Guerre e politiche securitarie poggiano su sistemi operativi, in primis su Palantir, società di Peter Thiel e Alex Karp diventata fondamentale nei teatri di guerra in corso, per la caccia ai migranti negli Usa. Dopo la visita di Trump a Londra si estende in Uk. Con un piedino in Italia.
I conflitti contemporanei, dall’Ucraina al Medio Oriente, si stanno rivelando essere sempre più guerre digitali, dove l’Intelligenza Artificiale e le capacità di elaborazione dati diventano elementi decisivi sul campo di battaglia. Non si combatte più solo con armi fisiche: informazioni, dati interconnessi e algoritmi avanzati formano ormai un vero e proprio sistema operativo della guerra moderna. E’ il controllo dei flussi informativi a determinare il successo delle operazioni con la stessa – se non maggiore – importanza della potenza di fuoco tradizionale.
In questo scenario, le Big Tech, tradendo le loro originarie narrative di beneficio per l’umanità, si sono posizionate velocemente in prima linea per sfruttare le opportunità offerte dalle tensioni globali, mettendosi pesantemente in corsa per inserire le loro capacità di Intelligenza Artificiale e di calcolo nella gestione dei conflitti, siano essi di tipo geopolitico o di controllo sociale ad uso interno. Un’operazione pervasiva che invade non solo gli ambiti securitari e bellici, ma anche settori che fino a poco fa erano dominio esclusivo degli Stati nazionali.
Mentre i riflettori mediatici restano focalizzati sul ristretto gruppo FAMAG (Meta, Apple, Microsoft, Amazon, Google), note per le nostre interazioni quotidiane, è un’altra azienda, mediaticamente “minore”, a rappresentare un’alternativa tanto silenziosa quanto potente: Palantir Technologies. Poco visibile rispetto alle altre, si è già profondamente integrata con gli apparati di sicurezza e di guerra americani, ed è molto avviata nella stessa direzione in tutto l’Occidente. A differenza delle altre, Palantir preferisce rimanere in penombra: non vende se stessa al pubblico, non fa pubblicità. Vende potere. Potere dato in uso a Stati e governi, potere di prevedere, di controllare, di dominare. E facendo questo, in qualche modo, diventa essa stessa Stato.
Gemelli diversi per uno stesso potere
Fondata nel 2003 da Peter Thiel e Alex Karp, due figure apparentemente antitetiche ma perfettamente allineate nelle strategie, la Palantir nasce dichiarando immediatamente il suo campo di azione nella sicurezza nazionale, inserita perfettamente nella guerra al terrore che segue l’11 settembre del 2001. A partire da allora, la Palantir non è stata semplicemente produttrice di una serie di software più o meno complessi, ma ha sviluppato l’architettura operativa di un nuovo tipo di Stato, dove sorveglianza e abilitazione all’utilizzo della forza possono essere esternalizzate a entità private. Sintomatologia evidente di una trasformazione radicale in senso negativo del contratto sociale stabilito nel dopoguerra. Oggi la paura esistenziale che vive dell’Occidente può avviarsi a diventare l’incubo fascistoide di un panopticon digitale di massa.
Peter Thiel, libertario di destra e profeta della tecnocrazia, unisce alla figura dell’investitore tecnologico quella del filosofo politico, alimentando una visione del mondo radicalmente contraria alla democrazia, considerata intrinsecamente corrotta e inefficiente. La sua celebre affermazione “la libertà e la democrazia non sono compatibili” funge da giustificazione per affidare a un’élite tecnocratica il compito di guidare la società, superando del tutto i lacci che deriverebbero dal controllo democratico. Thiel è ossessionato dallo spettro di un Armageddon, il collasso della civiltà occidentale che non è più capace di sviluppare tecnologia a fronte dell’ascesa di potenze “ostili” come la Cina, e dalla figura dell’Anticristo , inteso come simbolo della mediocrità burocratica e del conformismo che, a suo avviso, minano dall’interno l’Occidente bloccandone lo sviluppo tecnologico.
Proprio da questa ossessione nasce Palantir: concepita come una specie di assicurazione contro il caos, l’azienda incarna l’idea di un argine tecnologico al declino. Thiel non solo fornisce il capitale iniziale – 30 milioni di dollari ricavati dalla vendita di PayPal – ma anche l’intuizione originaria: trasformare l’algoritmo antifrode sviluppato per PayPal in uno strumento in grado di analizzare e connettere i più disparati dati dispersi nel web come altrove, individuando minacce reali e potenziali attraverso l’esplicitazione di schemi altrimenti invisibili. In questo senso, Palantir non è solo uno strumento di difesa: è anche l’incarnazione di una controffensiva tecnocratica alla crisi della democrazia liberale.
Dall’altro lato, Alex Karp rappresenta il volto apparentemente contraddittorio e il braccio operativo dell’azienda. La sua formazione alla Scuola di Francoforte – dove studiò sotto Jürgen Habermas approfondendo la teoria critica e i rischi del determinismo tecnologico – sembrerebbe collocarlo in una tradizione di pensiero diametralmente opposta alle pratiche di sorveglianza di massa. Eppure, Karp ha compiuto un’evoluzione peculiare: ha mantenuto un linguaggio e un’identità liberal (è noto per il suo sostegno al Partito Democratico), mentre l’azienda da lui costruita rappresenta per molti versi una perfetta antitesi dei valori democratici dai lui formalmente professati.
Il paradosso è solo apparente: Karp reinterpreta il pessimismo della Scuola di Francoforte in un realismo geopolitico. Se la razionalità strumentale domina il mondo, invece che combatterla è meglio usarla per “proteggere l’Occidente”. La sua retorica non è quella della distruzione della democrazia, ma della sua protezione attraverso mezzi extrademocratici. Mentre Thiel teorizza apertamente l’anti-democrazia, Karp vende Palantir ai governi degli Stati democratici con il linguaggio della necessità e della responsabilità.
È lui il venditore capo, colui che ha bussato alle porte della CIA (attraverso il suo braccio venture-capital, In-Q-Tel), del Pentagono e dell’FBI, trasformando la paranoia visionaria di Thiel in contratti miliardari. La sua abilità è stata nel convincere le istituzioni che Palantir era necessaria per salvarle da sé stesse e dalle nuove minacce del XXI secolo. La sua filosofia – ereditata dalla formazione francofortese e piegata ai puri fini tecnocratici – affida a piccoli gruppi di esperti la capacità di decidere, giustificando così un sistema che concentra il potere nelle mani di pochi, sfidando tutti i principi di trasparenza e responsabilità propri del sistema democratico.
Questa sintesi tra retorica liberal e pratiche verticali rappresenta forse la più sofisticata evoluzione della sorveglianza moderna: non più imposta autoritariamente, ma venduta come necessaria protezione per preservare i valori democratici, proprio da chi quei valori dichiara di voler difendere.
Insieme, sono una simbiosi perfetta: Thiel fornisce la profezia dell’apocalisse, Karp la soluzione all’apocalisse, presentabile e redditizia. Se Thiel è il cervello strategico, Karp è il cuore e il venditore.
Insieme, hanno sviluppato una macchina di controllo totale: per la guerra, per la sicurezza interna, per l’intera amministrazione pubblica, il seme di una privatizzazione completa delle funzioni statali.
Il core business: guerra e sicurezza
Palantir sta ridefinendo il volto della guerra, fornendo il sistema operativo dei conflitti moderni. Il contratto da 10 miliardi di dollari con il Dipartimento della Difesa USA per il progetto Maven Smart System consacra il suo ruolo di regista digitale del potere militare americano. Le sue piattaforme software (come Gotham) integrano dati da droni, satelliti, intercettazioni e social media in un quadro operativo coerente, rendendolo indispensabile in teatri complessi.
Tuttavia, questo potere solleva questioni cruciali: fino a che punto una società privata può controllare decisioni militari che determinano vita e morte? Chi supervisiona i bias algoritmici? La risposta spesso è: nessuno, al di fuori della stessa Palantir.
Il conflitto ucraino è stato un banco di prova cruciale. Palantir ha fornito all’Ucraina software per integrare dati raccolti da fonti multiple – dai satelliti NATO ai combattenti sul campo e ai social media – coordinando la risposta militare. La visita di Alex Karp a Kiev è simultaneamente servita a una causa geopolitica e ad aprire nuovi mercati.
Anche nell’attacco israeliano a Gaza, Palantir emerge come fornitore chiave di Israele con i suoi strumenti utilizzati per identificare obiettivi a Gaza, sollevando serie questioni di legalità internazionale, vista la forte prevalenza di vittime civili prodotte quali “effetti collaterali” dei bersagli, e data l’opacità degli algoritmi utilizzati sul campo.
All’interno dei confini nazionali, Palantir diventa architetto di sistemi di sorveglianza più che controversi. Sebbene FBI, NSA e CIA utilizzino da anni i suoi strumenti , sono le azioni di polizia predittiva abilitate dai suoi dispositivi che stanno producendo le critiche più radicali. La polizia di New York ha investito 2,5 milioni di dollari in commesse a Palantir, per le quali non sono noti gli strumenti esatti dati in uso. Seppure in assenza di prove dirette pubbliche, è probabile che siano state abilitate azioni di polizia predittiva, con lo scopo di prevenire i reati, i luoghi dove avverranno e chi li commetterà, con buona pace di ogni presunzione di innocenza, della possibilità di amplificazione dei pregiudizi esistenti e della creazione di un circolo vizioso di sorveglianza discriminatoria. La cosa risulta essere tanto più grave tenendo conto che i software di controllo, definiti semplici strumenti tecnici, possono essere implementati senza alcun dibattito pubblico e senza trasparenza verso i cittadini. Questo è quanto è avvenuto segretamente a New Orleans, dove la Palantir ha sperimentato l’efficacia poliziesca delle sue tecnologe predittive. Attualmente l’apice dell’azione securitaria di Palantir si esplicita nel suo rapporto con l’ICE, l’ Immigration and Customs Eforcements, agenzia per l’immigrazione americana. Palantir fornisce database e strumenti analitici (tramite la piattaforma Falcon) per identificare, tracciare e deportare migranti, contribuendo a quello che i critici definiscono un “apartheid digitale” sin dal tempo della prima presidenza Trump. Karp difende questi contratti come legittima funzione statale, affermazione stridente con la sua retorica democratica e liberal. Questa collaborazione è quella che più evidenzia il paradosso centrale di Palantir: mentre usa un linguaggio di protezione democratica, fornisce strumenti per pratiche illiberali, operando senza remore nel delicato spazio che confonde la sicurezza nazionale con la sistematica violazione dei diritti fondamentali.
Nel frattempo la pre-polizia di Palantir è felicemente sbarcata in Europa, dove ha stretto una partnership con le forze di polizia inglesi per creare una rete di condivisione dati in tempo reale. Un altra partnership di polizia riguarda la Germania, dove 3 dei 16 Stati federali stanno già utilizzando il suo software Gotham, con l’obiettivo si estenderne l’uso a tutti gli Stati federali. Coincide con la visita di Trump in Inghilterra, infine, la notizia dell’avvio di una forte partnership tra l’azienda e il ministero della Difesa britannico.
Alla conquista delle amministrazioni
Partendo dagli strumenti per la difesa Palantir sta espandendo il suo ruolo verso la gestione di dati sensibili nei diversi settori statali fondamentali. Negli USA, durante la pandemia, il Dipartimento della Salute le ha affidato la propria piattaforma HHS Protect per aggregare e analizzare dati sanitari nazionali, creando un precedente che non è stato più interrotto. Significativo anche l’accordo con la FDA, Federal Drug Administration, attivo dal 2017 quale supporto all’agenzia per monitorare la sicurezza alimentare, che consegna a Palantir il controllo di un’infrastruttura critica. Sebbene nello scorso giugno siano circolate notizie sullo sviluppo di un database nazionale della popolazione gestito da Palantir, la società ha smentito e non risultano al momento documenti certi in tal senso.
In Europa, l’azienda replica lo schema offrendo soluzioni vendute come indispensabili, capaci, soprattutto, di far diventare se stessa il sistema operativo principe di qualsivoglia amministrazione pubblica. Oltre ai già citati interventi di supporto securitario e militare, nel Regno Unito, il NHS, National Health System, ha affidato a suo tempo a Palantir, senza gara e al costo simbolico di 1 sterlina, una piattaforma dati COVID-19, trasformata velocemente in un contratto milionario per la gestione dei dati sanitari nazionali. Qui medici e attivisti denunciano una privatizzazione strisciante della sovranità sanitaria.
In Italia, il Policlinico Gemelli ha siglato nel 2023 una partnership per realizzare attività di ricerca nella medicina digitale, basata sulla gestione dei dati ospedalieri, esponendoci a rischi simili di dipendenza tecnologica.
Palantir è sulla buona strada per conquistare l’Europa. Ogni volta lo schema si ripete uguale a se stesso: offrire efficienza in cambio di dipendenza tecnologica e cessione di sovranità.
L’inaccettabile prezzo di una efficienza antidemocratica
L’ascesa di Palantir e dei suoi profeti fondatori racconta una storia più grande delle pur critiche applicazioni sviluppate. È il sintomo di una crisi di fiducia pervasiva nelle istituzioni e di come, a risposta di ciò, gli Stati democratici si siano da tempo avviati verso una direzione fortemente tecnocratica e autoritaria: la delega a entità private, opache e non responsabili politicamente, che promettono efficienza e sicurezza in cambio di trasferimento di potere.
Thiel e Karp hanno sfruttato abilmente questa crisi esistenziale, prevedendone gli sviluppi prima di altri. Hanno creato un’azienda che vende protezione: dai terroristi, dai criminali, dal caos, oggi dallo stesso declino dell’Occidente e domani forse pure dall’invasione aliena, ma il prezzo di questa protezione è la cessione di pezzi sempre più grandi di sovranità democratica e libertà civili. Palantir incarna il paradosso centrale che stanno vivendo i sistemi politici nell’epoca attuale: le società democratiche stanno adottando strumenti che sono anti-democratici nella loro essenza intrinseca, favoriti da un generale spostamento in senso autoritario dell’opinione pubblica, spesso direttamente o indirettamente promosso. Il sistema politico, ampiamente delegittimato, trasferisce il potere decisionale a strumenti tecnici, prodotti da soggetti non eletti e opachi, che operano con logiche privatistiche e visioni del mondo distopiche. Il tutto passando attraverso i dati, il loro controllo e il loro utilizzo.
La critica non può consistere in un ormai impossibile rifiuto delle tecnologie informatiche ma dovrà essere capace di sviluppare un modello alternativo, trasparente e democratico di controllo pubblico dei dati, della loro gestione e del potere che da essi deriva. Esistono proposte forti che vanno in tale direzione, ma non potranno attuarsi in assenza di mobilitazione, o limitandosi a richiedere soluzioni normative di difficile attuazione e di ancor più difficile verifica. Il rischio è che il Leviatano digitale nato per proteggerci dalle minacce esterne finisca per erodere dall’interno le fondamenta stesse delle società democratiche per come l’abbiamo conosciute. Il futuro della democrazia non si combatte nel cyberspazio, ma nella capacità della società civile di determinare la propria direzione, riprendendo il controllo delle nostre istituzioni fondamentali, dalla sanità alla pubblica amministrazione, alla polizia, sottraendolo a chi ci vende lo sviluppo tecnocratico come l’unica soluzione possibile. Senza mai disvelarne il vero costo per noi cittadini: la perdita del nostro potere decisionale.