A Gaza è stato passato ogni limite. Chi non fa nulla è complice. Lo è l’Unione europea, lo è l’Italia del governo Meloni. Chi si batte per porre fine all’eccidio di Gaza – qualunque sigla associativa o sindacale – merita il nostro appoggio: è l’ora della mobilitazione permanente.
A Gaza si è superato il confine tra ciò che umano e ciò che disumano. La crudeltà e l’infamia del governo razzista e sanguinario di Netanyahu hanno superato ogni limite sopportabile da una comunità internazionale che sia veramente umana e democratica. Chi non fa nulla è complice. E lo è l’Unione europea, lo è l’Italia del governo Meloni. Le misure prese a Bruxelles sono sin qui ridicole, inutili. Giorgia Meloni, seguendo il suo padrone Trump, si accoda agli ipocriti alleati di un governo, quello israeliano, a cui si continua a lisciare il pelo.
Non è più tempo delle parole, ma dei fatti. La disobbedienza della Global Sumud Flottilla per portare aiuti a Gaza, le manifestazioni e lo sciopero della CGIL del 19, i cortei del 22 settembre con lo sciopero dei lavoratori e le manifestazioni degli studenti meritano tutte il nostro appoggio, il nostro sostegno concreto. Chi si batte per porre fine all’eccidio di Gaza – qualunque sigla associativa, qualunque sigla sindacale, qualunque istituzione lo faccia – merita il nostro appoggio. Basta politicismi ed equilibrismi.
Serve che si alzi la voce degli ebrei democratici, di sinistra, che è ancora troppo debole, troppo frammentata. E’ il governo di Netanyahu che sta alimentando l’antisemitismo, che noi combatteremo sempre e ovunque, “senza se e senza ma”. Si dice che Israele sia l’unica democrazia della regione: che democrazia è quella di un governo che compie in modo impunito un genocidio ? Oggi è il momento di prendere la parola e di scendere in piazza a fianco della popolazione palestinese, di salvare la gente di Gaza, di essere a fianco, in ogni modo, di chi dice “ora basta!”.
E ora che la Flottilla va verso Gaza e che -probabilmente- nei prossimi giorni sarà fermata e aggredita dalle forze armate israeliane, dobbiamo essere pronti per dire che serve sì uno sciopero generale, ma anche qualcosa di più concreto: bloccare con i lavoratori le attività dei porti italiani, di Genova, Ravenna, Catania, Livorno, Civitavecchia, Ancona, Trieste e tutti gli altri porti. Non solo i lavoratori: portiamo dentro nei porti gli studenti, le comunità, tutte le persone e fermiamo tutte le attività. Costringiamo il governo Meloni a cambiare politica, denunciamolo per le sue complicità e per le sue ipocrisie. E’ l’ora della mobilitazione.