Renzismo alla prova/Un venticello di Renzimania tira in Europa. Ma dopo i primi entusiasmi cominciano i dubbi e in molti si chiedono se c’è davvero la sostanza
Matteo Renzi, il cavallo su cui puntare per cambiare l’Europa? Un venticello di Renzimania tira in Europa. L’Italia ha la presidenza semestrale fino a fine anno e la retorica immaginifica del presidente del consiglio italiano ha un po’ rinfrescato, mercoledì, l’aria dei discorsi paludati a cui ormai siamo abituati nei palazzi europei (dove persino il jurassico Juncker viene appezzato per le sue saltuarie battute). Ma riuscirà Renzi a scardinare un l’eterno compromesso europeo? Dopo le prime esplosioni di entusiasmo, cominciano i dubbi e in molti si chiedono se c’è davvero la sostanza. Ma Renzi è solo al comando, nel senso che non ha più rivali per incarnare l’offensiva contro l’austerità di Merkel: il Pd ha vinto le elezioni e portato a Strasburgo un consistente drappello nel Pse, mentre Hollande, che aveva sollevato delle speranze nel 2012, ha subito deluso e ormai i socialisti francesi sono al sesto posto, dietro i rumeni. Cameron, che sul fronte della lotta all’austerità era fin dall’inizio fuori gioco, si è impantanato da solo nella sua battaglia contro la Ue.
L’Italia è uno dei grandi paesi Ue. La presidenza greca, che ha preceduto quella italiana, è passata senza lasciare tracce, malgrado la situazione drammatica di Atene.
La Francia è in prima linea nell’interrogazione sull’affidabilità di Renzi. È a Parigi dove la Renzimania ha soffiato più forte. Al punto che c’è chi ha scritto che «Renzi è l’ultima chance di Hollande», nel senso che se non funzionerà l’asse italo-francese per smuovere gli investimenti produttivi, il presidente francese rischia di non arrivare a fine mandato, sfiduciato dai cittadini. Renzi è «un alleato, incontestabilmente» precisa una fonte dell’Eliseo. La road map è simile a quella di Hollande: «Un’Europa più impegnata a favore della crescita per correggere l’immagine istituzionale sinonimo di rigore» aveva detto il presidente francese. I francesi hanno un programma di rilancio, che Hollande non è riuscito a far passare. Ora lo affidano all’energia di Renzi: 240 miliardi di euro l’anno, cioè 1200 miliardi in cinque anni, per rilanciare l’economia, con progetti in infrastrutture, energia, ricerca, formazione dei giovani e salute. A finanziarlo dovrebbe essere la Bei, con un apporto del risparmio privato, che in Europa è alto (12% del pil). L’obiettivo è costituire un «risparmio comune» nella Ue da «orientare verso il finanziamento delle imprese».
Come si è visto mercoledì a Strasburgo dalle vive reazioni del capogruppo Ppe, il tedesco Manfred Weber, la strada non è spianata in questa direzione. La destra francese nel nuovo parlamento ha ormai perso la presidenza del gruppo, a causa del crollo elettorale. Renzi si trova così a dover affrontare quasi solo lo scoglio Merkel, che resta ben salda con i suoi alleati austeritari , dall’Olanda alla Finlandia. Renzi non ha messo i guanti nel ricordare alla Germania che nel 2003 aveva sforato i parametri di Maastricht: l’interpretazione è che, proprio grazie a questo sforamento, Berlino è oggi un’economia risanata (c’è il pareggio di bilancio, è stato annunciato questa settimana), con un tasso di crescita più alto dei vicini e un livello di disoccupazione più basso. Renzi può anche scherzare sul colore della giacca scelto dalla cancelliera per il bilaterale ai margini dell’ultimo Consiglio europeo – il viola, «come la Fiorentina» – ma ottenere più di una leggera dilazione nei tempi del rispetto dei parametri non sarà facile. Ci sono gli interessi dei paesi: la Germania non teme la deflazione, ha una popolazione anziana attenta al livello dei Fondi pensione. Di qui lo scarto con la Francia, che ha una popolazione giovane che si presenta sul mercato del lavoro e non lo trova. L’Italia, pur con una demografia in calo, ha tutti e due i problemi.