In Cile il cambiamento della Costituzione voluta da Pinochet è stato approvato con il 78% dei voti. Frutto di un movimento plurale e unitario che ha messo in ginocchio il governo Piñera. Come in Bolivia la settimana prima.
Le lotte ebbero inizio all’insegna dell’unità: «Solo unendo le nostre volontà, possiamo essere in grado di costruire un presente e un futuro migliore, sconfiggendo la disperazione e la frustrazione, recuperando tutta la fiducia e le forze necessarie per conquistare i diritti che oggi ci vengono negati». A questo appello aderirono nell’agosto 2019 più di 50 associazioni: sindacati – per prima la Central Unitaria de Trabajadores cilena (CUT) – studenti, ambientalisti, movimenti indigeni (https://volerelaluna.it/mondo/2019/10/28/un-altro-cile-e-possibile-noi-siamo-stanchi-ci-uniamo/). Ancora una volta in difesa dell’acqua pubblica, del riconoscimento dei popoli indigeni e delle diversità sessuali LGTBI, assieme ai movimenti per un sistema pubblico universale di sicurezza sociale contro le AFP (Amministrazioni dei Fondi Privati di Pensioni) e per una educazione pubblica di qualità; in generale per il cambiamento del sistema economico, sociale e ambientale (https://volerelaluna.it/rimbalzi/2019/10/25/noi-giovani-cileni-niente-da-perdere-i-carri-armati-non-ci-fermeranno/).Sin dal primo giorno facevano parte del movimento le tre associazioni dei desaparecidos, dei detenuti e degli assassinati sotto la dittatura militare di Pinochet. Le donne entrarono portando tutte le loro specificità e la loro determinazione come si è visto nello svolgimento delle lotte. Nacque Unidad Social.
C’era in tutti la diffusa consapevolezza che ogni avanzamento sociale era possibile solo cambiando la Costituzione voluta da Pinochet e dalla dittatura militare.
Ricordiamo con entusiasmo i notiziari dell’epoca che trasmettevano le voci del popolo cileno unito, coraggioso e determinato a non essere jamas vencido (mai sconfitto) così come la forza delle donne cilene nella canzone che è diventata virale in tutto il mondo Un violador en tu camino (“Uno stupratore in arrivo”), cantata per la prima volta dalle donne il 20 novembre 2019 davanti alla caserma dei Carabineros di Valparaiso. Eventi che hanno messo in ginocchio il governo Piñera, nonostante le violenze scatenate contro i dimostranti per reprimere le manifestazioni.
La manifestazione del 18 ottobre 2019 alla quale parteciparono più di un milione e mezzo di persone ha dato luogo in Cile al processo di rifondazione del paese a partire dall’obiettivo comune della necessità dell’abolizione di una Costituzione illegittima imposta nel 1980 da una delle dittature più feroci del continente latinoamericano come quella del generale Pinochet. Centinaia di assemblee e consigli autoconvocati per le delibere popolari portarono all’accordo con il governo per la Pace Sociale e la Nuova Costituzione del 15 di novembre dal quale hanno preso forma il Plebiscito e la Convenzione Costituzionale.
Il popolo cileno ha dato abbondante prova del potere costituente forgiato in duri anni contrassegnati da profonde ingiustizie e abissi sociali, richiedendo i cambiamenti strutturali necessari per rafforzare la democrazia e lo Stato di diritto.
L’ideologo principale della costituzione di Pinochet, Jaime Guzman, dichiarò che questa doveva assicurare per il futuro un margine ridotto per cambiamenti a qualunque governo. In pratica egli stesso riconobbe apertamente che doveva essere come una prigione per la democrazia. Effettivamente la Costituzione cilena nega il carattere multiculturale del paese e introduce gravi limitazioni alla libertà sindacale e alla negoziazione collettiva, così come cancella il diritto di sciopero ai lavoratori del settore pubblico e riduce una serie di diritti come quello universale alla protezione sociale. Le stesse funzioni del Parlamento vennero profondamente limitate rendendo pressoché impossibile legiferare su questioni importanti, prima di tutto per cambiare le norme costituzionali. Il Cile ritornava ad avere un Parlamento ma la sua attività legislativa era imbrigliata.
Solo sotto la spinta delle lotte sociali e delle proposte via via elaborate per un programma plurale e unitario, il tema della riforma della Costituzione è diventato ineludibile e ad aprile di quest’anno il Parlamento ha deliberato di indire un plebiscito chiedendo agli elettori se dare vita o no a un’Assemblea Costituente per riscrivere la Costituzione. La pandemia ha fatto posticipare il plebiscito al 25 ottobre del 2020. Questo processo ha portato al trionfo del popolo che due giorni fa ha vinto il plebiscito per il cambio della Costituzione con la maggioranza impressionante del 78%. Su 7,5 milioni di votanti quasi sei milioni hanno barrato apruebo (il cambio). In Italia hanno votato 522 cileni e 421 (8l,8%) sono stati favorevoli al cambio.
Nella risposta al secondo quesito della consultazione referendaria, c’è stato anche un forte successo (83%) dell’opzione di eleggere una Convenzione costituzionale rispetto alla Convenzione mista: in altre parole, gli incaricati di redigere la Magna Carta – e porre fine a una delle eredità di Augusto Pinochet – dovranno essere 155 rappresentanti eletti dai cittadini, superando l’opzione di un’assemblea costituente composta da 86 parlamentari e solo da 86 cittadini eletti.
Questo è solo l’inizio di un processo molto importante perché è in campo un modello di democrazia partecipativa che, nonostante la pandemia, ha fatto convergere le forze popolari in una sola voce senza esclusione di nessuno e al di fuori dei vecchi schemi dei partiti politici. È un movimento che ha vinto la paura e la pandemia.
Il risultato di ieri in Cile e quello delle elezioni in Bolivia (https://volerelaluna.it/mondo/2020/10/22/bolivia-la-vittoria-piu-bella/) confermano ancora una volta che il continente latinoamericano può fare la differenza e ricostruire un nuovo ordine mondiale originato dal basso con l’affermazione di nuovi attori nello scenario: le donne, gli indigeni, i sindacati dei lavoratori e attraverso un inedito processo di unità sociale.
Pubblicato dal sito Volere la Luna con cui Sbilanciamoci.info ha un accordo di scambio.