Il mesto semestre/L’Italia è in prima linea per la «riduzione dei rischi di rottura di approvvigionamento di gas». Ma la Russia potrebbe mettersi di traverso
Grosso braccio di ferro al Consiglio europeo sul pacchetto clima-energia, in discussione oggi (venerdì 27 giugno). Non solo si scontrano due clan, tra i più ambiziosi che chiedono impegni precisi per la riduzione dell’emissione di gas a effetto serra entro il 2030 e chi frena, invocando la crisi economica. Ma l’Italia è in prima linea sul capitolo della «riduzione dei rischi di rottura di approvvigionamento di gas», impegno preso dalla Ue, che comporta al suo interno i delicati rapporti con il principale fornitore, la Russia, perché l’Eni è il primo partner europeo del progetto Southstream, il gasdotto sotto il Mar Nero che dovrebbe trasportare il gas russo fino all’Italia e all’Austria senza passare per l’Ucraina, fornendo il 15% dei bisogni in gas della Ue. La questione torna sul tavolo dei leader europei proprio nel giorno della firma dell’accordo di associazione con l’Ucraina, che nel novembre scorso ha scatenato la grave crisi con Mosca. Nella bozza del comunicato finale non viene fatta menzione né della Russia né di Southstream, ma la battaglia è in corso, all’interno della Ue e a livello internazionale.
La Russia, dal 2008 al 2010, ha firmato una serie di accordi bilaterali con vari stati implicati, Austria, Bulgaria, Croazia, Grecia, Ungheria (più Serbia, paese non Ue), dopo che il progetto Southstream era stato lanciato a Roma nel 2007. Ma nel dicembre scorso la Commissione ha affermato che questi accordi vanno tutti rinegoziati, perché non conformi alle leggi europee della famosa «concorrenza libera e non distorta». La Bulgaria, che aveva già avviato la costruzione della pipeline, ha sospeso i lavori, perché minacciata da Bruxelles di una procedura di infrazione. La colpa di Bucarest è di aver affidato i lavori a un consorzio di cui fa parte la società Stroytransgas, dove è presente un oligarca che è nella lista nera degli Usa, nell’ambito delle sanzioni alla Russia decise in seguito alla crisi ucraina e all’annessione della Crimea. I senatori John McCain, Ron Johnson e Christopher Murphy si sono recati in Bulgaria e il 6 giugno l’ambasciatore statunitense a Bucarest ha minacciato di sanzioni americane le imprese bulgare che lavorano alla costruzione della pipeline. Per l’ambasciatore russo alla Ue, Vladimir Chizhov, la sospensione della costruzione di Southstream non è altro che «una sanzione economica insidiosa contro la Russia», «una decisione politica» degli europei fatta su pressione americana. E anche un segnale per i tre paesi che oggi firmano l’accordo di associazione: non solo l’Ucraina, ma anche Georgia e Moldavia devono rendersi conto, secondo Mosca, che associandosi con la Ue perderanno margini di manovra. La Ue, del resto, ha fatto anche pressioni sulla Serbia, minacciando un ritardo nella procedura della candidatura a paese membro. Per protestare contro il blocco di Southstream, che danneggia Eni, Matteo Renzi ha proposto ai primi ministri di Austria, Bulgaria, Grecia, Ungheria, Slovacchia (e Serbia) di firmare una lettera comune a Bruxelles. Ci sono le pressioni statunitensi, ma anche all’interno della stessa Ue. Difatti, c’è un consorzio di imprese Ue che si è impegnato a investire per rinnovare la rete di trasporto del gas russo che passa per l’Ucraina. Ma questo rinnovamento sarà redditizio solo se il gas russo passerà esclusivamente per questa rete. Ma Southstream avrebbe una portata di 63 miliardi di metri cubi l’anno, cioè priverebbe l’Ucraina di miliardi di euro di entrate per il transito, mettendo in difficoltà il paese e gli investitori del rinnovamento della rete.
Questa battaglia tra Southstream e la rete ucraina, oltre all’importanza che sta prendendo la transizione energetica, rendono il posto di commissario all’energia nella nuova Commissione una carica di primo piano: c’è da aspettarsi una lotta feroce per ottenere l’investitura. Molti paesi, tra cui la Gran Bretagna, aspirano al posto. Tra la Russia e la Ue, passando sotto il Mar Baltico per raggiungere la Germania senza passare per l’Ucraina, è operativa dal 2011 la pipeline Northstream, che pero’ resta sottoutilizzata, sempre a causa delle tensioni in corso con Mosca.