Lutto al manifesto. Addio Gian Vaccarino. Economista brillante, allievo di Claudio Napoleoni, professore all’università di Torino, sassofonista, fondatore della rivista L’Indice e presidente dell’Istituto Gramsci di Torino
Gian Vaccarino se ne è andato ieri, dopo un improvviso malore che lo aveva colpito giorni fa. Un altro dei nostri compagni della prima ora che non c’è più: il Manifesto sessantottino non è ormai più molto giovane, è entrato nell’età in cui questi malanni, sebbene possano attaccare anche i ventenni, capitano con più facilità. E i più vecchi dei «solo» un po’ anziani si sentono ogni volta mortificati perché gli accade di sopravvivere a chi ne avrebbe più diritto, perché ha meno anni sulle spalle e un tempo utile più lungo davanti a sé.
Gian era di Torino, studiava economia e fu uno dei più brillanti – e da lui preferiti – allievi di Claudio Napoleoni, di cui fu in seguito assistente. Docente all’università di Torino, Gian proprio a Napoleoni ha dedicato molti scritti, raccogliendo e introducendo le sue opere in «Dalla scienza all’utopia», «La crisi e la struttura del capitalismo», e altri volumi.
In molti ci ricordiamo quando proprio all’inizio della nostra avventura politica Lucio Magri tornò da una riunione a Torino e ci disse: finalmente ho trovato un giovane economista davvero intelligente. Il legame che lui e noi de Il Manifesto avemmo con Claudio Napoleoni fu importante, perché questo grande economista forse ormai ignoto a molti degli stessi nostri giovani lettori, ha avuto un ruolo decisivo nel formare l’orientamento e la cultura del nostro movimento. Napoleoni non era infatti solo un economista, ma un uomo di grande intelligenza e sensibilità politica.
Nel 1979, eletto senatore con la Sinistra indipendente, Napoleoni fondò con Magri il «Centro di iniziativa politica», un tentativo di aggregare — mentre il Pci stava faticosamente uscendo dalla gabbia del compromesso storico e il PSI non aveva ancora imboccato la deriva craxiana – le forze dei due partiti della tradizione e quelle della nuova sinistra nella scommessa dell’alternativa. Ne nacque Pace e guerra, mensile e poi settimanale, diretto, per l’appunto, da Claudio Napoleoni, Stefano Rodotà, Luciana Castellina (cui in seguitò si affiancò Michelangelo Notarianni). Gian fu, di quella pubblicazione che visse 4 anni cruciali, un collaboratore costante.
Ma Gian Vaccarino è stato anche nella prima metà degli anni 70 un militante a pieno titolo del Manifesto e poi del Pdup nel nucleo torinese che era uno dei più importanti d’Italia e di cui sono stati protagonisti straordinari quadri operai (Usai, Capri, Montefalchesi, Vinicio D’Agostini e altri) così come intellettuali.
Sono tanti i compagni che possono ricordare come in quegli anni la casa di Gian sulla collina torinese fosse diventata una vera foresteria del movimento. Ma la grande e duratura passione di Gian è stato il jazz: era un bravissimo sassofonista e all’inizio suonava con Enrico Rava ed altri poi diventati famosi. Insieme, alle prime armi, provavano in un circolo dell’Arci.
Abbandonato da tempo l’impegno politico diretto, Gian Vaccarino è stato fra i fondatori dell’Indice (la prima rivista italiana di sole recensioni editoriali) e era attualmente presidente dell’Istituto Gramsci di Torino.
Della sua improvvisa scomparsa siamo tutti tristi.