La sfida della mobilità nelle città, in vista delle elezioni amministrative del 5 giugno. Alcuni dati e qualche proposta nell’e-book Sbilanciamo le città
Quando si interrogano i cittadini sui principali problemi da risolvere da parte delle Amministrazioni comunali, tra i primi posti ci sono sempre il traffico e l’inquinamento atmosferico. Non è solo la percezione dei cittadini a dircelo, ma sono anche i dati complessivi che lo dimostrano. Va ricordato che il 26% delle emissioni di Co2 in Italia deriva dai trasporti (in larga parte quello stradale).
Altro indicatore negativo deriva dalla qualità dell’aria, dove dal rilevamento delle centraline il superamento dei limiti imposti dalle norme è costante. Secondo il Rapporto Mal’Aria di città 2016 di Legambiente, nel 2015 su 90 città il Pm10 è stato superato da ben 48 città e tra queste troviamo Milano, Torino, Roma e Napoli. Ma il fenomeno interessa anche le città medie italiane, a volte con dati anche peggiori. Per gli ossidi di azoto nel 2014 sono state 12 le città che hanno superato i limiti: praticamente tutte le grandi città, Bologna inclusa. E gli effetti sulla salute si fanno sentire: secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente nel solo 2012 a causa del Pm2,5 sarebbero state ben 59.500 in Italia le morti premature correlate a questo inquinante. Certo, le fonti di inquinamento sono molteplici, ma secondo i dati IsprAmbiente il trasporto stradale nelle aree urbane pesa per oltre il 50% per diversi inquinamenti come l’ossido di azoto, il monossido di carbonio e il benzene.
Altri dati ci confermano questo squilibrio: l’indice di motorizzazione elevato con 61 auto ogni 100 abitanti (media europea 47.7) e le diverse modalità di trasporto utilizzate dai cittadini ogni giorno. Secondo i dati Isfort, nelle grandi città in media il 23,5% utilizza i mezzi pubblici, un altro 23% va a piedi e in bicicletta, mentre il 53,5% usa un mezzo motorizzato. Se ampliamo la scala alle città metropolitane questi dati peggiorano sensibilmente: il 17,9 % usa il trasporto pubblico, il 19,9% va a piedi e in bici e ben il 62,2% in auto e moto. Segno che è alla scala vasta che i servizi di trasporto collettivo si diradano e cresce l’uso dell’auto come effetto dell’estensione della città e dei capannoni.
Molto interessanti sono i dati sui chilometri percorsi ogni giorno per studio e lavoro. Secondo i dati Istat 2011 il 24% non fa più di due km, il 22% non supera i 5 km, il 40% percorre tra 6 e 20 km, il 15% si sposta per oltre 20 km. Questo è rilevante perché significa che c’è spazio per la bicicletta e gli spostamenti a piedi. Da questi primi dati si comprende che il problema in Italia è la carenza di servizi di trasporto collettivo, un uso massiccio dell’auto, uno scarso uso della bicicletta e una quota modesta di spostamenti a piedi.
Basta fare qualche confronto con le grandi capitali europee per non avere dubbi. Ad Amsterdam il 22% va in bici, il 20% cammina, il trasporto collettivo assorbe un altro 20% e il 38% usa l’auto. A Berlino invece il 26% usa il trasporto collettivo, il 31% usa l’auto, il 13% pedala e ben il 30% va a piedi. A Parigi il 47% si muove a piedi e solo il 17% usa l’auto. Anche in Italia a partire dal 1991, a seguito del primo provvedimento antismog che paralizzò il traffico nelle grandi città, sono state decise e realizzate diverse misure e provvedimenti. Sono stati adottati – soprattutto al Centro-Nord – i Piani urbani del traffico, istituite Zone a traffico limitato nelle aree centrali, installati varchi telematici di controllo, create piazze e percorsi pedonali.
Per il trasporto pubblico ci sono luci e ombre. Nuove reti metropolitane sono cresciute a Milano, Roma, Napoli, Torino, Brescia, Genova, Salerno, Catania, ma rispetto al resto d’Europa scontiamo ancora un deficit di -58% di reti in servizio. Per le reti tranviarie va anche peggio, perché le altre città europee in media hanno un 68% in più di reti tranviarie, nonostante che negli ultimi 15 anni siano stati realizzati 55 km di nuove reti tranviarie in Italia nelle città medie. Mancano treni, autobus e tram per il trasporto urbano e pendolare, come documenta ogni anno il Rapporto Pendolaria di Legambiente. Dal 2010 al 2015 le risorse per il trasporto pubblico sono state tagliate da 6.2 miliardi a 4.8 miliardi di euro di contributi annuali e il taglio dei servizi in particolare nelle regioni del Mezzogiorno è stato pesante. Ma anche le grandi città non sono più riuscite a fronteggiare (tranne qualche eccezione come Milano) la domanda in crescita di trasporto urbano.
La bicicletta e il suo sviluppo hanno avuto buone prestazioni nelle città medie del Nord a partire da Ferrara, Reggio Emilia, Pesaro, Bolzano, Mantova, dove gli spostamenti quotidiani sulle due ruote si aggirano stabilmente tra il 25 e il 30%. Le grandi città invece sono molto indietro, non superano il 3-4 %, con l’eccezione di Bologna (che ha investito molto sulla bicicletta) dove il 10% dei cittadini usa le due ruote ogni giorno per gli spostamenti.
Infine un dato sull’incidentalità stradale: ogni anno vi sono in Italia circa 180.000 incidenti, con 3.385 morti e 250.000 feriti. Di questi incidenti ben il 75% avviene nelle città e nelle aree urbane. I morti da incidentalità in città sono il 44% del numero complessivo e tra questi ben 851 sono pedoni e ciclisti, cioè gli utenti con meno protezioni e sicurezza sulle strade, a partire da anziani e bambini il cui dato purtroppo è in crescita.
Il testo pubblicato costituisce un estratto dell’intervento pubblicato sull’e-book Sbilanciamo le città.
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