Una trovata che sposta soldi dai volontari ai terremotati. Oppure dallo Stato allo Stato. La ricostruzione comincia con una partita di giro
Tra qualche giorno, compilando la dichiarazione dei redditi, forse avremo la possibilità di donare il 5 per mille delle nostre tasse ai terremotati d’Abruzzo. Solidarietà, tempestività, soldi che vanno dalle tasse a chi ne ha bisogno: cosa c’è di meglio, per fare qualcosa di utile? Eppure, le cose non stanno proprio così, e dietro l’apparenza buonista del 5 per mille all’Abruzzo si cela più di un’insidia. Tanto per cominciare: il 5 per mille non è una tassa in più, è la destinazione di una piccola quota delle nostre tasse a soggetti che operano nello spazio del volontariato e della ricerca scientifica. In più, l’anno scorso si era aggiunta la possibilità di dare il 5 per mille anche al proprio Comune per progetti sociali. Dunque, destinando il 5 per mille ai terremotati non si hanno soldi “nuovi” (“veri”, direbbe Marcegaglia), ma si spostano fondi. Lo spostamento può avere due direzioni: 1) dal mondo del non profit ai terremotati; 2) dallo Stato ai terremotati. Vediamo come.
Nel 2006 – ultimo anno di cui si hanno i dati e i conteggi precisi – il 61% dei contribuenti ha espresso la sua scelta sul 5 per mille, per una somma totale di 400 milioni. Si tratta di una manifestazione di volontà molto ampia, rispetto a quella dei “cugini” dell’8 per mille: nel caso del finanziamento delle confessioni religiose, infatti, si esprime normalmente meno del 40% dei contribuenti che presentano la dichiarazione dei redditi. Se all’interno di quel 61% ci sarà un moto di solidarietà verso i terremotati, e dunque un cambiamento della scelta, questo andrà – per forza di cose – a scapito del volontariato, della ricerca, del non profit: molte delle associazioni della lunga lista del 5 per mille sono impegnate proprio in Abruzzo in questo momento, altre si occupano di altri drammi sociali, altre integrano la scarsa presenza dello Stato nella ricerca scientifica. Ci si potrebbe chiedere se, invece di spostare risorse dalla Croce Rossa o dalla ricerca contro il cancro ai terremotati (per fare solo due esempi) non sarebbe meglio spostarle dai proprietari di ville (che non pagano più l’Ici) a chi non ha più la casa.