Mare monstrum/La barriera di Ceuta e Melilla esemplifica molto bene l’approccio europeo di gestione dei flussi migratori: un approccio sicuritario e utilitarista
Il 6 febbraio scorso si è consumata l’ennesima strage nell’énclave di Ceuta, un territorio che assieme all’altra enclave, Melilla, si trova sulla costa mediterranea del Marocco. In seguito a un tentativo di massa di scavalcare il muro che separa i due stati, 15 migranti sono affogati mentre provavano ad aggirare il muro a nuoto. È più che probabile che la responsabilità di queste morti sia dovuta all’uso di fumogeni, di proiettili di gomma e a salve sparati dalla Guardia civil spagnola e dal fatto che il soccorso marittimo della città non ha ricevuto nessuna richiesta di intervento.
La barriera di Ceuta e Melilla è diventata negli ultimi anni uno dei principali punti di pressione da parte dell’immigrazione irregolare, soprattutto subsahariana, ed esemplifica molto bene l’approccio europeo di gestione dei flussi migratori: un approccio sicuritario e utilitarista.
In quest’ottica si devono leggere la richiesta di 45 milioni di euro che la Spagna ha inoltrato alla Commissione Europea per rafforzare ulteriormente il muro e il centro di accoglienza della città, le stime diffuse dal ministro degli Interni che parlavano di 80 mila persone in attesa di «assaltare» il muro (stime smentite dalle ong locali) e il rifiuto di aprire una commissione d’inchiesta indipendente per appurare le responsabilità della strage.
Sarebbe ingenuo pensare che l’operato del governo spagnolo sia stato una fatalità. Sono infatti numerose le decisioni che hanno peggiorato i diritti dei migranti, soprattutto di coloro senza permesso di soggiorno, il cui numero nel 2013 è stato stimato da Amnesty International in 870 mila persone.
Il Real Decreto 1192/2012, ribattezzato dell’ apartheid sanitario e giustificato con motivazioni di ordine economico, ha limitato l’accesso alla sanità dei migranti a pochi casi tra i quali le urgenze, le gravidanze, i parti e l’assistenza sanitaria ai minorenni. Il provvedimento ha prodotto il caos. Infatti la Sanità è una competenza delle regioni e non tutte hanno condiviso i contenuti del decreto: alcune lo hanno implementato alla lettera, altre con distinguo, altre si sono opposte. Tutto questo, accompagnato da una grande dose di disinformazione del personale della sanità, ha portato a una situazione di incertezza giuridica: a seconda degli ambulatori, gli immigrati senza documenti devono pagare o meno le prestazioni aggiuntive.
La Spagna è uno degli stati europei in cui le forze dell’ordine chiedono la documentazione con più frequenza e dove i pregiudizi razzisti purtroppo prendono il sopravvento. Secondo uno studio presentato lo scorso ottobre dall’Istituto per i diritti fondamentali dell’Universitá di Valencia, una persona immigrata ha quattro volte in più la probabilità di essere fermata per strada rispetto a un cittadino spagnolo.
Per coloro che si trovano in situazione irregolare e vengono identificati dalla polizia durante i controlli, si aprono le porte di uno degli otto centri d’internamento per stranieri (Cie), in attesa dell’espulsione. Contrariamente a quanto affermato dal governo, nei Cie vengono private della libertà soprattutto persone senza precedenti penali (uno studio del 2012 della Ong gesuita Pueblos Unidos su un campione del Cie di Madrid sono il 73%), colpevoli solo di non avere il permesso di soggiorno in regola. I Cie sono di fatto delle strutture di detenzione, ma a differenza di queste ultime non erano soggette ad un regolamento interno sino a qualche giorno fa. Ciò ha reso le condizioni di vita all’interno dei centri inumane e gli abusi innumerevoli, come del resto hanno documentato diverse associazioni ed è stato ribadito da Mutuma Ruteere, Relatore speciale delle Nazioni Unite per il razzismo durante la visita del gennaio del 2013.
Il futuro non lascia intravedere un’inversione di tendenza visto che le bozze della prossima riforma del codice penale contengono una norma che proibisce di dare ospitalità ai migranti senza documenti.