Il pasticcio su Cipro, gli scandali dei paradisi fiscali e Barroso ricandidato alla Commissione. L’Europa sta dando il peggio di sé: servono cento piazze d’Europa che chiedano di cambiare politiche
Mentre in Italia infuria la polemica su chi governerà e quando, ci sono tre eventi europei che meritano la nostra attenzione. Il primo è il “salvataggio” di Cipro e il modo dilettantesco e devastante con cui l’Eurogruppo – ma, nella percezione pubblica, l’Unione europea nel suo insieme – ha affrontato il problema. Non tanto perché l’idea di intervenire sui depositi in un paradiso fiscale con un sistema finanziario sovradimensionato e luogo di traffici poco chiari come Cipro fosse di per sé un errore, anzi. La garanzia dei depositi sotto i 100.000 euro e la risistemazione del sistema bancario sono state misure in fondo positive, mentre rimangono serissimi dubbi sulla sostenibilità di lungo periodo del debito pubblico cipriota e c’è il fondato rischio di finire in un circolo vizioso, recessione-aumento del debito come in Grecia. Il problema è che questi interventi si sono trasformati in una débâcle politica, che ha dato l’impressione ai cittadini europei dei paesi in crisi che l’Ue sia ancora una volta un cerbero senza cuore e, a quelli dei paesi più ricchi, che ancora una volta sia necessario mettere mano al portafoglio per i “fannulloni” del Sud.
La seconda notizia nasce con lo scandalo dei conti all’estero del ministro francese Carzhuac, le scoperte di patrimoni nascosti o dormienti alle isole Cayman, lo scandalo “Offshore leaks”. Non si può più perdere tempo sulla regolamentazione del sistema finanziario e lo smantellamento dei paradisi fiscali. Se non ci si è fatto nulla fino ad oggi, la responsabilità è della maggioranza conservatrice al Parlamento europeo e alla Commissione, e delle resistenze dei governi conservatori della maggior parte dei paesi Ue.
Dal 2008 il Parlamento europeo, a dispetto della sua maggioranza conservatrice, chiede nuove regole stringenti sulle banche, ma i risultati tardano a venire. La discussione si è fermata su tecnicismi e solo la questione del bonus milionari ai banchieri è riuscita a toccare l’opinione pubblica. Bersagliata dal moltiplicarsi dei “leaks” sugli scandali, dai ripetuti salvataggi delle banche, dalla difficoltà di ottenere credito quando le banche sono piene di depositi, l’opinione pubblica oscilla tra l’idea di essere di fronte a corrotti incorreggibili (come il ministro francese) e l’impossibilità di una soluzione senza uno sconvolgimento, dall’uscita dell’euro in giù. Il fatto è che non è una generica “Europa matrigna” che frena passi avanti contro evasori e banchieri, ma sono ben precise forze politiche: il blocco del Ppe, i liberali e gli euroscettici di ogni provenienza, oltre ad alcuni Stati membri – Germania, Finlandia, Olanda, Austria, Regno Unito e Lussemburgo in testa.
E arriviamo così alla terza notizia: l’annuncio che il Presidente della Commissione europea, il portoghese Barroso, potrebbe ricandidarsi per la terza volta. Sarebbe una vera iattura per l’Ue: Barroso è arrivato alla Presidenza perché la maggior parte dei governi nazionali (conservatori) non hanno voluto una Commissione forte, ma un debole e opportunista capo del loro segretariato. La Commissione di Barroso non ha difeso l’interesse europeo definito dal Trattato di Roma, è stata debole con i forti e arrogante con i deboli: il simbolo dell’Europa che non vogliamo.
Barroso ha demotivato i suoi funzionari, distrutto il progetto di una funzione pubblica europea competente, imparziale e snella, a vantaggio dell’occupazione di posti chiave da parte degli stati membri – dal servizio estero alle direzioni economiche e finanziarie.
Una Commissione ideologicamente spostata a destra, diventata con Olli Rehn l’ultimo baluardo della difesa dell’austerità a tutti i costi. Una Commissione che perde ogni giorno legittimità e sostegno pubblico e che non sa più difendere neanche le iniziative positive, dalla proposta di nuova Politica agricola comune del Commissario Ciolos alla bozza di bilancio pluriennale che proponeva un aumento e ridefinizione delle spese in parte positiva, ma che è stata abbandonata quando qualche settimana fa gli stati membri hanno proposto invece un taglio di decine di miliardi di euro riducendo per la prima volta nella storia il bilancio Ue ed esponendolo al rischio di deficit. Neppure il rifiuto del Parlamento europeo di accettare una simile proposta inutilmente recessiva ed economicamente controproducente ha convinto la Commissione di scendere in campo e dare battaglia.
Questi tre eventi ci impongono di agire, se vogliamo una finanza, un’economia e una società diversa, e un’Europa che sia parte della soluzione e non del problema. Nelle nostre riflessioni su come cambiare l’Italia e uscire dall’appiccicosa impasse nella quale ci troviamo, dobbiamo tener conto che la scommessa è anche cambiare gli equilibri in Europa. Le politiche sbagliate di fronte alla crisi finanziaria, le evasioni fiscali eccellenti, il potere indiscusso di Angela Merkel, il ruolo di Barroso e dell’incompetente neo-presidente dell’Eurogruppo sono tutte cose che possono cambiare.
Tra un anno ci saranno le elezioni europee, che saranno decisive per decidere il futuro dell’Ue. Di fronte alla crisi politica italiana Giulio Marcon – deputato indipendente di Sel – ha proposto su sbilanciamoci.info una mobilitazione di “cento piazze” [1]. Lo stesso dovremmo fare in Europa.
Le proposte per riformare radicalmente l’Ue ci sono: la fine dei paradisi fiscali, come ben spiegato dal ministro verde francese Pascal Canfin [2] e da Andrea Baranes della Campagna Sbilanciamoci [3]; la riforma del sistema finanziario, andando oltre le proposte approvate o in discussione a livello Ue [4], l’introduzione della Tassa sulle transazioni finanziarie, per la quale perfino la Commissione Barroso è oggi un alleato; un nuovo bilancio Ue, non di sterile austerità ma di appoggio a investimenti nella green economy, nelle tecnologie innovative e nei servizi alle persone. È necessario legare strettamente questi grandi temi alla battaglia sul governo in Italia e a quella su “un’altra Unione” in Europa. Perché, come ormai appare chiaro a chi sappia vedere al di là delle alchimie dei palazzi romani, l’Italia si salva solo se si cambia rotta in Europa.
Ci sono due cose da fare subito. La prima è sostenere con una campagna di opinione il Parlamento europeo nel suo sforzo di respingere il bilancio comunitario e trovare un accordo al “rialzo” con gli stati membri. La seconda è preparare – magari con cento iniziative nelle piazze d’Europa – la campagna elettorale del 2014 per il Parlamento europeo come una vera discussione comune sul futuro dell’Europa, a partire dalla definizione dei candidati e candidate alla Presidenza della Commissione europea. Si tratta di uscire da dibattiti esclusivamente nazionali e dalla trappola di una discussione su euro sì/euro no. I partiti europei si stanno attrezzando: i Verdi stanno pensando a primarie “on-line” su scala europea, sulla scia di quello che hanno già fatto i Verdi francesi e tedeschi per scegliere i loro candidati nazionali. Oggi in Italia e domani in Europa, la sfida è quella di “cambiare rotta”, con un nuovo protagonismo dei cittadini e un allargamento della democrazia.
[1] www.sbilanciamoci.info/Cento-piazze-per-cambiare-rotta-17557. La proposta è stata ripresa da Mario Pianta, www.sbilanciamoci.info/Sezioni/italie/La-politica-spaesata-l-economia-traslocata-17714 [2] www.liberation.fr/politiques/2013/04/05/pascal-canfin-les-paradis-fiscaux-sont-une-menace-pour-la-democratie_893909 [3] www.sbilanciamoci.info/Sezioni/capitali/Se-la-Troika-ascoltasse-la-Troika-17517 [4] La Ue è sulla via di un’unione bancaria, integrando vigilanza e sistema di garanzia dei depositi. Altre misure urgenti riguardano evasione fiscale, riciclaggio, i “paradisi fiscali” all’interno della Ue e il permanere della competizione fiscale. A medio termine è necessario insistere su strumenti per la mutualizzazione graduale del debito sovrano e un processo di convergenza delle politiche, mettendo tutti gli obiettive del programma Europa 2020 sullo stesso piano.