilità di modifiche del progetto da parte delle imprese che dovranno limitarsi a eseguire i lavori. Per la trattativa privata, sale da 5 a 10 il numero minimo di imprese da invitare alle procedure negoziate per i lavori di importo compresi tra 40mila e 150mila euro. E a 15 per le opere comprese tra 150mila euro e un milione. Infine i siti da bonificare vengono eliminati tra quelli ammessi a trattativa privata, per evitare che si lascino marcire i problemi per poi intervenire “d’urgenza” senza gara.

Meno trasparenza sotto 40mila euro

Per gli appalti, incarichi e consulenze fino a 40 mila euro si cancella l’obbligo di motivare la scelta dell’affidamento diretto ed il suggerimento di richiedere almeno due preventivi, come previsto dalle recenti Linee Guida approvate dall’Anac, l’Autorità Anticorruzione. Invece come richiesto da Comuni e Regioni, il correttivo archivia la proposta di Cantone per questi incarichi fiduciari affidati direttamente dalle Pubblica Amministrazione.

Autostrade, un anno in più per la trasformazione delle concessioni in house

Per le concessioni autostradali scadute, ci sarà un anno in più per portare a termine gli eventuali affidamenti in house, che quindi arriva fino ad aprile 2019. Inoltre con l’articolo 178 arriva la normativa che consentirà al MIT di assegnare le concessioni autostradali in house ad altre amministrazioni, con il controllo analogo di un Comitato appositamente costituito: due norme certamente pensate per le concessionarie AutoBrennero SpA ed Autovie SpA.                                       Niente modifiche, dopo molte discussioni, per la percentuali di lavori che le concessionarie devono mettere a gara, che resta fissata all’80% mentre il restante 20% potrà essere realizzato con società in house. Ma va anche ricordato che questa previsione del Codice 2016 scatta ad aprile 2018 mentre ora la quota è ancora 60/40: c’è quindi ancora il tempo per modificare in peggio la norma come chiedono concessionari e sindacati.

Concessionari, si allentano i vincoli pubblici di controllo

Diversi articoli riferiti alle concessioni allentano il potere pubblico di intervento come nel caso dell’articolo 165 dove viene eliminata la previsione che se entro 12 mesi dalla firma del contratto non è perfezionato il contratto di finanziamento la concessione decade (il nuovo testo parla di 18 mesi e senza decadenza). O ancora all’articolo 176 dove vengono elencate le ragioni per la cessazione della concessione che si trasforma dal netto “cessa” in un più blando e discrezionale “può cessare” che aumenterà trattative e contenziosi. Infine si segnala sempre dell’articolo 176, il comma 5bis aggiuntivo di non chiara interpretazione e che ha il sapore di una proroga mascherata. Infatti si prevede che in caso di cessazione non dovuta ad inadempimenti del concessionario (per esempio una scadenza naturale) il concessionario ha “il diritto di proseguire nella gestione dell’opera, incassandone i ricavi da essa derivanti, sino all’effettivo pagamento delle suddette somme per il tramite del nuovo soggetto subentrante”.

Contributo pubblico al 49% nel project financing ai privati

Si tratta di un grave arretramento del correttivo con l’innalzamento dal 30% al 49% del tetto massimo per il contributo pubblico nelle opere finanziate con capitali privati. E’ una modifica che spazza via tutta la retorica sempre invocata che l’autofinanziamento è la soluzione per realizzare gli investimenti mentre in realtà si chiede sempre di più un robusto finanziamento pubblico, come conferma anche questa modifica del Codice. Pare molto critico del Consiglio di Stato su questa scelta perchè in contraddizione “con i criteri di ripartizione del rischio” mirati a ridurre “la compartecipazione pubblica” e perchè rivede in maniera radicale gli elementi che servono a pesare l’equilibrio economico finanziario della concessione.

Si riduce il potere di intervento per Anac, ma niente silenzio-assenzo

E’ la modifica a sorpresa che ha fatto sobbalzare Raffaele Cantone, perchè toglie il potere di “raccomandazione vincolante” di Anac. Infatti il correttivo cancella il comma 2 dell’articolo 211 del Dlgs 50/2016 sul precontenzioso, cioè la misura che autorizzava l’Anac a intervenire in tempo reale sulla gestione delle gare da parte delle stazioni appaltanti, intimando ai funzionari di correggere in corsa gli atti o le procedure giudicate illegittime, pena la minaccia di sanzioni fino a 25mila euro. Dopo le proteste di Cantone e le rassicurazioni del Presidente del Consiglio Gentiloni, la misura è stata recuperata, sia pure modificata nella direzione indicata dal Consiglio di Stato nel suo parere, con un emendamento alla “manovrina” all’esame del Parlamento. Il nuovo testo concordato con Cantone prevede che se Anac riscontra vizi ed illegittimità potrà richiamare la stazione appaltante ad adeguarsi al rispetto delle norme. Se si rifiuta allora Anac potrà ricorrere entro i 30 giorni successivi   al giudice amministrativo che decide nel merito. Quindi Anac perde dei poteri ma si rientra più coerentemente nell’alveo del nostro sistema giuridico, come aveva anche richiesto il Consiglio di Stato nel suo parere.

Nel correttivo si elimina anche la norma che imponeva all’Autorità Anticorruzione di rispondere in trenta giorni alla richiesta di parere sulle varianti, facendo scattare, in caso contrario, una sorta di silenzio-assenso. Una precisa richiesta di Cantone, «perché la valutazione delle varianti prevede un esame molto complesso che presuppone peraltro una conoscenza approfondita del progetto». Per evitare una valanga di pareri positivi tramite silenzio assenso, il correttivo cancella questa previsione ed elimina ogni vincolo per i tempi di risposta.

Si estende il giro di vite sugli arbitrati

Si allarga in modo significativo la stretta sui compensi degli arbitri. Il correttivo ha imposto di applicare a tutti i nuovi arbitrati le regole più stringenti su nomine e compensi previste dal Codice 2016, senza scappatoie e colmando l’incertezza lasciata dalla prima versione del testo. Basterà che la procedura sia iniziata dopo l’entrata in vigore del Codice, anche se i relativi appalti sono stati banditi prima.

Costi trasparenti per manodopera e sicurezza

Più chiarezza tra costi della sicurezza e costi della manodopera: il correttivo punta a distinguere in maniera chiara la definizione dei due importi. Nei contratti di lavori e servizi la stazione appaltante, nel momento in cui determina l’importo posto a base d’asta, individua nel progetto i costi della manodopera. I costi della sicurezza saranno trattati a parte e dovranno essere scorporati dal costo complessivo. La distinzione è significativa perchè i costi della sicurezza non sono assoggettati, come è giusto, al ribasso d’asta.

Il General Contractor si applica per opere superiori a 100 milioni

L’istituto del General Contractor resta nel codice appalti ma avrà un ambito di azione ancora più limitato che in passato. Secondo la modifica decisa per l’articolo 195, le stazioni appaltanti non potranno più procedere ad affidamenti a contraente generale per contratti il cui importo non sia almeno pari o superiore alla somma di 100 milioni di euro, quindi solo le grandi opere. Modifica rilevante anche sull’albo dei collaudatori, che sarà tenuto dal MIT, che sarà l’unica strada per partecipare agli appalti affidati tramite contraente generale con il ruolo di collaudatore o direttore lavori. Nel decreto che regola l’albo andranno definiti anche «specifici requisiti di moralità, di competenza e di professionalità» dei professionisti che accedono agli elenchi. Norme giuste ovviamente anche se poi abbiamo visto che la corruzione si può annidare ovunque, purtroppo, Ministeri inclusi.

Modifiche peggiorative sulle procedure di tutela dei progetti
Nel Decreto Correttivo sono contenute tre modifiche sui progetti e le procedure di tutela: si stabilisce (art.27, comma 1bis) che anche in caso di annullamento, revoca o ritiro di un progetto, restano sempre valide le autorizzazione ottenute per la durata di cinque anni. Evidentemente c’è sempre qualche vecchio progetto sbagliato da ritirare fuori dai cassetti.
Secondo, all’art. 216 sul regime transitorio si stabilisce, come già aveva fatto con un parere ANAC, che le infrastrutture strategiche di cui è avviata la procedura di VIA alla data di entrata in funzione del Codice (19 aprile 2016) dovranno concludersi con le procedure semplificate della legge Obiettivo. La terza modifica riguarda la verifica dell’interesse archeologico (art.25) in cui viene inserito un nuovo decreto da emanare per ottenere speditezza ed efficacia e per applicare procedimenti semplificati e dai tempi certi“ che garantiscono la tutela del patrimonio archeologico tenendo conto dell’interesse pubblico sotteso alla realizzazione dell’opera”. Pessima definizione perché sembra di capire che tutelare il nostro patrimonio archeologico non equivalga a fare l’interesse pubblico! Inoltre nel medesimo articolo è modificato il comma 15 in cui si invoca l’applicazione del regolamento Madia di semplificazione per le grandi opere, che in pratica è una nuova Legge Obiettivo, ed è l’opposto di tutta la strategia annunciata dal Ministro Delrio per opere “utili, snelle e condivise”.

Infrastrutture: programmazione delle opere, progettazione e dibattito pubblico                                                                        

Ed a proposito del superamento reale della Legge obiettivo resta confermato l’impianto del Codice 2016 (articoli 200-203) con la previsione di strumenti di revisione dei progetti, ricognizione e presentazione del Documento Pluriennale di Programmazione con gli interventi da realizzare, aggiornamento del Piano generale dei Trasporti e della Logistica, la gestione del regime transitorio. In riferimento a questo, il primo DPP è stato modificato dal correttivo e potrà essere presentato senza tutta la procedura di proposta di intervento da parte di Regioni ed Enti Locali e dovrà essere riferito a tutte le opere strategiche e non solo a quelle trasporti: questo perché il problema al MIT ed alla Struttura Tecnica di Missione è selezionare dalla sterminata lista e Obblighi Giuridicamente Vincolanti (OGV) della Legge Obiettivo, selezionando e facendo pulizia. Già l’Allegato Infrastrutture al DEF 2017 ha anticipato la strategia ma serve la presentazione del primo DPP che doveva già essere presentato ad aprile 2017, per superare davvero la Legge obiettivo.

Novità del correttivo anche sui livelli di progettazione (art.23) dove si prevede che il Progetto di fattibilità possa essere articolato in due fasi, ma ai soli fini di Programmazione del Piano Triennale, del Dibattimento Pubblico e dei Concorsi di Progettazione. Viene aggiunta la necessità di indicare le possibili soluzioni alternative progettuali sulla base di indicatori ambientali, economici, tecnici, di impatto sul consumo di suolo e la tutela del patrimonio, che dovranno far parte dello Progetto di fattibilità e poste alla discussione del Dibattimento Pubblico (art.22). Sul DP viene istituito un monitoraggio al MIT su tutte le esperienze effettuate.   Ma comunque su DP e sui livelli di Progettazione servono i decreti e regolamenti attuativi che inoltre si dovranno raccordare con la procedura di VAS e di VIA. Valutazione di impatto ambientale di cui è in corso il recepimento della nuova Direttiva che si spera – dopo le proteste delle Associazioni ambientaliste ed i pareri del Parlamento – venga applicata adeguatamente sul progetto definitivo.

Salgono a 60 i provvedimenti attuativi del Codice                                                                                     

Infine va ricordato che per attuare il Codice Appalti – sia per il testo del 2016 e sia per le correzioni 2017 – servono 60 provvedimenti attuativi di varie istituzioni (ANAC, MIT, CSLP, Ministero Ambiente..). Di questi ne sono stati adottati 12 ma alcuni andranno già modificati alla luce del nuovo Decreto Legislativo correttivo Dlgs 56/2017. Un numero eccessivo, che pregiudica la funzionalità ed efficacia della nuove norme, ha scritto nel proprio parere il Consiglio di Stato.

Già sono partite discussioni ed interpretazioni su punti specifici, chiarimenti sul testo, difficoltà applicative: del resto sono abbastanza fisiologiche data la complessità ed estensione delle norme. Il lavoro quindi continua e sarà ancora lungo per ottenere una normativa efficiente a tutela della concorrenza e della trasparenza nel nostro Paese.