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A proposito della Nadef

La Nadef licenziata dal governo all’inizio di ottobre illustra quanto accaduto durante il 2020 in termini di caduta del Pil, di occupazione e finanza pubblica, così come i provvedimenti addottati per attutire la caduta del reddito: 100 miliardi di euro.

2 novembre 2020

Preambolo

La Nadef (Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza), licenziata dal governo all’inizio di ottobre, illustra quanto accaduto durante il 2020 in termini di caduta del Pil – e su questo punto è estremamente puntuale e corretta -, di occupazione e finanza pubblica, così come i provvedimenti addottati dal governo per attutire la caduta del reddito: 100 miliardi di euro. La Nadef ha anche il compito di delineare le politiche economiche e finanziarie per il triennio successivo, le quali faranno da cornice alla legge di Bilancio per il 2021. Sempre nella Nadef sono illustrati i provvedimenti collegati alla legge di Bilancio senza i quali la stessa legge di Bilancio sarebbe incompleta; si tratta di 22 disegni di legge “collegati”, forse troppi e non sempre coerenti con la cornice legislativa che informa la legge di Bilancio. Tra questi segnalo il ddl delega della riforma fiscale, il ddl di riordino della normativa ambientale, il ddl in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, il ddl per il salario minimo e la rappresentanza delle parti sociali nella contrattazione collettiva, il ddl per la revisione degli incentivi alle imprese. Un pacchetto ambizioso che tecnicamente occuperebbe più di una legislatura, ma in tempo di programmazione di medio periodo potrebbe non essere una cattiva idea. 

Relativamente ai fondi legati a Next Generation EU, il governo delinea un quadro provvisorio che avrebbe effetti macroeconomici importanti, ancorché queste risorse siano computate nella Nadef e nel Documento Programmatico di Bilancio (Dpb) come quadro programmatico. D’altra parte, NGeU non è ancora operativo in ragione del mancato accordo tra Parlamento europeo e Consiglio Europeo. Infatti, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri sottolinea che “il quadro programmatico per il 2021-2023 ipotizza il completo utilizzo delle sovvenzioni previste dalla prima fase del Recovery Plan europeo, pari al 70 per cento dell’importo complessivamente stimato a favore dell’Italia, e di una prima parte del restante 30 per cento (limitatamente al 2023). Inoltre, si è assunto un esiguo ricorso ai prestiti della RRF in deficit. La restante parte della RRF e delle altre componenti del NGEU verrà utilizzata nel periodo 2024-2026, come illustrato nella Tavola I.4-1(Quadro riassuntivo provvisorio di utilizzo delle risorse Recovery Plan) e seguente” (p.10).

Rimane il fatto che Next Generation EU, noto come Recovery Fund, impone comunque una programmazione dei fondi europei tra il 2021 e il 2026. Programmare 205 miliardi di euro, più o meno il 10% del Pil, e metterli a terra è una impresa titanica per una Pubblica amministrazione che, nel tempo, da un lato è diventata anagraficamente più vecchia e limitata in termini di addetti, e dall’altro lato è ormai disabituata a programmare dopo le cosiddette privatizzazioni dei primi anni duemila. Le risorse NGeU sono comunque importanti e, in qualche misura, commisurate alla perdita di reddito intervenuto nel 2020. Se poi consideriamo le mission di NGeU (Green New Deal, digitalizzazione e lavoro) è facile osservare che il come e il quanto spendiamo è fondamentale.

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Quadro generale

La Nadef ha anche il compito di delineare il quadro macroeconomico tendenziale e programmatico di riferimento per la predisposizione della legge di Bilancio, la quale, attraverso maggiori/minore spesa ed entrate, ha il precipuo compito di implementare gli indirizzi di politica economica. 

Delineato il quadro giuridico e tecnico dei provvedimenti finanziari e fiscali, dobbiamo ora rappresentare il quadro macroeconomico di riferimento. Il 2020 è stato a tutti gli effetti un anno orribile; meno 9% di crescita (Pil) non ha precedenti storici e, giustamente, tale caduta necessitava di misure e provvedimenti governativi coerenti e/o adeguati, ma le percentuali a volte traggono in inganno. In effetti, sebbene il Pil sia caduto di 160 miliardi di euro nel 2020 – pari a 9 punti di Pil -, le misure adottate dal governo durante i primi 6 mesi del 2020 sono state pari a 100 miliardi di euro (sostegno al reddito e ai settori più colpiti da Covid 19 e garanzie pubbliche del “debito” privato che si avvicinano a quasi il 40% del Pil). La differenza tra la caduta del Pil e le misure del governo, cioè 160 miliardi di caduta di Pil e 100 miliardi di interventi governativi, è pari a poco meno di 55 miliardi di euro. Una distanza che prima o poi dovrà essere colmata e, auspicabilmente, attraverso nuovi e aggiuntivi investimenti (Recovery Fund?). 

Di particolare interesse è l’effetto macroeconomico delle misure che il governo adotterà a valere per il 2021, 2022 e 2023. Come si può osservare dalla tavola di cui sotto, le misure che il governo intende adottare sembrerebbero avere un effetto marginale. Infatti, il Pil tendenziale per il 2021 è pari a 5,1, mentre quello programmatico è pari a 6 punti percentuali; il tasso di disoccupazione passa dal 10,7 percento (tendenziale) al 10,3% (programmatico). Come per il Pil il miglioramento è marginale. 

La crescita contenuta del Pil tra il tendenziale e il programmatico dovrebbe trovare una almeno una spiegazione che, però, il governo non declina. Per strano che possa sembrare, l’indebitamento netto della pubblica amministrazione nel 2021 significativamente più alto della crescita del Pil, come se ci fosse un moltiplicatore negativo. Certamente l’effetto degli investimenti non sono just in time, occorre almeno un anno di tempo per osservare dei benefici (Sylos Labini), ma negli anni successivi (2022 e 2023) la distanza tra la crescita del Pil tendenziale e quello programmatico si riduce. Evidentemente deve esserci un problema di struttura, ovvero una specializzazione produttiva che genera un valore aggiunto inferiore agli investimenti realizzati. 

La finanza pubblica

Approfondiamo ora il quadro generale della finanza pubblica.

La Nadef disegna i saldi di finanza pubblica, sia come valori tendenziali e sia come valori programmatici, e la differenza manifesta il “come e il quanto” della legge di Bilancio per il 2021. Soprassedendo sulla dinamica dei saldi finanziari (indebitamento netto, saldo primario, interessi passivi, indebitamento strutturale e debito pubblico) per il 2020, condizionati dalla caduta senza precedenti del denominatore, si osserva come nel 2021 l’indebitamento netto cresca dal meno 5,7 (tendenziale) al meno 7%. Sarebbero 20 miliardi di maggiore spesa ma, come abbiamo visto in precedenza, non sembrano avere un particolare effetto positivo sul Pil. Il debito pubblico, invece, è rivisto al ribasso dopo il picco del 2020 (158%), sia nel riquadro tendenziale e sia in quello programmatico. Sostanzialmente si ridurrebbe di quasi 2,5 punti percentuali, ancorché stupisca come il quadro programmatico “anticipa” il percorso di rientro del debito. Indipendentemente dal basso e stabile servizio del debito.

Il saldo primario, la differenza tra entrate e uscite al netto del servizio del debito, dopo il picco del meno 7,3% del 2020, nel tempo ritorna positivo (0,1% nel 2023). Certamente il debito pubblico è un tema delicato e l’avanzo primario concorre a ridurre il suo peso, ma programmare un avanzo in soli tre anni è un esercizio audace. E farlo ancor prima che la Commissione europea definisca il futuro del Patto di Stabilità e Crescita è come rinunciare alla discussione circa la sua rivisitazione. Se è una scelta politica non è dato saperlo, ma inserire almeno l’ipotesi di rivisitazione del Patto europeo sarebbe opportuno.

Le misure

Cosa dobbiamo aspettarci dalla Legge di Bilancio? Sempre che i ddl riescano a farsi strada, la Nadef delinea 4 grandi aree di intervento che, per inciso, non sono interamente sovrapponibili a NGeU. 

Innanzitutto devono essere rifinanziate le cosiddette politiche invariate non coperte dalla legislazione vigente. Si devono impegnare nuove risorse per il sostegno all’occupazione e al reddito dei lavoratori. Si deve interamente finanziare il taglio del cuneo fiscale, che potrebbe distrarre risorse da altre importanti voci di spesa, e il taglio contributivo al Sud introdotto con il decreto legge di Agosto (2020). Deve andare a buon fine la legge delega sulla riforma fiscale, la quale potrà avere un qualche effetto sulla finanza pubblica e/o distribuzione del reddito non prima del 2022. Qualcuno immagina che sia possibile implementarla già nel 2021, ma nemmeno la riforma del 1973 impiegò così poco tempo. Se poi riuscissero a fare tutto questo nel 2021, vorrebbe dire che non si tratta di vera riforma fiscale.

Conclusioni

Vedremo come tali indicazioni saranno assunte nella legge di Bilancio, ma il primo passo è organizzare bene NGeU perché è inaccettabile che una spesa pubblica di un punto di Pil determini una crescita inferiore di un punto di Pil. Se c’è un problema di struttura, lo si affronti in profondità, magari attraverso il presidio pubblico dei settori essenziali, di cui nella Nadef non c’è traccia.