In Italia c’è una bolla inesplosa: i crediti in sofferenza verso le società immobiliari piene di immobili invenduti. Una proposta: abbassare i valori di rendita nell’edilizia residenziale nuova. Scenderebbe anche il prezzo degli alloggi
Il perdurare della profonda crisi fa aumentare l’ammontare dei crediti in sofferenza o per i quali è alto il rischio che i loro prenditori non riescano a generare flussi di rientro. Nelle scorse settimane, un rapporto di Mediobanca Security ha proposto la costituzione di una Bad Bank per ripulire i bilanci delle banche dai titoli “tossici”. L’idea non ha incontrato il gradimento dei vertiti del sistema creditizio italiano.
Resta però la necessità, per le banche, di liberarsi o ridurre i crediti inesigibili (oppure di rafforzare il loro patrimonio). Che ciò possa richiedere la costituzione di una Bad Bank è una possibilità tutt’altro che remota. Ma una Bad Bank ha dei costi, e qualcuno -alla fin fine i contribuenti- deve sopportarli. Minore è l’ammontare dei crediti inesigibili che le viene caricato, più basso è il costo della Bad Bank.
È ipotizzabile una riduzione dei crediti di difficile incasso, anche in previsione di una loro cessione ad una Bad Bank?
Crediti in sofferenza per mancanza di sbocchi
La risposta, a questo quesito, potrebbe essere positiva, almeno per la parte dei crediti in sofferenza relativi al settore dell’edilizia residenziale.
A quelle sofferenze corrispondono immobili il cui prezzo di mercato è, molto probabilmente, ancora superiore all’ammontare del credito concesso, alle imprese, per la loro realizzazione. La Banca d’Italia rileva che “i prezzi delle case, pressoché invariati nell’ultimo triennio, sono in leggera flessione dalla fine dello scorso anno” i; l’Istat, nell’ultima rilevazione congiunturale sull’indice dei prezzi delle abitazioni ii, conferma la tenuta dei prezzi delle abitazioni nuove. Il credito concesso al settore dell’edilizia residenziale, non è, quindi, diventato “tossico” per l’esplosione della bolla immobiliare, con conseguente crollo il valore delle case al di sotto del valore dei finanziamenti ricevuti, bensì a causa della difficoltà di venderle. Se gli operatori economici che ne sono proprietari trovassero dei compratori, molto verosimilmente la gran parte di essi non avrebbero difficoltà a restituire i fondi presi a prestito.
Una domanda potenziale di abitazioni esiste, ma non riesce a diventare effettiva. Le ragioni sono varie. Un ostacolo primario è costituito dall’elevato valore a metro quadro delle abitazioni. La flessione dei prezzi di libero mercato delle abitazioni dall’inizio della crisi, non è stata tanto rilevante da aumentarne l’accessibilità, anche per famiglie con reddito medio non toccate dalla crisi nei loro redditi.
Edilizia libera a prezzi di convenzionata
Se si vuole che la domanda insoddisfatta di case si trasformi in domanda effettiva, è indispensabile che i lori prezzi di vendita si abbassino. Prima questo avviene, meglio è. Perdurando la crisi, è probabile che i prezzi subiranno una ulteriore flessione; ma, se si aspetta che ciò avvenga come effetto del “naturale” decorso della crisi, è anche probabile che, allora, anche la domanda avrà fatto registrare una ulteriore flessione a causa della riduzione di reddito delle famiglie.
Una consistente riduzione del prezzo a metro quadro può essere ottenuta cedendo gli immobili costruiti per essere venduti a prezzo di libero mercato, alle condizioni economiche degli alloggi di edilizia convenzionata, i quali sono venduti a prezzi stabiliti per via amministrativa, attraverso convenzioni tra gli operatori economici che ne sono proprietari e i comuni sui cui territori essi sono ubicati.
I prezzi di vendita degli alloggi di convenzionata possono essere più bassi di quelli di libero mercato anche di una percentuale del 35-40%. Una differenza notevole non giustificata da diversità nella caratteristiche costruttive delle abitazioni, bensì dalla componente del prezzo di vendita riconducibile alla rendita.
Tagliare la rendita
Il fattore che maggiormente influisce, sulla differenza di prezzo tra l’edilizia libera e l’edilizia convenzionata, è, infatti, il diverso valore del terreno edificabile. Nel caso dell’edilizia convenzionata, l’incidenza del valore del terreno è compresa dai prezzi di vendita degli alloggi che risultano relativamente bassi, poiché vengono determinati sulla base di parametri relativi al costo industriale di realizzazione del manufatto, alle spese tecniche e a tutti gli altri oneri. Naturalmente, si considera anche il valore dell’area sulla quali l’immobile viene realizzato, ma esso è contenuto, giacchè la trasformazione da agricola ad edificabile è concessa dal comune alla sola condizione di realizzare case a prezzo contenuto.
Il peso della rendita relativa al terreno è, invece, immeritatamente spropositato nell’edilizia libera. È possibile ridurre il valore del terreno negli alloggi già realizzati per essere venduti a prezzi di edilizia libera allo stesso ordine di grandezza applicato all’edilizia convenzionata? Questa operazione è possibile in tutti quei casi in cui gli alloggi sono stati costruiti su terreni dei quali gli imprenditori erano già proprietari prima che essi diventassero edificabili: l’enorme incremento di valore dei terreni da essi acquistati come agricoli è dovuto unicamente ad una decisione politico-amministrativa.
Se questi operatori rideterminano il prezzo di vendita degli alloggi valutando il terreno al quale lo hanno acquistato, non accusano alcuna perdita. Certo non guadagnano tanto quanto avrebbero potuto in tempi di vacche grasse, ma, forse, per molti di essi sarebbe un buon modo per far passare a’ nuttata, se questa fosse la condizione per liberarsi dell’invenduto.
Un gioco a somma positiva
Questa ipotesi di lavoro configura un gioco a somma positiva, per le potenzialità che ha di contribuire a riattivare la domanda di abitazioni. Ad avvantaggiarsene potrebbero essere tutti i soggetti interessati. Degli operatori del settore si è già detto: quanto più essi vendono tanto più riescono a ridurre la loro esposizione nei confronti delle banche; alleggerendo il “magazzino” creano anche le condizioni per riprendere la “produzione”, ammesso che ve ne sarà un effettivo bisogno.
Se si riduce il prezzo degli alloggi si riduce anche l’ammontare del credito necessario per il loro acquisto. I mutui diventano più sostenibili e aumenta il numero delle famiglie che potrebbe risolvere il problema della casa in maniera definitiva.
Nella misura in cui questa operazione avesse successo, si produrrebbe un miglioramento degli attivi degli istituti di credito, a prescindere dalla costituzione della Bad Bank. Si ridurrebbe l’ammontare dei crediti assoggettati ad un qualche livello di rischio, ma si abbasserebbe anche il livello complessivo del rischio a seguito della trasformazione di un certo ammontare di credito edilizio in credito fondiario. Infatti – ed è sempre opinione della Banca d’Italia- ad esporre le banche all’andamento del mercato immobiliare sono soprattutto i prestiti erogati alle imprese, mentre i mutui concessi alle famiglie per l’acquisto di abitazioni comportano rischi limitati per loro i bilanci.