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Alla fine ci salverà la Cina?

L’Europa, la Francia in testa, si sbraccia a Madrid sul riscaldamento globale ma fa poco, mentre la Cina ha già raggiunto gli obiettivi della Cop di Parigi. Ma di recente sta facendo dietrofront sulla decarbonizzazione, forse in relazione all’insicurezza energetica conseguente ai dazi di Trump.

Le parole e i fatti

E’ ovviamente noto quanto sia non solo importante, ma anche pressante, la questione del cambiamento climatico e dei possibili progressi nella lotta allo stesso. Ci troviamo peraltro di fronte ad una crescente consapevolezza del problema sul piano delle conoscenze sul come stanno i fatti e sul come bisognerebbe operare, come mostrato anche dalla ennesima conferenza sul tema, che questa volta si svolge a Madrid, ma, d’altro canto, i progressi operativi sul fronte della mitigazione dei rischi avanzano troppo lentamente.  

In tale quadro un posto chiave, o, forse meglio, il posto chiave di tutta la vicenda, sembra essere detenuto, nel bene e nel male, dalla Cina e dalle sue strategie. 

Siamo, in effetti, nella situazione di dover constatare, da un lato, un atteggiamento negazionista e comunque inerte da parte del governo degli Stati Uniti sulla questione, atteggiamento che arriva irresponsabilmente, da parte di Trump, persino a cercare di punire quegli Stati dell’Unione, ed in primis la California, che cercano di fare qualcosa in merito, mentre procede lo smantellamento degli organismi pubblici che in qualche modo si occupavano della questione; dall’altro, ad un’Europa molto cosciente del problema, che pubblica studi ed analisi e avanza propositi ad ogni piè sospinto, ma che in concreto fa poco per contribuire a risolvere la questione. Se, ad esempio, guardiamo all’andamento delle statistiche dell’inquinamento in Francia, il Paese che sembra agitarsi di più in positivo sulla questione, le cifre appaiono nella sostanza abbastanza deludenti. 

In generale, le conferenze e gli incontri sul tema si susseguono, Greta Turnberg e i giovani che in molti Paesi del mondo (quelli dei continenti asiatico e africano non sono sostanzialmente tra questi) la seguono si danno da fare in ogni modo, ma la montagna non sembra smuoversi.

I piani della Cina 

Trascuriamo comunque a questo punto gli altri Paesi e concentriamo l’attenzione sulla Cina. 

Il Paese è intanto accusato da tempo dai media occidentali di essere il maggiore inquinatore del pianeta; esso risponde ricordando intanto che i suoi livelli di inquinamento pro-capite sono solo una frazione di quelli statunitensi, mentre i Paesi occidentali per decine di anni sono stati i colpevoli quasi esclusivi dell’accumulazione dei problemi del pianeta su questo fronte; poi, insieme ad altri Paesi emergenti, sottolinea che, in realtà, si vuole impedire che quelli più poveri a loro volta si industrializzino. 

Per altro verso, in realtà negli ultimi anni il Péaese asiatico è stato all’avanguardia delle azioni per affrontare la questione e questo sotto diversi fronti. Si può tranquillamente affermare che esso è di gran lunga quello che sta facendo gli sforzi maggiori sul fronte della lotta all’inquinamento.

Ricordiamo alcune tra le principali azioni. 

Intanto il Paese asiatico, con i suoi editti che impongono alle case produttrici di veicoli di aumentare progressivamente nel tempo la quota di quelli elettrici posti sul mercato, abbia innescato un circuito virtuoso; in effetti, dato anche che la Cina è, di gran lunga, il primo mercato mondiale per le auto, le case produttrici degli altri Paesi si sono tutte sentite obbligate a lanciarsi nel nuovo business, con investimenti che stanno toccando in tutto il mondo le centinaia di miliardi di dollari. La Cina domina comunque il mercato delle batterie.

Ricordiamo ancora come gli sforzi di ricerca e di produzione cinese nel settore degli impianti ad energia eolica e solare siano riusciti, grazie tra l’altro alle economie di scala innescate, a rendere tali energie alla fine competitive con quelle fossili e come il Paese abbia anche avviato produzioni su larga scala delle stesse. Anche in questo caso, si è innestato un circuito positivo a livello mondiale.

Sottolineiamo anche come negli ultimi anni la Cina, da sola, abbia contribuito per il 50% circa degli investimenti globali nel settore delle nuove tecnologie pulite. Così, nel 2017, a fronte di una spesa totale nel settore di circa 333 miliardi di dollari, alla Cina ne vanno attribuiti circa 160 miliardi.

Ancora, un rapporto recente della NASA  mette in rilievo come la Cina (e in misura più ridotta l’India) negli ultimi decenni abbia aumentato in maniera molto importante le superfici boschive nel proprio territorio. Negli ultimi 17 anni, dice il rapporto, sono stati piantati nel mondo 518 milioni di ettari di aree boschive; di queste, il 25% spetta alla Cina, mentre tale percentuale sta crescendo con il tempo. I progetti cinesi sono ora all’attenzione di numerosi paesi africani e dell’Arabia Saudita (Xinhua, 2019).

Citiamo infine il fatto che esistono una serie di progetti, apparentemente “minori”, che, messi insieme, potrebbero contribuire parecchio alla riduzione dell’inquinamento, almeno in Cina. 

Tra questi, ricordiamo quello in atto per sostituire cemento, acciaio e plastiche nei tubi e nella costruzione di infrastrutture ed edifici nel paese con il bambù, materiale di cui la Cina è grande produttrice (Shepherd, 2019, 1). Potremmo anche fare riferimento agli enormi investimenti in atto nel trasporto pubblico, dalle metropolitane, ai treni ad alta velocità, agli autobus elettrici, agli investimenti avanzati nei veicoli a guida autonoma ed in quelli a due ruote di vario tipo alimentati con le batterie. Citiamo ancora il lancio in atto di un programma per la costruzione di città verdi.

Possiamo, infine, ricordare la chiusura degli impianti più inquinanti nel settore dell’industria pesante, dalle acciaierie, alle centrali a carbone, ai cementifici. 

Ma stanno arrivando delle notizie meno confortanti

 A questo punto saremmo tentati di dire che, sic stantibus rebus,  se il mondo si salverà dal riscaldamento climatico lo si dovrà prima di tutto e anzi sostanzialmente alla Cina; ma, mentre negli ultimi mesi stiamo assistendo ad alcuni fatti che sembrano in qualche modo rafforzare tale sensazione, ne registriamo anche degli altri che invece sembrano andare in senso contrario rispetto a quanto illustrato nel paragrafo precedente.

Ci aiutano a mettere in luce i problemi montanti in particolare alcuni articoli apparsi di recente sul Financial Times e che citiamo specificamente più avanti.

Sottolineiamo intanto come la riduzione in atto degli incentivi per i veicoli elettrici e le energie rinnovabili stia avendo come conseguenza una riduzione dell’acquisto di auto elettriche sul mercato interno e dell’impegno dei gruppi cinesi negli investimenti nel settore. 

Così, ad esempio, nel settore delle energie solari le nuove installazioni di impianti, che avevano raggiunto i 53 gigawatt nel 2017, quest’anno dovrebbero essere più basse del 40%, mentre, più in generale, l’investimento complessivo della Cina nelle energie pulite dai 76 miliardi di dollari della prima metà del 2017 è passato a soli 29 miliardi nella prima metà di quest’anno (Hook, 2019, 1).

Si prevede che, nel 2019, le emissioni complessive cinesi saranno più elevate del 3% rispetto a quelle dell’anno precedente.

Mentre nel 2016 il Paese aveva bloccato la costruzione di centinaia di centrali a carbone, ora si stima  che esso stia aggiungendo circa 148 GW di impianti dello stesso tipo, più o meno quanto l’intera capacità installata europea nel settore (Hook, 2019, 1). 

Nell’ambito poi della Belt and Road Initiative le banche di Stato hanno impiegato circa 30 miliardi di dollari nell’ultimo periodo per la costruzione di centrali a carbone nei Paesi esteri.

Sembrerebbe dunque che la Cina sia distratta dalla guerra commerciale con gli Stati Uniti e dalle proteste di Hong Kong, nonché dal rallentamento dell’economia, mentre la politica ambientale debba fare spazio a queste priorità politiche (Hook, 2019, 1).  

Una cosa che sembra plausibile, poi, è soprattutto il fatto che gli investimenti nel carbone vengano visti come uno strumento per assicurarsi una sicurezza dei rifornimenti energetici in relazione al deterioramento delle relazioni con l’Occidente e alle minacce di Trump.

D’altro canto

Nonostante tutto quello che abbiamo visto al paragrafo precedente, bisogna ricordare intanto che comunque Pechino probabilmente supererà abbondantemente gli obiettivi di risparmio energetico fissati a Parigi. Per altro verso, la promessa di tagliare l’intensità carbone dell’economia tra il 40 e il 50% entro il 2020 rispetto ai livelli del 2005 è stata raggiunta con tre anni di anticipo.

Bisogna considerare, peraltro, che le centrali a carbone sono utilizzate nel Paese, ormai, solo per circa la metà del tempo (Hook, 2019, 2), ciò che confermerebbe la preoccupazione della sicurezza energetica a fronte delle tensioni con l’Occidente come motivazione principale delle nuove costruzioni.

Il governo programma peraltro di ridurre la produzione delle centrali a carbone nel Nord-Ovest di almeno un quarto. Tale azione è una prima mossa che rientra in un programma più generale di portata triennale che mira a ridurre le emissioni globali di carbone in tutto il Paese in particolare attraverso una maggiore efficienza d’uso degli impianti (Shepherd, 2019, 2).

La stampa cinese, forse anche in risposta alle recenti critiche occidentali, appare intanto ottimista sulla questione (si veda ad esempio, in proposito, un articolo di Zheng Yiran, 2019 ed un altro dell’agenzia Xinhua, 2019).

In conclusione si può dire che, in generale, interpretare la realtà cinese è, come spesso accade, abbastanza complicato, ma comunque, alla fine, in questo caso c’è ancora qualche motivata ragione di speranza. Non sappiamo se la Cina salverà il mondo, ma rileviamo che se, tra l’altro, gli obiettivi di Parigi non saranno rispettati a livello globale e anzi non saranno migliorati presto in misura rilevante, come sembra comunque necessario per salvare il pianeta, la colpa non dovrebbe essere  della Cina. 

Testi citati nell’articolo

-Hook L., Climate change: how China moved from leader to laggard, www.ft.com, 25 novembre 2019, 1

-Hook L., China ramp up coal power in face of emission efforts, www.ft.com, 20 novembre 2019, 2

-Shepherd C., Greener development ? It’s in the pipeline for China, www.ft.com, 5 dicembre 2019, 1

-Shepherd C., China aims to reduce coal power production, www.ft.com, 3 dicembre 2019, 2

-Xinhua, China « leading the way » in fighting climate change, says UN official, www.globaltimes.cn, 2 dicembre 2019

-Zheng Yiran, China makes steady progress in adoption of green energy, www.chinadaily.com.cn, 6 dicembre 2019