I “livelli essenziali delle prestazioni” previsti in Costituzione, nell’ambito dell’autonomia differenziata, sono una cortina di fumo, perché si pensa di definirli solo nelle materie cedute dallo Stato alle Regioni e perché saranno quantificati senza aggravi di spesa. Da Il Fatto
La legge sull’autonomia differenziata è stata varata dal Senato, e con tutta probabilità sarà approvata anche dalla Camera. Questo non determina automaticamente la concessione di maggiore autonomia alle Regioni che l’hanno richiesta: si stabiliscono solo le procedure per quella concessione. Sarà necessario che i governi nazionale e regionale sottoscrivano apposite intese (una per regione), e che queste siano poi a loro volta approvate dai due rami del Parlamento. La strada è quindi ancora lunga. Questa è una buona notizia: ma purtroppo l’unica in questa vicenda. Vediamo perché.
Questa legge non è giuridicamente necessaria: non a caso il governo Conte-1, nel 2019, stava arrivando all’approvazione delle intese, senza alcuna precedente normativa. Di più: si tratta di una legge ordinaria; quindi, le successive norme che conterranno le intese potrebbero stabilire disposizioni differenti. Ma se è così, perché è stata fatta? I motivi, di un certo interesse, sono di natura politica. Due in particolare.
In primo luogo, la sua approvazione suggella l’intesa fra la Lega e i partner di governo consegnando tutto il potere, su questo tema, alla presidente del Consiglio. La legge stabilisce che le Camere avranno un ruolo decorativo: si limiteranno a produrre degli atti di indirizzo, dei quali la presidente potrà non tenere conto. Certo, esprimeranno il voto finale: ma sarà un voto di fiducia al governo: sì o no senza poter condizionare il merito delle intese. In altre parole, i parlamentari di maggioranza hanno deciso di rinunciare al proprio ruolo: non saranno loro a stabilire se le Regioni potranno assumere i propri insegnanti; conformare a proprio piacere gli assetti della loro sanità (incluso il ruolo del privato) abolendo di fatto il Servizio sanitario nazionale; istituire una propria autorità per la sicurezza dei trasporti, e così via. Tra l’altro, i parlamentari, come tutti gli italiani, non sanno nulla dei possibili contenuti delle intese. I punti su cui si era arrivati a un accordo nel 2019 sono sempre rimasti segreti e nulla si sa delle intenzioni dell’attuale governo. Si ricordi che un documento (anch’esso segreto) del Dipartimento per gli Affari regionali elenca disciplinatamente circa 500 funzioni che potrebbero essere cedute alle Regioni: gran parte dell’ossatura dei poteri di uno Stato sovrano. La legge non stabilisce gli ambiti su cui condurre o meno una trattativa e i criteri per decidere o meno che cosa cedere alle Regioni. I parlamentari cederanno i poteri legislativi e amministrativi che la premier deciderà. Sarà lei a decidere se escludere alcune materie. Si tratta, nei fatti, di una anticipazione di un premierato assai rafforzato; di una pagina non certo gloriosa della nostra storia parlamentare.