Banche da legare/10 Il Parlamento europeo ha votato una risoluzione in cui si chiedono alla Commissione obiettivi vincolanti per risparmio energetico e rinnovabili
La mobilitazione, almeno qualche volta, paga. Nella sessione plenaria della scorsa settimana a Strasburgo il Parlamento Europeo ha votato, a maggioranza, una risoluzione in cui si chiede alla Commissione di fissare obiettivi vincolanti per risparmio energetico e rinnovabili. È un primo alt alla definitiva approvazione da parte del Consiglio Europeo, già fissato per il 20-21 marzo, della pessima proposta di direttiva sul clima messa a punto dall’esecutivo europeo, molto peggiorativa rispetto a quella emanata nel 2008.
Lo scorso 22 gennaio, la commissione europea ha fissato i nuovi obiettivi, da qui al 2030, stabilendo un taglio vincolante dei gas serra del 40%. Si tratta di un passo indietro, perché questa indicazione spezza il legame, previsto dalla direttiva del 2008 fra la riduzione dei gas serra e lo sviluppo delle rinnovabili e del risparmio energetico. Se nel 2008 si prevedeva di realizzare entro il 2020 un taglio dei gas serra del 20%, aumentando di un 20% sia le rinnovabili che il risparmio, con la nuova direttiva non sono più le fonti alternative e l’uso razionale ed efficiente dell’energia la strada indicata per realizzare il previsto taglio del 40% dei gas serra. Il risparmio viene rinviato a una direttiva prevista per la fine dell’anno, mentre per le rinnovabili si fissa un obiettivo di crescita del 27%, ma non vincolante, perché non viene tradotto, come nel 2007, in obiettivi nazionali . Un gentile omaggio al nucleare francese ed inglese. Ad aver svegliato il parlamento europeo sono i fatti: da giugno 2013 ad oggi gran parte dell’Europa è stata devastata da alluvioni, con numerose vittime e danni incalcolabili. Un vero e proprio bollettino di guerra. Malasorte e imprevedibilità? No, sono tragedie annunciate, la conferma del previsto aumento degli eventi estremi contenuta in ben 4 rapporti sul clima redatti dall’Ipcc. Vien da chiedersi cosa debba succedere ancora per convincere la sinistra a passare dalle parole ai fatti e assumere come priorità del proprio agire politico la lotta ai cambiamenti climatici. Ed invece il tema sembra scomparso dalla sua agenda politica. Non si è vista in questi anni una visibile battaglia politica da parte della sinistra antiliberista in grado di difendere e rilanciare le decisioni unilaterali del 2008, né il positivo voto del parlamento europeo è il frutto di una sua mobilitazione.
La scelta miope della commissione viene da lontano. Petrolieri e nuclearisti hanno scatenato, fin dal 2008, un’offensiva politica e mediatica impressionante, strappando autorizzazioni diffuse per nuove perforazioni; la costruzione di nuove centrali a carbone; un rafforzamento del nucleare in Inghilterra e Francia. A completare l’opera va aggiunto il blocco delle installazioni eoliche e fotovoltaiche, in particolare in Spagna ed Italia. È impensabile riuscire a costruire una alternativa al liberismo se si continua con la politica dei due tempi: prima si risolve la questione sociale e poi ci si occuperà dell’ambiente. Vanno assunte insieme perché la lotta ai cambiamenti climatici dà forza ed argomenti a quella sulla questione sociale e del lavoro, perché offre un modello credibile di riconversione industriale, rilancia settori economici fondamentali come l’edilizia della manutenzione e della riqualificazione urbana, stimola una diffusa innovazione tecnologica e incoraggia la ricerca:vale a dire può creare molti posti di lavoro stabili e qualificati.