Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, starebbe per presentare al tribunale di Roma un’istanza di liquidazione del quotidiano fondato da Antonio Gramsci
Da un po’ di tempo sulla prima pagina dell’Unità (in fondo a destra) appare il seguente comunicato del comitato di redazione: “I giornalisti de L’Unità continuano lo sciopero delle firme. Mancano due giorni alla data dell’assemblea dei soci chiamata a far la scelta decisiva per la testata. Non accetteremo ulteriori rinvii. Il giornale non può permettersi di galleggiare, di restare ancora senza un vero piano industriale e chiari obiettivi di sviluppo, soprattutto alla vigilia dei mesi estivi”.
La pubblicazione di questo comunicato sembra essersi interrotta mercoledì 4 giugno, ma ciò non toglie che sia segno non solo di crisi ma anche di forti dissensi nel Pd.
Renzi starebbe per presentare al tribunale di Roma un’istanza di liquidazione dell’Unità. In altre parole un passo ufficiale per chiudere il giornale.
Questa la pesante novità del nuovo corso del Pd dopo il suo straordinario successo elettorale. L’Unità, fondata da Antonio Gramsci nel 1924 è diventata un negativo residuo del passato, un ostacolo a ogni programma di rinnovamento. Da rottamare.
È questo che dobbiamo capire dalla decisione di aprire la procedura di fallimento e, quindi, di chiusura? Certo, l’Unità versa come e più degli altri quotidiani in grandi difficoltà, ma in altri tempi ci sarebbe stato, sulla scia del successo elettorale, il lancio di una grande campagna di sottoscrizione, come altre volte nel passato, e non una richiesta di fallimento, cioè di chiusura. Tanto più che a fare questa richiesta non sono i creditori in sofferenza ma la segreteria del Pd.
Luciana Castellina in un serio e attento articolo sul manifesto di venerdì 30 maggio ha scritto che il Pd sta diventando come il partito democratico Usa, ma dubito che quel partito avrebbe preso decisioni di questo tipo, così autolesionistiche. Ma nella nuova logica renziana chiudere l’Unità non è autolesionistico ma liberatorio di tutto l’inutile e dannoso ciarpame di sinistra che qualcuno vuole ancora conservare, quando il mondo è cambiato e si sono dissolte le prospettive socialiste e comuniste.
Il mondo così come è va bene, non si tratta di cambiarlo ma di governarlo cosi come è, di riuscire ad avere un potere personale di governo. Questa sarebbe la linea di Matteo Renzi: chiudere l’Unità è ai suoi occhi liberarsi del peso di un passato piuttosto assurdo, per tentare di avere un po’ di peso nel mondo capitalista. Ai lavoratori, bene che vada, si potrà dare qualche mancia.
Ma a chi serve oggi fare fallire l’Unità?