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Braccia rubate all’agricoltura

Quale giusta transizione per il sistema agroalimentare? Contrastare la crisi climatica e garantire un’occupazione di qualità, a partire da una Politica Agricola Comune che coniughi sostenibilità ambientale e sociale. Se ne parla nel nuovo podcast dell’Alleanza Clima Lavoro, a cura di Massimo Alberti.

È trascorso poco più di un anno da quando, il 15 gennaio 2024, diecimila agricoltori manifestarono nel cuore di Berlino contro l’aumento dei costi di produzione e la decisione dell’allora governo guidato da Olaf Scholz di eliminare le agevolazioni fiscali per l’acquisto del carburante agricolo. A partire dalla capitale tedesca, le proteste si diffusero a macchia d’olio in tutta Europa, passando da Olanda, Romania, Polonia, Francia, Italia e giungendo infine a Bruxelles, centro nevralgico e decisionale della politica comunitaria. 

È qui infatti che viene redatta la Politica Agricola Comune (PAC), strumento principe del settore agroalimentare europeo, finanziata con quasi 400 miliardi di euro per il periodo 2023-2027, pari al 31% del complessivo bilancio della Ue. Ed è qui che si condensano le divergenze attorno ai processi decisionali che portano alla stesura della stessa PAC, ai suoi criteri di erogazione dei fondi e alle condizionalità socio-ambientali che l’agri-business mal sopporta. Misure green che, anche in reazione alle “proteste dei trattori”, sono state nell’ultimo anno oggetto di deroghe e forti ridimensionamenti strumentali alle lobby dell’agroindustria e ai partiti della destra conservatrice, in linea con il più ampio cambio di direzione dell’Unione europea che in una fase politica e economica internazionale estremamente complessa e turbolenta sembra propensa a rinunciare al Green Deal, sacrificandolo sull’altare del riarmo.

É proprio della Politica Agricola Comune che tratta il decimo episodio di “A qualcuno piace verde”, il podcast dell’Alleanza Clima Lavoro a cura di Massimo Alberti, che annovera i contributi di Fabio Ciconte, presidente di Terra!, Massimiliano D’Alessio, ricercatore-progettista della Fondazione Metes, Simona Savini, responsabile della campagna Agricoltura di Greenpeace Italia, e Silvia Guaraldi, segretaria nazionale della FLAI-CGIL. Al centro della puntata, insieme ai temi della PAC – com’è strutturata, come impatta sulle nostre vite e sull’ambiente, quali cambiamenti sta attraversando –, anche quelli del lavoro e delle condizionalità sociali da garantire, dal momento che la trasformazione dei sistemi agroalimentari in una chiave più sostenibile e accessibile non può prescindere dall’impegno per un’occupazione di qualità.

Tutto ciò, a maggior ragione, se si considera che il reddito degli agricoltori è inferiore di circa il 40% rispetto ai redditi non agricoli e, come evidenziato dall’ultimo censimento agrario dell’Istat (2022), il numero di aziende agricole nel nostro Paese si è più che dimezzato negli ultimi vent’anni. In altri termini, produrre cibo oggi è economicamente insostenibile, soprattutto per i medio-piccoli agricoltori, per chi non sposa il modello industriale delle monocolture, dell’intensivo, del cibo prodotto a ogni costo: ambientale e sociale. Anche perché il lavoro agricolo è fortemente condizionato dal clima e regolare la produzione per restare al passo con i ritmi produttivi dettati dal mercato non è semplice. 

Da qui – come rimarcano gli interventi degli ospiti della puntata – l’importanza di promuovere una transizione del comparto agroalimentare che tenga conto della crisi climatica e che appronti adeguate risorse, misure e strumenti per contrastarla. A partire da una drastica revisione dei processi decisionali sottesi alla PAC e dei criteri di erogazione dei sussidi pubblici, che premiano ora la dimensione dei terreni coltivati e la capacità di investimento dei beneficiari e non invece modelli di produzione che valorizzino le specificità locali e il legame con i territori, tutelino gli ecosistemi e la sostenibilità del lavoro agricolo. 

Ascolta il podcast!