Ricordo di Alex Langer, scomparso il 3 luglio di trent’anni fa, instancabile militante pacifista, ambientalista, antirazzista, parlamentare e molto altro ancora. Ci lascia idee e intuizioni e soprattutto una postura politica: l’impegno costante a cercare il dialogo, costruire “ponti”, come amava dire lui.
Il 3 luglio di 30 anni fa moriva Alex Langer.
Fu tante cose: allievo di don Milani, dirigente di Lotta Continua, attivista in Alto Adige contro il segregazionismo etnico, ambientalista, pacifista, parlamentare, esponente della Federazione italiana dei Verdi e dei Verdi europei. E tanto altro.
Fu instancabile e non si risparmiò mai: era sempre impegnato in tante campagne e iniziative. Certe volte era sopraffatto dagli impegni che prendeva. Ebbe molte intuizioni politiche e fu capace di lasciarci in eredità alcune espressioni e idee, che ancora oggi fanno parte del nostro bagaglio culturale, come la conversione ecologica o il pacifismo concreto. Fu un innovatore e nello stesso tempo un artigiano della politica: non aveva grandi organizzazioni che lo aiutavano, ma solo alcune persone, alcuni collaboratori. Era sempre impegnato direttamente, anche nella cura dei particolari organizzativi. Era paziente e amava dialogare, ricercare le soluzioni: i ponti tra posizioni diverse, per usare un’espressione a lui cara.
Alex Langer aveva insegnato per un breve periodo nella scuola dove studiavo: il XXIII liceo scientifico di Roma. Di quel periodo ho pochi ricordi. Da parte mia – militante della FGCI – ma forse anche da parte sua, c’era diffidenza come poteva esserci in quegli anni tra giovani comunisti e appartenenti ai gruppi della nuova sinistra. L’unico ricordo che ho scolpito è quello di un collettivo (si chiamavano così le riunioni degli studenti) che tenemmo il giorno dopo l’uccisione di tre ragazzi fascisti a via Acca Larentia nel 1978. Avevamo approcci e posizioni diverse, pur nella condanna dell’atto terroristico. Allora espressioni come antifascismo militante e autodifesa proletaria circolavano diffusamente, causandomi fastidio e contrarietà.
In realtà Alex l’ho conosciuto meglio dopo, durante la sua militanza ambientalista e pacifista, in particolare in ex Jugoslavia. Lì la sintonia nel lavoro comune fu piena. Impossibile citare i tanti ricordi: dal viaggio con la carovana della pace nel settembre del 1991 al Verona Forum con gli oppositori alla guerra, ai convegni a Tuzla e tanto altro. Ovunque mi recassi in Bosnia, Alex c’era già stato e aveva lasciato un ricordo, una testimonianza. Mi parlavano di lui. Mi ricordo lo sforzo di unire il nostro lavoro, di fronte a certe diffidenze che lui suscitava nelle componenti più tradizionali del pacifismo politico: io cercavo di fare da ponte, imparando da lui.
L’ultimo ricordo che ho di Alex è qualche giorno prima della morte, a metà giugno del 1995. Lavoravo con Goffredo Fofi a La Terra vista dalla luna e Goffredo (che era il direttore della rivista) mi chiese se potevo sentirlo per un articolo sulla guerra in Bosnia. Lo chiamai a Strasburgo e mi rispose mentre nel contempo mangiava un panino, rispondeva ad una collega del gruppo dei Verdi e dava indicazioni per la riunione del Verona Forum. Ma mi rispose con la sua consueta disponibilità: “Sì certo, lo faccio volentieri, per quando ti serve?”.
Quello fu l’ultimo articolo che scrisse prima della morte.