Sono stati da 42,5 miliardi di dollari i contratti privati per gli arsenali nucleari nel 2024, dice il report della Campagna mondiale ICAN nel giorno dell’attacco israeliano contro l’arricchimento dell’uranio in Iran. Unica via d’uscita: il disarmo con il Trattato TPNW, che l’Italia deve firmare.
Con due grandi guerre che coinvolgono Stati dotati di armi nucleari in Ucraina e a Gaza, nonché con l’escalation delle tensioni nucleari tra India e Pakistan, nella penisola coreana e ora tra Israele e Iran, il rischio che le armi nucleari possano essere utilizzate in combattimento è ampiamente considerato come il più alto dai tempi della Guerra Fredda e forse di sempre. In risposta, gli Stati dotati di armi nucleari si aggrappano alla infondata “dottrina della deterrenza”, che si basa sulla minaccia di usare le armi nucleari, aggravando il rischio di conflitto. Una situazione di pericolo per l’intera umanità che va urgentemente sanata, tanto più nell’ottantesimo anniversario dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki.
Il rapporto, Hidden Costs: Nuclear Weapons Spending in 2024, mostra che la spesa combinata degli Stati dotati di armi nucleari – Cina, Francia, India, Israele, Corea del Nord, Pakistan, Russia, Regno Unito e Stati Uniti – è aumentata di quasi 10 miliardi di dollari rispetto alla spesa del 2023. Il settore industriale privato ha guadagnato almeno 42,5 miliardi di dollari dai contratti per gli arsenali nucleari, nel solo 2024.
Nel 2024, i nove Stati dotati di armi nucleari hanno speso più di 100 miliardi di dollari per i loro arsenali nucleari – con un aumento di circa l’11% rispetto all’anno precedente – secondo un rapporto pubblicato oggi dalla Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari (ICAN), che diffonde i dati più autorevoli sulla spesa annuale per le armi nucleari.
Gli Stati Uniti d’America hanno nuovamente speso più di tutti gli altri Stati dotati di armi nucleari messi insieme: 56,8 miliardi di dollari. La Cina si colloca al secondo posto con 12,5 miliardi di dollari, meno di un quarto della spesa statunitense. Il terzo posto, con 10,4 miliardi di dollari, pari al 10% della cifra totale, è stato occupato dal Regno Unito. Negli ultimi cinque anni, la spesa globale per le armi nucleari è aumentata di poco più del 47%, passando da 68 a 100 miliardi di dollari. Ciò equivale a 3.169 dollari al secondo, 274 milioni di dollari al giorno e ben 1,9 miliardi di dollari per ciascuna settimana dell’anno.
Il rapporto di quest’anno ha analizzato i costi sostenuti dai Paesi che ospitano le armi nucleari di altri Stati (tra cui l’Italia, sul cui territorio sono presenti testate statunitensi) e ha scoperto che queste informazioni sono in gran parte tenute nascoste ai cittadini e ai legislatori, evitando un controllo democratico. Alicia Sanders-Zakre, co-autrice del Rapporto e coordinatrice delle politiche e della ricerca di ICAN, ha commentato: “È un affronto alla democrazia che ai cittadini e ai legislatori di Paesi che si vantano delle loro credenziali democratiche non sia permesso di sapere con precisione quante e quali armi nucleari di altri Paesi siano ospitate nei loro confini o quanto delle loro tasse viene speso per esse. È tempo che questi leader democraticamente eletti ascoltino l’appello del loro popolo a rimuovere le armi nucleari dai loro Paesi e a lavorare per la loro totale eliminazione”.
“Le risorse investite in armi nucleari potrebbero essere utilizzate per priorità più significative e garantire la sicurezza delle persone – afferma Alessja Trama della campagna Senzatomica – Il report di ICAN è fondamentale per rendere le persone consapevoli e porre l’attenzione sempre di più sul TPNW, il Trattato per la proibizione delle armi nucleari. Esso è frutto dell’impegno della società civile e lo strumento per porre fine alla minaccia delle armi nucleari, eliminandole dal nostro pianeta. Tali armi non possono risolvere i problemi che il mondo sta affrontando oggi. Al contrario, li aggravano e li complicano. È importante cominciare a mettere in discussione i modi di intendere la sicurezza e la difesa e concentrarci maggiormente su una visione basata su una sicurezza comune, sulla sicurezza umana”.
Il denaro speso per gli arsenali nucleari è sprecato, dato che gli stessi Stati dotati di armi nucleari hanno formalmente concordato (con una Dichiarazione congiunta di inizio 2022) sul fatto che “una guerra nucleare non può essere vinta e non dovrebbe mai essere combattuta“. Inoltre, sta distogliendo risorse dalle vere priorità umane: 100 miliardi di dollari avrebbero potuto essere utilizzati per finanziare misure volte ad affrontare le minacce alla sicurezza poste dal cambiamento climatico e dalla perdita di specie animali e vegetali, o per fornire fondi per migliorare i servizi pubblici essenziali, come la sanità, gli alloggi e l’istruzione.
In un momento in cui le Nazioni Unite sono alle prese con profondi tagli ai loro finanziamenti, l’importo che questi nove Paesi hanno speso per i loro arsenali nucleari nel 2024 avrebbe potuto coprire il bilancio dell’ONU quasi 28 volte.
Ci sono almeno 463 miliardi di dollari di contratti in corso per le armi nucleari, alcuni dei quali non scadranno prima di decenni e nel 2024 sono stati assegnati almeno 20 miliardi di dollari di nuovi contratti per armi nucleari. Molte delle aziende che hanno beneficiato di questa fortuna hanno investito pesantemente nell’attività di lobbying nei confronti di governi e partiti, spendendo ben 128 milioni di dollari per questi sforzi negli Stati Uniti e in Francia, i due Paesi per i quali sono disponibili i dati.
Susi Snyder, Coordinatrice di Programma ICAN e coautrice del Rapporto, ha sottolineato: “Il problema delle armi nucleari può essere risolto, e farlo significa comprendere quali siano gli interessi che difendono ferocemente la possibilità per nove Paesi di uccidere indiscriminatamente i civili. Ma la buona notizia è che la maggioranza del mondo sta scegliendo un’altra direzione: 98 Stati, sostenuti da oltre 700 organizzazioni della società civile, hanno firmato, ratificato o aderito direttamente al Trattato delle Nazioni Unite sulla messa al bando delle armi nucleari, il TPNW, entrato in vigore quattro anni fa”.
“Al momento noi stimiamo per l’Italia un costo nucleare indiretto e collegato alla presenza testate nucleari statunitensi di circa 500 milioni di euro all’anno – sottolinea Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne di Rete Italiana Pace Disarmo – ma il dato non è certo, a causa di enormi opacità e difficoltà di accesso a molti dati. Per questo, e per colmare una inaccettabile lacuna democratica, stiamo conducendo ulteriori approfondimenti per arrivare ad una stima ancora più precisa. In generale è cruciale sottolineare come la crescente spesa in questo ambito da parte delle potenze nucleari evidenzi non solo un semplice mantenimento di un sistema di controllo e potere basato sulla minaccia di distruzione totale, ma ancor più un continuo ammodernamento degli arsenali con nuove testate, lanciatori o entrambi”.