«Basta con il neoliberismo, le politiche dell’austerità e la subalternità ai mercati finanziari»: queste le direttrici del Forum marchigiano in contrapposizione al tradizionale workshop degli industriali
Il decimo forum di Sbilanciamoci! che si apre oggi a Capodarco di Fermo propone un «cambio di rotta»: basta con il neoliberismo, le politiche di austerity, la subalternità ai mercati finanziari, una politica economica che aumenta le sofferenze sociali e accentua la depressione dell’economia reale. Basta con una cura da cavallo che sta uccidendo il cavallo.
Si continua a svuotare con il cucchiaino un secchio d’acqua già colmo, mentre bisognerebbe chiudere il rubinetto che rifornisce quel secchio. Il cucchiaino è rappresentato nel nostro caso dai tagli alla spesa pubblica e dalla speculazione dei mercati finanziari, che continua ad agire indisturbata. Si continua così a lisciare il pelo ai mercati finanziari, mentre bisognerebbe fargli il contropelo.
Il governo Monti sta arrivando al capolinea. In fin dei conti, non è che abbia fatto granché: una riforma – negativa – delle pensioni, il flop delle liberalizzazioni e una manciata di proposte di legge – alcune da criticare, altre meno – ancora in discussione.
È necessario ribadire che il neoliberismo e le politiche di austerity che ne conseguono hanno fallito, alimentando la crisi e la recessione. Una volta presa coscienza di questa evidenza, si tratta di mettere in cantiere – urgentemente e con determinazione assoluta – un progetto di radicale cambiamento, che Sbilanciamoci! riassume in sette mosse concrete:
1. un’iniziativa in Europa che blocchi la speculazione dei mercati, attraverso la trasformazione della Banca centrale europea in prestatore di ultima istanza, l’introduzione degli eurobond, il varo della Tobin tax, l’intervento per arginare i prodotti finanziari più speculativi, in primo luogo i derivati;
2. una poderosa azione di protezione sociale a tutela di chi viene colpito dalla crisi, attraverso un più vasto e universale sistema di ammortizzatori sociali (di cui siano beneficiari i collaboratori a progetto e i co.co.co), la difesa delle pensioni, il reddito di cittadinanza, la spesa sociale;
3. tutelare il lavoro e combattere la precarietà. La legge Fornero va esattamente nella direzione opposta, ed è per questo che ne siamo fermi oppositori. Il lavoro – e non la cosiddetta occupabilità – e la lotta alla precarietà devono tornare invece al primo posto dell’agenda politica;
4. investire nei saperi e nella conoscenza, garantire a tutti quelli che ne hanno diritto le borse di studio, promuovere programmi di edilizia universitaria e scolastica, il diritto allo studio, l’innovazione e la ricerca: abbiamo bisogno di un vero «piano giovani» capace di investire sul futuro;
5. lo sviluppo del paese deve essere reale e sostenibile. Non servono grandi opere, ma tante piccole opere disseminate su tutto il territorio nazionale. Da questo punto di vista, è importante investire nei pannelli solari e non nei Suv, in un’economia verde degna di questo nome e non in un sistema produttivo energivoro e inquinante, nelle economie solidali e non in un sistema di consumi privati ormai insostenibile;
6. per fare questo e per fronteggiare la crisi abbiamo bisogno di risparmiare soldi: tagliamo pure la spesa pubblica, ma quella militare e non quella sociale, quella per le scuole private e non per l’istruzione pubblica, quella degli abusi delle convenzioni sanitarie con le megastrutture private e non della sanità pubblica, quella delle agevolazioni alle pensioni private e non di quelle pubbliche;
7. occorre, del resto, trovare i soldi. Alcuni esempi: tassiamo i patrimoni al di sopra del milione di euro con un’imposizione fiscale minima – e progressiva – del 5×1000, portiamo la tassazione delle rendite al 23% e quella dei redditi superiori ai 200mila euro al 50%, operiamo una vera lotta all’evasione fiscale.
Il «cambio di rotta» che Sbilanciamoci! chiede con forza consiste dunque nel rovesciamento del paradigma neoliberista e dell’austerity che ci sta portando alla rovina. Le direttrici sono tre: la sostenibilità sociale e ambientale di un sistema economico di qualità; diritti di cittadinanza, del lavoro, del welfare degni di un paese civile; la conoscenza come architrave di un sistema di istruzione e di formazione capace di far crescere il paese. Ma non c’è possibilità di fuoriuscita dalla crisi se non si ristabiliscono condizioni di uguaglianza e di giustizia economica e sociale: serve una redistribuzione della ricchezza dal 10% più agiato a favore del 90% della popolazione su cui ricade tutto il peso della crisi.