I lavoratori immigrati sono soggetti ai licenziamenti molto più degli italiani. Lo dicono le statistiche che parlano di una dinamica più che doppia per i primi rispetto ai secondi
Le statistiche dicono che con la crisi le imprese hanno preso a licenziare in maniera molto rilevante e questo è noto a tutti. Quello che è forse meno noto è che sempre le statistiche mostrano che i lavoratori immigrati sono soggetti ai licenziamenti molto più degli italiani; le stime parlano di una dinamica più che doppia rispetto a questi ultimi. Così, qui di seguito, abbiamo voluto ricordare alcune delle spesso difficili vicende lavorative degli stranieri, extracomunitari e non, di cui abbiamo avuto in qualche modo, di recente, diretta conoscenza. I nomi sono di fantasia.
Wanda è una signora di meno di quaranta anni, originaria di un paese dell’Europa Centrale; è in Italia da diversi anni, è sposata con un italiano, Mario, vive a Bologna ed ha due figli piccoli. Ha lavorato per due anni in un esercizio commerciale senza ricevere alcuna retribuzione; ora ha aperto una vertenza con la ditta in questione e spera di ottenere alla fine qualche soldo. Intanto il marito, che aveva un lavoro che si riteneva abbastanza solido, è stato licenziato e la famiglia si è ritrovata senza alcun introito regolare. Mario è peraltro originario di una regione meridionale e, grazie a delle relazioni personali in loco, ha trovato un lavoro al Sud, dove la famiglia si sta quindi per trasferire. Anche Wanda spera, forse a torto, di riuscire a trovare un posto in loco, contando poi sulla rete dei parenti di lui per accudire durante il giorno i bambini. Ma forse si illude.
Nick ha circa quarantacinque anni ed è nigeriano; lo ho conosciuto e incontrato alcune volte qui in Romagna, dove ogni tanto viene per incontrare dei parenti. Nick è in Italia da dodici anni e lavora da sempre nella stessa impresa industriale del Veneto, dove sembra che sia ben apprezzato; solido, ben piantato, gli toccano dei lavori pesanti, ma non si lamenta. Sposato con due figli, appare contento del destino che gli è toccato. I figli vanno a scuola e si sono bene integrati; ottengono ottimi risultati scolastici. Uno da grande vorrebbe fare l’ingegnere, l’altro il medico.
Ma l’ultima volta che lo ho intravisto un’ombra velava il suo sguardo: la sua impresa ha qualche difficoltà, anche se apparentemente non grave, c’è stata di recente un po’ di cassa integrazione, mentre il padrone da qualche tempo sembra abbastanza preoccupato della situazione.
Li Xiang è un ragazzo cinese la cui età dovrebbe aggirarsi su poco più di trenta anni. È venuto in Italia insieme ad un coetaneo della sua stessa età; hanno aperto insieme un negozio, comprato da un italiano, ma le cose, complice la crisi, non sono andate bene. Il suo amico è emigrato ora in Perù, paese in pieno boom economico ed anche lui si appresta, a suo dire, a raggiungerlo. Sembra che laggiù in questo momento sia facile, per dei ragazzi attivi, fare dei soldi e comunque guadagnarsi bene da vivere.
L’episodio appare abbastanza allarmante. Come è noto, i cinesi sono di norma molto intraprendenti, i soldi per avviare delle attività in qualche modo non gli mancano, sono molto flessibili e pronti a tutti i sacrifici; passano con tranquillità e in meno che non si dica da un paese all’altro, da un continente all’altro. Per altro verso, se anche essi fuggono dal nostro paese, vuol proprio dire che le cose si mettono male per noi. Ma può darsi, chissà, che abbiano semplicemente sbagliato qualcosa nelle modalità di gestione del negozio; speriamo.
Alionne è un giovane senegalese, anche lui sui trentacinque anni. Lo ho conosciuto perché ha fatto a lungo il posteggiatore in centro nella città in cui vivo. Avevo promesso di regalargli la mia vecchia auto quando avessi comprato la nuova, mentre un altro senegalese mi avrebbe invece offerto sino a mille euro.
Ma poi è sparito perché si è spostato in un’altra zona. Ci deve essere una regia sapiente che muove gli extracomunitari e delimita il tipo di attività e le aree da coprire, perché trovo riscontri anche con altri casi.
Lo ho incontrato per caso fuggevolmente qualche settimana fa ed appariva contento dell’arrivo dell’estate perché si poteva spostare al mare dove, a suo dire, si guadagna di più. Ma molto recentemente ho saputo da dei suoi amici che è riuscito a trovare un lavoro relativamente stabile come cameriere. Chissà se è vero.
Karol e Luzina sono due polacchi, sposati da tempo. Ambedue con un buon grado di istruzione e lui con precedenti esperienze lavorative nell’edilizia nel suo paese, si trovano da noi da diversi anni. Hanno due figli piccoli. Lui ha quasi subito avviato una piccola attività imprenditoriale nel campo del restauro degli immobili, attività che per qualche tempo è andata abbastanza bene, mentre lei stava a casa. Hanno comprato un appartamento facendo un mutuo. Ma con la crisi l’impresa è fallita e lui si è trovato disoccupato. Questo ha costretto la moglie a cercare lavoro e a svolgere servizi domestici qua e là per la città. Intanto maturavano le rate del mutuo e quelle del condominio, che la coppia si è trovata in crescente difficoltà a regolare. Per fortuna di recente lui ha trovato lavoro come dipendente, guardia notturna in un centro commerciale; ma soffrono per il degrado sociale della loro posizione.
Norman è un giovane proveniente dalla Nigeria portato nel nostro paese da un’organizzazione sportiva italiana che andava arruolando ragazzi dotati per il calcio e a cui si prometteva un futuro importante. Lui era molto bravo ed era inserito in una squadra locale giovanile, senza compensi in denaro, ma con l’offerta di vitto e alloggio. L’organizzazione ha poi avuto delle difficoltà e si è praticamente sciolta, ma, nel frattempo, dopo tre anni di soggiorno in Italia, qualcuno lo ha notato ancora una volta e lo ha arruolato in Germania con una discreta paga; gioca ora in una squadra provinciale in quel paese e, a dire dei suoi amici, è molto contento.
Infine una situazione di gruppo. I vari episodi della rivoluzione tunisina hanno portato a suo tempo in Italia molti profughi; in Romagna ne sono arrivati diverse decine. In genere senza mezzi, per un po’ sono stati sostenuti soprattutto da organizzazioni locali del volontariato, che in particolare li hanno aiutati a superare l’inverno. Ma pressoché nessuno di loro ha trovato lavoro nei mesi successivi; la situazione è oggi difficile anche in Romagna. Allora in diversi sono ripartiti per altri lidi, la Francia o la Germania, dove molti hanno comunque qualche conoscenza, altri sopravvivono da noi come possono. Alcuni si sono così, almeno come si dice in giro, inseriti nel commercio della droga, qualcun altro fa il posteggiatore. Vita molto grama.
Un quadro complessivo indubbiamente difficile.