For sale/L’altalena di dati e numeri degli ultimi giorni non lascia dubbi sull’andamento dell’economia reale del Paese. Nessun segno positivo di cambio di rotta dal mercato del lavoro
L’altalena di dati e numeri degli ultimi giorni non lascia dubbi sull’andamento dell’economia reale del Paese. Nessun segno positivo di cambio di rotta dal mercato del lavoro, piuttosto tendenziale stabilità nel periodo dicembre-febbraio rispetto ai tre mesi precedenti secondo la nota diffusa dall’Istituto Nazionale di Statistica martedì 31 marzo. Nel complesso la disoccupazione torna a crescere nel mese di febbraio con un tasso di disoccupazione al 12,7% (14,1% per le donne e 11,7% per gli uomini) e gli occupati diminuiscono di 44 mila unità rispetto a gennaio. Donne (-42 mila unità su gennaio) e giovani tra i 15 e i 24 anni (-34 mila su gennaio) i più colpiti. Anche il tasso di occupazione, pari al 55,7% (46,8% per le donne), cala di 0,1 punti percentuali nell’ultimo mese, a fronte di un aumento dei disoccupati dello 0,7% su base mensile e del 2,1% su base annuale (+67 mila). Il numero di individui inattivi fra i 15 e i 64 anni è lievemente aumentato nell’ultimo mese (+0,1%), sebbene in declino su base annua dell’1,4%. Nessun segno positivo anche in termini di “qualità” del lavoro, al netto delle cessazioni di rapporto, i contratti a tempo indeterminato sono passati da 27.119 di gennaio a 18.584 nel mese di febbraio confermando il dato tendenziale dell’ultimo trimestre 2014 di un incremento dei rapporti di lavoro a tempo determinato e di un decremento di quelli a tempo indeterminato (-2.4%) [1]. Il mercato del lavoro italiano non si posiziona bene neanche nel confronto europeo, con un tasso di disoccupazione più alto rispetto alla media della zona euro (11,3%) del febbraio 2015. In particolare, la disoccupazione giovanile (42,6% in cerca di lavoro tra i 15 e i 24 anni) è doppia rispetto a quella dell’area euro (22,9%) e nell’ultimo anno in Italia l’occupazione dei giovani è diminuita di 40mila unità. In definitiva, nonostante gli indici compositi del clima di fiducia dei consumatori e delle imprese hanno fatto registrate rispettivamente un incremento di 3,2 punti per il primo (da 107,5 di febbraio 2015 a 110,9 di marzo) e di 5,5 punti per il secondo (da 97,5 di febbraio a 103 di marzo), nessun segno di reale ripresa dal mercato del lavoro e dalla produzione industriale. Quest’ultima è infatti diminuita dello 0,7% a gennaio 2015 rispetto a dicembre 2014. Inoltre, nel quarto trimestre del 2014 gli investimenti fissi hanno registrato un calo del 3% rispetto al corrispettivo trimestre del 2013, tanto nel settore dei trasporti, delle costruzioni e dei macchinari e delle attrezzature. Allargando il fuoco della lente dal bimestre febbraio-marzo 2015 agli ultimi tre anni, ci si accorge maggiormente del tracollo produttivo del Paese. A fronte di un clima di fiducia nelle imprese e giudizi sugli ordini, la produzione industriale segna un andamento negativo che risulta ancor più evidente se si considera la perdita produttiva del 24% registratasi fra l’aprile del 2008 e il dicembre del 2014. Una deindustrializzazione importante con due maggiori picchi, nel 2008 e nel 2011. Quest’ultima recessione iniziata nel maggio 2011 sembra essere associata ad un forte calo della domanda interna e non è certo stata accompagnata da una ripresa della produzione industriale. Al contrario, se si considera l’intera fase recessiva, la produzione industriale è calata di oltre 40 punti nel settore dei beni intermedi (da 127 del gennaio 2007 a 81 del gennaio 2015, 2010=100), di 32 punti in quello dei beni strumentali (da 114.7 del gennaio 2007 a 82.1 del gennaio 2015, 2010=100), e di 20 punti per i beni di consumo (da 102.5 del gennaio 2007 a 81.9 del gennaio 2015, 2010=100). In sostanza, nonostante un miglioramento nel clima di fiducia degli operatori registratosi nell’ultimo mese (marzo rispetto a febbraio), occupazione e produzione stentano a decollare delineando un quadro di tendenziale stabilità piuttosto che di ripresa effettiva dell’economia.
[1] Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.