Il bonus di 80 euro riservato dal governo ai lavoratori dipendenti è un provvedimento parziale perché esclude i molti lavoratori autonomi e a progetto. E, se l’obiettivo è quello di sostenere i redditi famigliari, rischia di produrre ingiustizie e distorsioni
Bene che il governo si sia posto la questione di non escludere gli incapienti dal bonus di 80 euro riservato ai lavoratori dipendenti a basso reddito. Si eviterebbe così (il condizionale è d’obbligo perché le coperture non sono ancora individuate) l’errore più volte ripetuto in passato di escludere da un beneficio proprio coloro che ne avrebbero più bisogno (e diritto, nella misura in cui il criterio di accesso al beneficio è appunto il basso reddito). Anche se la cifra di cui si parla è davvero risibile, specialmente trattandosi dei più poveri: 25 euro al mese a fronte dei già non generosissimi 80 destinati ai lavoratori capienti. E non è neppure chiaro se andranno a tutti gli incapienti, o solo a quelli che sono lavoratori dipendenti, per simmetria con il provvedimento principale.
Sul piano dell’equità rimangono, in ogni caso, aperti due altri problemi. Il primo riguarda l’esclusione dal beneficio, a parità di reddito, dei molti lavoratori autonomi, o a progetto. So bene che il reddito di costoro è di più difficile accertamento. Ma in un momento in cui si sollecita la solidarietà nazionale a sostenere i propri lavoratori poveri, non si può guardare solo ad un, pur importante, settore. Non si possono proporre l’auto-impiego e l’auto-imprenditorialità come soluzione al problema dell’occupazione, specie per giovani e donne, e poi considerare questi lavoratori meno meritevoli di sostegno dei lavoratori dipendenti. Il secondo problema riguarda il fatto che il riferimento è al reddito individuale, non famigliare, inevitabilmente, dato che si tratta di uno sconto sull’IRPEF, che è, appunto, un’imposta individuale.
Si tratta quindi di un sostegno ai lavoratori (dipendenti) a basso reddito, non necessariamente alle famiglie (incluse quelle di lavoratori dipendenti) a basso reddito. Su questo occorre essere chiari. Certamente ne trarranno beneficio molte famiglie di lavorator (dipendenti) a basso reddito, in particolare quelle monoreddito. Ma ne trarranno beneficio anche molte altre con un reddito complessivo ben più alto, in cui tuttavia uno, o più, lavoratori ha un reddito che dà accesso al beneficio. Come è già successo in passato per altre misure che hanno utilizzato il fisco per operare una redistribuzione a favore dei più poveri (ad esempio la maggiorazione delle detrazioni dei figli a carico), potrà succedere che una famiglia in cui l’unico percettore di reddito guadagna un euro in più del tetto non percepisca il bonus, mentre un’altra con un reddito complessivo più alto ne potrà percepire anche più di uno. E non accenno neppure alla questione della numerosità diversa delle famiglie.
Per essere chiari: se si tratta di sostenere il reddito da lavoro, a prescindere dalla situazione famigliare, la soluzione è metodologicamente adeguata, salvo che per l’esclusione di molti lavoratori. Se si tratta di sostenere i redditi famigliari, non solo è parziale, ma rischia anche di produrre ingiustizie e distorsioni. Meglio dire che l’obiettivo è il primo, senza evocare boccate di ossigeno per le famiglie tout court. Tantomeno è un sostegno a tutti coloro che si trovano in povertà.