Nel silenzio generale, passa alla camera l’aumento del tetto della trattativa privata negli appalti pubblici: meno gare, niente trasparenza, uguale più corruzione
Il 15 marzo, con un emendamento approvato nel disegno di legge per lo statuto delle imprese, l’aula della camera dei deputati ha triplicato la soglia che consente l’uso della trattativa privata senza pubblicità negli appalti pubblici, innalzata da 500.000 euro a 1.500.000 euro. Emendamento proposto dalla Lega Nord, approvato da una maggioranza bulgara e traversale con 485 voti favorevoli, solo 2 astenuti e nessun contrario, dentro un provvedimento approvato dalla camera e ora avviato per la discussione al senato.
Gli effetti sul mercato sono dirompenti: la sottrazione dalle gare di una quota robusta di lavori pubblici, senza alcuna forma di pubblicità, aiuterà di sicuro la già dilagante corruzione. Il Cresme ha effettuato una stima dell’impatto della norma per Edilizia e Territorio (settimanale del Sole 24 ore) da cui si deduce che prendendo come riferimento l’anno 2010, verrà sottratto al mercato il 76% dei bandi di gara in termini di numero e circa il 16% se si calcola il valore in termini di importo. In pratica su 18.848 bandi emessi nel 2010, ben 14.239 sarebbero stati affidati senza bando e senza pubblicità, direttamente dal responsabile del procedimento. In termini di valore questo equivarrebbe a sottrarre al mercato circa 5,1 miliardi di lavori pubblici su di un totale di 32, 9 miliardi di investimenti pubblici.
In più con altri emendamenti il ddl sullo statuto alle amministrazioni pubbliche, vi è l’esplicito mandato di favorire negli appalti le imprese del territorio, per quelle con meno di 250 dipendenti e con meno di 50 milioni di fatturato. Non è chiaro come questo possa in pratica avvenire dato che tutte le normative europee ed italiane vietano ogni riserva in materia di gare e lavori, ma forse si pensa di rispettare questa indicazione proprio con la trattativa privata dove l’ente locale potrà scegliere in modo discrezionale, senza motivazione e senza pubblicità, a chi affidare i lavori.
Nella stessa norma, la soglia per le amministrazioni locali, da affidare direttamente e senza gara gli incarichi di progettazione, viene innalzata da 100.000 a 193.000. Una norma contro la quale si è già scagliata pesantemente l’Oice (associazione delle società di ingegneria) che ha denunciato la scomparsa del mercato della progettazione e l’incremento quindi dei costi, dato che il 91% dei bandi rientra in questa soglia.
L’argomento invocato per affidare direttamente i lavori è il solito: fare presto, togliere i lacci e lacciuoli come richiesto dalle amministrazioni, venire incontro alle difficoltà dei piccoli comuni impossibilitati a selezionare decine di imprese per ogni gara data la scarsità di risorse e personale, nonché una “sedicente” autonomia territoriale invocata dalla Lega Nord. Problemi reali ai quali però è stata data una risposta completamente sbagliata, mentre si doveva semplificare ed unificare le stazioni appaltanti (per esempio a scala provinciale) dentro un unico soggetto pubblico in modo da fornire professionalità, risorse e trasparenza dei bandi e dei risultati delle gare. È noto che anche la polverizzazione delle gare rende difficile controllo e vigilanza e quindi incrementa comportamenti e pressioni illecite.
Contro l’innalzamento della trattativa privata si è schierata l’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici. Il suo presidente Giuseppe Brienza è stato molto netto: con questa norma ben il 96% degli appalti dei comuni è sottratto al mercato, e ha censurato soprattutto la mancanza di obbligo di pubblicità e trasparenza. Ha fatto anche capire che se la norma non verrà corretta dal Senato si renderà necessario un provvedimento dell’Autorità che renda indispensabile la motivazione con cui l’amministrazione intende applicare l’affidamento diretto, quali siano le regole comunque da applicare e quali i criteri di invito alla procedura informale. Solo a queste condizioni minime sarà possibile svolgere un’azione di vigilanza su questi lavori, che sfuggirebbero non solo alla concorrenza ma anche al controllo dell’Autorità.
Del resto la stessa Autorità a gennaio aveva reso pubblici i risultati di una ricognizione sugli affidamenti a trattativa privata dei grandi comuni degli ultimi tre anni (2007-2010), da cui era emerso un quadro desolante: con più di 80.000 contratti per un valore di 61 milioni affidati senza gara. Da quando nel 2008 la soglia era stata innalzata a 500.000 euro per la trattativa privata vi era stato un incremento vertiginoso di lavori senza gara dove un lavoro su due era ormai affidato senza procedura competitiva. Il comune di Roma è stato tra i più solerti ad affidare senza gara con ben 42 bandi e un valore nel triennio di ben 248 milioni di euro. Non solo, in diversi casi i lavori sono stati frazionati artificiosamente proprio per rientrare sotto la soglia fissata per poter applicare la trattativa privata.
Nonostante che questa soglia, questo limite per consentire l’uso della trattativa privata sia stato ritoccato dall’approvazione della legge Merloni nel 1994 ben 5 volte. La norma originaria prevedeva 150.000 ecu di soglia, diventata 300.000 nel 1998. Nel 2002 si consente la trattativa privata fino a 100.000 euro e fino a 300.000 in caso di gara deserta. Nel 2006 si attesta a 100.000 euro per poi balzare nel 2008 a 500.000 e adesso, se la norma verrà confermata anche dal Senato, triplicherà fino ad arrivare a 1.500.000 euro. Quindi si era già tenuto conto delle difficoltà delle amministrazioni locali, nonché delle direttive europee, che contemplano delle soglie molto ampie dato che devono essere il riferimento per tutti i paesi, mentre gli effetti di sottrazione dal mercato sono soprattutto in quei paesi come l’Italia dove vi sono migliaia di istituzioni locali e una miriade di piccole e medie imprese, mentre in altri paesi come la Germania o la Francia il numero di appalti sotto queste soglie è decisamente minore.
Anche l’Ance si è schierata duramente contro l’aumento della trattativa privata e il suo presidente Paolo Buzzetti ha parlato di un mercato che “andrebbe sott’acqua”, proponendo in alternativa l’innalzamento a un massimo di 1 milione di euro con precisi obblighi di trasparenza come la rotazione degli inviti, l’obbligo di pubblicità per ogni fase dell’affidamento.
Mentre l’Aniem, l’associazione delle piccole e medie imprese edili, si è schierata a favore della norma “perché da 15 anni il settore degli appalti pubblici è bloccato con leggi da stato di polizia” e con questo provvedimento si supererebbe questa situazione di controllo. Insomma la logica è sempre quella: dato che i controlli servono a ben poco contro la corruzione meglio eliminarli!
La gravità della norma, a mio giudizio, sta anche nel fatto che si somma a tante procedure specifiche e speciali sottratte al mercato, dove la trattativa privata e la deroga sono diventate la regola, nelle grandi opere, per gli eventi speciali e le ricostruzioni dopo terremoti e alluvioni.
È il caso dell’alta velocità ferroviaria, dove tre tratte per oltre cinque miliardi di lavori sono state restituite a trattativa privata ai vecchi consorzi, dei lavori nel settore autostradale dove la nuova riforma del governo di centrodestra consente alle concessionarie di svolgere in house il 60% dei lavori, per le opere e gli interventi della protezione civile, inclusi gli eventi speciali, che sono affidati direttamente in nome dell’emergenza (e abbiamo visto i risultati con le inchieste della magistratura sulla “cricca”).
Mentre inchieste sono già in corso sulle infiltrazioni per la ricostruzione dell’Aquila e in Abruzzo e sia per il business lanciato dall’Expo di Milano, dove è presente la “ndrangheta”. È la stessa recente relazione annuale antimafia inviata al parlamento a darne conto con un quadro drammatico della strategia e della capacità delle cosche mafiose di infiltrarsi negli appalti e nel ciclo di realizzazione degli interventi, con un mercato parallelo molto ben gestito e organizzato, e anche conveniente per l’imprenditore. Tranne che per lo stato e per la collettività che impegna i soldi per la realizzazione dell’opera pubblica.
Quindi buona parte del mercato ormai, sia per grandi opere e sia per piccoli interventi è ormai sottratto alla concorrenza e alla trasparenza, mentre le inchieste della magistratura registrano gravi fenomeni di corruzione e concussione nell’affidamento di appalti, lavori e servizi.
La Corte dei Conti, presieduta da Luigi Giampaolino, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2011 nella sua relazione ha censurato questi fenomeni nel settore degli appalti, prodotti da una grave elusione delle regole, con un’aggressione continua alla concorrenza, il massiccio ricorso alla trattativa privata anche in violazione delle norme al quale sovente risultano connesse tangenti per favorire gli affidamenti. Fenomeni che hanno influenzato negativamente l’efficienza della spesa, la qualità di gestione delle amministrazioni e depresso la funzione anticiclica della spesa pubblica.
Non può dunque che creare allarme e preoccupazione l’emendamento che amplia la trattativa privata senza regole e senza pubblicità, approvato all’unanimità dalla camera, perché non tiene conto della situazione opaca e deformata già presente nel mercato a ogni livello. Siamo ancora in tempo per correggere la norma al senato, con una misura che coniughi efficienza e legalità.